C’erano una volta le “Verginelle”

Un frammento della nostra storia, una particolare tradizione di Cerqueto, oggi del tutto scomparsa e pressoché dimenticata che viveva  sino a pochi decenni fa nella Chiesa di S. Reparata, è stato il rito delle Verginelle.  Ma in cosa consisteva tale rituale?

Nella tradizione cerquetana, la devozione delle Verginelle era un modo per ringraziare S.  Reparata per una grazia ricevuta,  o   per ottenerne  una  in caso di sventura e di necessità. Le Verginelle,  ragazzine dai cinque ai dieci anni,  guidate dalla persona che le aveva promesse in voto,  partivano in preghiere e penitenza per recarsi alla chiesetta di S.  Reparata, situata su un’altura sovrastante il paese. Il “voto” poteva essere quello di chiedere la guarigione di un componente della propria famiglia,  affetto da qualche brutta ed inguaribile malattia oppure, in tempo di guerra,  quello di far ritornare a casa il proprio figlio. Un’altra occasione per il voto poteva essere anche la partenza di un parente per paesi lontani, in segno di protezione.

Durante il percorso a piedi e in salita, della durata di un’ora circa, le verginelle  recitavano  il rosario e le litanie.  Oltre a recitare le preghiere cantavano canti tradizionali con delle invocazioni particolari tra cui questa,  recuperata attraverso  testimonianze di persone anziane:

Santa Reparate,  nghe li corpora sante,
Tu che de grazie ne cuncide tante,
Cuncidene une a mè,  che sò peccatore!
Santa Reparata  gloriosa!

Quando giungevano alla chiesetta, rivolte verso l’eremo della  SS. Annunziata di Fano Adriano, situato in località Colle San Marcello, ben visibile dalla nostra chiesa  di S. Reparata, cantavano il motivo di seguito riportato. La devozione per la SS.  Annunziata  rientrava  nel culto popolare mariano molto radicato nella zona del teramano e detto delle “Sette Madonne Sorelle”.  Le chiese dedicate alla Madonna ma  anche  altri luoghi di culto,  raggruppate in numero di sette e disposte in modo tale che da ognuna di esse si potesse scorgere le altre.

Nunziata, Nunziata
Consolate, consolate!
Consolate quest’anima mia,
Quanto l’Angelo consolò
Gesù, Giuseppe e Maria!

Alla soglia della chiesa si compivano riti di ingresso che prevedevano quasi sempre atti penitenziali, come camminare in ginocchio fin davanti all’altare, continuando a cantare, a dire preghiere e  invocazioni secondo la volontà della penitente.  Dopo la richiesta di grazia, le verginelle uscivano seguendo le stesse ritualità fino a raggiungere la casa della padrona  del rituale, dove ricevevano, come ricompensa, una ricca e abbondante colazione.

Non vi erano giorni particolari, stabiliti per tale rito,  ma si svolgeva sempre la mattina di buon ora, in armonia con i ritmi di una tipica giornata lavorativa.  Il numero delle verginelle non era sempre lo stesso ma variava a seconda delle disponibilità sia delle bambine che delle persone che le promettevano in voto. Inoltre il rito non prevedeva la partecipazione del sacerdote ed era gestito indipendentemente della sua competenza e conoscenza. In caso di effettivo impedimento e solo qualche volta,  si rinunciava a raggiungere la chiesa di S. Reparata e il rito si svolgeva più comodamente  nella chiesa parrocchiale di S. Egidio!

Il rito delle Verginelle si basava sul principio, quanto mai antico, secondo il quale  l’innocenza dello spirito e la purezza delle bambine, unite all’azione penitenziale,  potevano costituire le indispensabili premesse perchè le richieste votive potessero essere accolte.  Simbolo materiale di quella religiosità, semplice e contadina e  proprio per questo autentica. Religiosità d’altri tempi, tempi in cui l’intervento del soprannaturale spesso veniva percepito come l’unico sostegno per superare le difficoltà della vita, le ansie e le angosce.

La profonda e particolare devozione per S. Reparata a Cerqueto risale  a tempi antichissimi. Dal  IX secolo la sua popolarità si diffuse  in Abruzzo e  anche a Cerqueto , vista la presenza della chiesetta rupestre dedicata alla santa esistente sicuramente a partire dall’inizio  del 1600 e forse anche prima.  Secondo  il gran numero di recensioni della sua ‘Passio’ che ci sono pervenute da diverse zone dell’Occidente medioevale,  S. Reparata sarebbe stata un una fanciulla di nobile stirpe: durante le persecuzioni dell’imperatore romano Decio (tra il 249 e il 251), essendosi rifiutata di sacrificare agli dei, all’età di 12 anni sarebbe stata sottoposta a varie torture e poi decapitata.

Un altro ingrediente significativo del rito delle verginelle, oltre al culto per la Santa palestinese, vergine e martire ,  è la montagna. Salire in alto significava sacrificarsi, purificarsi , avvicinarsi di più alla divinità. E poi  certamente la montagna è la forma della natura più adatta e più vicina a quel cielo dove si nascondono i grandi misteri: la luce ed il buio, il sole con il suo nascere e morire, la luna, le stelle, le comete; dal cielo poi scende la pioggia fecondatrice e dal cielo calano le nebbie e anche i fulmini e la grandine, distruttrice del raccolto. Insostituibili le seguenti parole di Ignazio Silone, autentico conoscitore dell’Abruzzo, per capire quanto,  in passato, la religiosità, sia penetrata negli aspetti più profondi della vita dei nostri avi, favorita anche dall’incantevole ambiente naturalistico della nostra montagna.

Nel quadro severo delle sue montagne e nella difficili condizioni da esse determinate, il profilo spirituale dell’Abruzzo è stato modellato dal Cristianesimo. L’Abruzzo è stato, attraverso i secoli, prevalentemente una creazione di Santi e di lavoratori. Dopo averne capito le montagne che sono il corpo, per capire l’interna struttura morale dell’Abruzzo bisogna, dunque conoscerne i Santi e la povera gente”.

Adina Di Cesare

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