Amare gocce di memoria

Sin da bambina mi piaceva andare da “Zi Nena”, la zia Elena, sorella di papà, una zia splendida, buona e brava con i paesani e,  soprattutto, come naturale, con noi, suoi nipotini. Aveva tutto la zia Elena, ricordo le sue pagnotte profumate e croccanti e i suoi bei merletti, che avrebbero adornato le bianche lenzuola, in parte tessute da lei, e stese sul prato per essere “curate” dal sole e dal sapone fatto in casa con i rimasugli del maiale, ucciso ogni anno intorno alla fine di dicembre.

Viveva con la sua famiglia. Lo zio Michele e la zia Giulia l’aiutavano con i figli ad arare i campi e a governare i numerosi animali domestici che fornivano benessere e agiatezza ai componenti la famiglia. Durante la guerra aiutava anche chi, in quel  momento, aveva bisogno. Mia suocera mi ha raccontato che furono proprio le mucche dello zio Michele a fornire il latte fresco per Roberto, giunto a Cerqueto con la mamma nel pieno furore devastante del conflitto (Primavera del ’43).

Intanto gli anni passarono, i sei figli si sposarono e si sistemarono a Roma, tranne la più piccola “Zi Emmina”, che è rimasta con la sua famiglia a Cerqueto dove  vive tuttora con la gioia di noi che la ritroviamo come punto di riferimento e di affetto.

Rimasti in tre, i miei zii continuarono per molti anni a coltivare i loro campi, ad allevare i loro animali. Verso la seconda decade degli anni ’60, una mattina di fine Primavera, trovai zi’  Nena triste ed arrabbiata: 25 pizze di formaggio, circa 50Kg, frutto di fatiche di un’intera stagione, erano sparite dalle tavole, che pendevano nel fondaco. Davanti alla porta c’erano solo delle tracce di ruote di un triciclo, che, durante la notte, aveva trasportato le “pizzarelle” ad altra destinazione. Il furto turbò molto la serenità e la vita laboriosa dei miei tre zii, anche perché si sospettò subito che potesse essere il ladro, ma le prove erano labili e rimase una denuncia presso i carabinieri e un paio di sacchi vuoti gettati tra le sterpaglie del “Vallone”.

Sempre in quegli anni fu rubato anche all’Ufficio postale: comare Palmina lo ricorda ancora. Le varie ruberie sono continuate negli anni: nella casa di zia Lisetta rubarono soldi e soprattutto la collana di corallo, regalo di nozze del marito, lo zio Pasqualino, perito in Russia, come combattente della valorosa armata Iulia.

Ma un brutto giorno, un bruttissimo giorno, anzi la notte tra il 25 e il 26 luglio, ladri di professione portarono via tutte le statue lignee, le Carteglorie che adornavano i numerosi altari, le reliquie secolari, le collane di corallo e d’oro che pendevano dai colli santi delle statue e tutto quello che rendeva la nostra chiesa a noi e a tutti quelli che la visitavano ricca e cara. Il racconto di papà fa ancora eco nelle mie orecchie:

“Accompagnavo le pecore al Castello, arrivato nei dintorni del colle, cominciai ad incontrare per la strada le statue dei nostri santi: stavo per calpestare San Egidio, il Nostro amato Protettore, più in là, la statua di San Gabriele, ancora più in là un Tabernacolo, accanto la Statua di Santa Rita ed altre cose sacre sparse tra i sassi. Cominciai a capire che qualcosa di brutto era accaduto. Le pecore avevano raggiunto il pastore del giorno,  compare Carino e gli raccontai subito tutto. Anche lui non sapeva che pensare. Non c’era in giro ancora nessuno, era molto presto, e anziché tornare a casa, andai in chiesa e lo spettacolo fu terribile: la porta principale era spalancata, tutte le cose gettate nel pavimento, sedie rovesciate, le nicchie dei Santi vuote. I lanzichenecchi erano arrivati nella chiesa di Cerqueto, come lo erano stati in S. Pietro quel 6 Maggio del 1527.”

Gli occhi di papà si riempirono di lacrime assieme ai miei. La nostra chiesa era stata violentata, spogliata di cose pregiate e sicuramente di gran valore, specialmente affettivo per tutti noi cerquetani. Le statue dei Santi erano i nostri compagni di vita, punti di riferimento e di affetto con cui parlavamo col cuore e con la mente e chiedevamo aiuto nei momenti più difficili.

Tutto quello che fu trafugato in quella notte non è stato più trovato, nonostante le ricerche di Don Nicola e dei carabinieri. La nostra chiesa appare ancora spoglia e tanta angoscia mi fanno quelle nicchie vuote e quei chiodi arrugginiti infissi accanto alla statua del Nostro Patrono, dove c’erano due angeli che sorreggevano, l’uno Cerqueto in miniatura e l’altro un libro. L’immagine del prezioso tesoro rimarrà indelebile nei nostri cuori, come la Madonna col bambino, capolavoro d’intaglio e d’intarsio del XIII secolo, suprema espressione dello spirito creativo abruzzese. La Madonna maestosa e regale pare faccia parte delle Madonne regine, infatti ha la testa coronata, anticipa il rinascimento dell’arte in una dolcezza nuova e rassicurante. Dalla fotografia, unico cimelio rimasto, sembra che accolga nel suo grembo assieme al divino bambino benedicente, anche tutti coloro che la guardano e la ammirano con il cuore colmo di speranza.

Le altre statue rubate erano quelle di San Pietro, San Paolo e San Emidio che occupavano le nicchie dell’altare maggiore. Tutti noi abbiamo imparato le parole del Gloria e del Credo dalle “Carteglorie”, dove lo scritto in grassetto risaltava alla luce fioca del raggio di sole, che faceva capolino attraverso le finestre sopra l’altare di San Donato e ci permetteva di leggere e cantare. Con le nicchie vuote resta il rammarico per non aver ascoltato una telefonata anonima, che allertava del furto imminente.  Purtroppo nessuno la prese in considerazione: era assurdo! Sembrò a tutti uno scherzo! La tristezza nel vedere il vuoto delle nicchie viene colmata, in parte, dalle belle immagini degli affreschi, restaurati con arte paziente, da Ninetta (Nina Bianchini) e dal bel soffitto ligneo che sovrasta le tre navate. Una nostra compaesana mi disse, anni fa, che ogni pezzo del soffitto proveniva direttamente dalla fabbrica di S. Pietro, portato a Cerqueto dai sanpietrini che vi lavoravano. Ma dalla nostra chiesa è sparito anche il coro che circondava, per metà, le pareti della sacrestia. Le persone della mia età se lo ricordano, con un trono dove sedeva Don Ruggero, che ci preparava per la santa comunione e ci raccontava le storie di Giuseppe ed Assalonne, il figlio ribelle di David.

Rema Di Matteo

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