Annunziata Scipione: con i suoi occhi, il nostro presepe

I taglialegna, 1979 di Annunziata Scipione<<Ce n’è uno che non venderei mai: I legnaioli>> esordisce così Annunziata Scipione, pittrice naif che certamente non ha bisogno di presentazioni, puntando con l’indice la sua opera preferita. <<Il resto, sa Piero (il figlio) cosa fare>>. E, con aria divertita, con i pennelli alla mano posa in ciabatte, nell’ultimo pomeriggio di fine anno, davanti alle sue amate tele, che sono dei veri e propri racconti di vita vissuta.

<<Non ho bisogno di guardare fuori la finestra per dipingere>> spiega <<io ho bene in mente ciò che disegno. Ho trascorso anni e anni fuori all’aperto, per cui so già com’è fatto un albero. Ci sono nata in campagna. Quand’ero piccola aiutavo mio padre a tagliare la legna, raccoglievo le ghiande, le olive e tanto altro. Quanto ho faticato, quanto ho lavorato! So fare anche i cesti in vimini, guarda (indicandone uno) e quanto tempo portano>>.

Insomma, senza troppi fronzoli, l’artista ottantasettenne dipinge ciò che si sente di fare al momento.<<Se ho l’ispirazione, prendo i colori e mi metto all’opera>>. E se oggi non ci pensa su due volte, in passato confessa che non è stato così. <<Quando uno è giovane ha altri pensieri, non ha tempo per queste cose. Ho cominciato a dipingere tardi io, avevo quarant’anni. Preparavo il pranzo, a volte mangiavo in piedi con il piatto in una mano e il pennello nell’altra per fare in fretta, prima che tornasse mio marito>>.
"La raccolta delle olive", 1972, di Annunziata ScipionePerché inizialmente la pittrice, nata e cresciuta ad Azzinano di Tossicia, faceva tutto di nascosto, quando il marito Ettore era a lavoro e il figlio Piero studiava all’università. <<Non appena rientrava Ettore mi mettevo a fare la maglia e le calzette. Poi  ho incontrato Giancarlo, un artista di Tossicia, che mi disse “Tu hai la mano di Van Gogh! Comincia a dipingere su tela”. Lì per lì sorrisi, ma poi cominciai a pensarci su. E intanto dipingevo su di un compensato sottile sottile che nascondevo>>. Un giorno la scoperta casuale di Ettore, che la accompagnò a comprare la prima tela a Montorio e la incoraggiò.  <<Mi disse: “Facciamoli vedere”. Avevo sette o otto quadri appesi, quando passò un certo professore Di Nicola di Castelli. Era un pittore e ne acquistò tre. Mi diede trentamila lire. Per me tantissimo. Partì tutto da qui>>.

La Scipione iniziò presto anche ad esporre. <<Durante la mostra “Romanaif” (1974) mi ricordo che Giancarlo Giannini comprò una delle mie tele. Il Cristo che si strappava la corona>>. Arrivarono le prime grandi soddisfazioni e Annunziata Scipione si affermò largamente in campo nazionale e fuori dall’Italia, attirando le attenzioni della critica. Le sue opere figurarono in collezioni private e in vari musei d’arte moderna. Numerose sono state le partecipazioni a mostre e premi. Forse il riconoscimento più ambito, e inaspettato per l’autrice, arrivò nell’Anno Santo straordinario 1983-1984, quando due tele, I taglialegna e Pellegrinaggio a Roma, furono scelte per celebrare e ricordare l’evento. Riprodotti in un grande manifesto rimasero esposti negli uffici postali italiani per l’intero anno.

"La trebbiatura" di Annunziata Scipione , 1976Ma l’artista, che ha donato 25 quadri al museo di Tossicia, in realtà è cresciuta con il colore fra le mani. Prima era il carbone, che da bambina usava per disegnare sui muri delle vecchie case di Azzinano. <<Crescendo scarabocchiavo e accartocciavo i miei disegni per buttarli. E da bambina facevo anche i pupazzetti con la terra impastata con l’acqua: pecorelle, teste e torte>>. Oggi purtroppo Annunziata non usa più i pennelli, per via della sua mancanza di equilibrio che non le consente di stare più in piedi davanti al cavalletto a dipingere. Ma continua a disegnare seduta, con la tela sulle gambe, avvalendosi di una tecnica mista fatta di colori a cera, matite e colori a spirito, sempre pronti all’uso vicino a lei, sul divano della sua cucina. Stessa tecnica che ha usato per interpretare la 49ma edizione del Presepe Vivente di Cerqueto.  <<Mi piaceva San Giuseppe>> figura predominante rispetto a tutto il resto, secondo quanto spiega <<che con la mano destra prende in mano il viso del bambino Gesù, mentre con l’altra si appoggia al bastone>>.  Dietro di lui Maria, che si avvicina al piccolo con la mano, quasi a volerlo accarezzare. Vicino a loro quattro angeli con le braccia rivolte al cielo. <<La veste azzurra di uno di loro>> sottolinea <<è una scelta artistica, poiché bisogna dare un equilibrio allo sguardo. Quell’azzurro dell’angelo fa da contrappeso all’abito di Maria>>. E poi ancora due angeli sopra la capanna fatta di canne e rami. Sotto di essa sbucano il bue a destra, l’asinello al centro, il camino con la pala per infornare il pane a sinistra e il crivello che un tempo si usava per setacciare la farina sotto il bue. Capeggiano sullo sfondo le luci, che illuminano la stradina che porta alla capanna. La stessa capanna che quest’anno, dopo oltre dieci anni, Annunziata Scipione, già testimone artistica della sacra rappresentazione, è tornata ad ammirare durante la magica serata del presepe vivente.

 Catia Di Luigi

 

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