Cerqueto Informa guarda al mondo

Con questo nuovo numero siamo già arrivati al quarto in pochi mesi, senza contare l’anteprima del mese di giugno. Devo dire che quando qualche anno fa Adina propose di produrre un piccolo giornale che fosse in grado di raccogliere e sistemare le notizie del momento, insieme con le vicende e gli episodi testimoni della vita passata riguardanti Cerqueto, ebbi alcune perplessità al riguardo. Mi sembrava che le notizie  a nostra disposizione sarebbero state talmente poche che avremmo potuto fare uno o al massimo due numeri l’anno. E che comunque anche per produrre queste ci sarebbe voluto un lavoro impegnativo. Una volta partiti, grazie alla tenacia di Adina, ci siamo accorti che invece c’erano molti argomenti che potevano essere trattati e che anzi potevano essere ulteriormente sviluppati rispetto a quanto riportato nei primi articoli. Il preventivato lavoro impegnativo però adesso è reale e quando si avvicina la data stabilita, si accumulano sempre molte cose da fare.

Dopo il terzo interlocutorio  numero dedicato quasi completamente al presepe, ritorniamo con questo numero alla linea tracciata con i primi due. Andiamo  avanti con qualche novità e qualche nuovo sempre gradito collaboratore. Come sopra accennato, il nostro è solo un piccolo giornale locale con nessuna intenzione e velleità di occuparsi di argomenti che esulano dal contesto circoscritto del nostro territorio. Ha la sostanziale aspirazione di riportare notizie e memorie relative a Cerqueto e di metterle a disposizione di tutti, anche e soprattutto di coloro che non risiedono più nel nostro paese, ma al quale si sentono ancora legati.

In certe occasioni però  non  ci sembra inadeguato parlare anche di quei temi più vasti e rilevanti e con  una valenza universale, cioè quelli che in fondo riguardano ciascuno di noi. Così è in questo periodo, sia per il dibattito sul nucleare, che si è riacceso dopo l’apocalisse provocata dal terremoto in Giappone,  che per la portata storica di quanto sta accadendo nei paesi arabi. Oltretutto i due argomenti sono in qualche modo legati, essendo il territorio del Nord Africa uno dei più ricchi al mondo di combustibili fossili, i quali costituiscono, con i correlati problemi di inquinamento, circa il 70% di tutta l’energia elettrica prodotta in Italia.

L’amico Mustapha Batzami è il presidente della Comunità Islamica Abruzzese. Ci è sembrato utile avere una sua testimonianza relativamente alle cause che hanno generato l’attuale situazione nel Nord Africa.  Il suo è  un punto di vista per noi inconsueto rispetto agli articoli “occidentali” che siamo abituati a leggere nei quotidiani, proprio perché derivante da una persona,  impegnata e aperta, appartenente alla cultura araba.

L’interessante articolo di Battista Mazzetta sul nucleare ci consente di apprendere alcuni rudimenti sugli effetti sia positivi che negativi su questo tipo di energia.   Sul sito del giornale è inoltre possibile collegarsi, tramite link, ad alcune pagine, organizzate da Battista, che riportano schemi semplificati sul funzionamento delle centrali nucleari e sugli effetti delle radiazioni quando vengono assorbite dal corpo umano.

Proprio in questi giorni il governo ha varato una  legge che blocca il piano nucleare, ideata chiaramente più per ragioni politiche relative al prossimo referendum, che per un effettivo e ragionato ripensamento. Il che può far presupporre come più avanti  il piano possa essere ripreso.

Il problema energetico è comunque molto complesso ed è un settore sul quale è davvero difficile farsi un’opinione accurata e pertinente, perché bisognerebbero avere approfondite conoscenze tecniche e soprattutto economiche dell’argomento. Quando sentiamo parlare gli esperti,  fautori di una scelta piuttosto che di un’altra, non si riesce mai a capire quale sia il punto di confine tra la verità scientifica e gli interessi economici che spesso rappresentano.

E’ indubbio però che i danni creati da eventuali incidenti in una centrale nucleare, danni che rimangono per anni e insidiosi, perché il pericolo è invisibile, non sono minimamente paragonabili a quelli statisticamente provocati dalle centrali termoelettriche a combustibili fossili, maestose almeno quanto quelle nucleari, dato che hanno lo stesso principio di funzionamento. Queste ultime oltretutto, con nuove tecnologie e recenti accorgimenti, sono diventate meno inquinanti (anche se pur sempre inquinanti) che in passato, specie quelle a carbone (carbone pulito).

Non sono paragonabili quando si sente che in Giappone è stata evacuata un’area con un raggio di 20 km, destinata purtroppo ad aumentare. E’ vero che, come si dice “il dolore degli altri è dolore a metà”, ma bisogna pensare che un’area di 20 km di raggio (circa 1200 km2) è praticamente uguale all’intera provincia di Teramo. Proviamo allora, solo per un attimo, a pensare cosa significhi evacuare tutta la nostra provincia, con intere città (Teramo, Giulianova, Roseto, Silvi, Atri, Montorio, ecc.), paesi, ospedali. Centinaia di migliaia di persone che si ritrovano d’improvviso senza casa, come in un terremoto, ma peggio di un terremoto, perché in quella casa, seppure integra, forse non potranno più tornare. Le radiazioni permangono per anni e anni! Lo Iodio 131 si dimezza in otto giorni, ma ad esempio il Cesio 137 lo fa dopo oltre trenta anni. Immaginiamo di attraversare l’Italia ed in prossimità della nostra provincia essere costretti a deviare, perché territorio contaminato, un territorio cioè pieno di città e paesi fantasma dove quasi nessuno potrà mettere più piede senza correre rischi, almeno per una generazione. Ancora oggi, dal 1986, sono contaminati i raccolti della Bielorussia, dove precipitò molta parte del materiale radioattivo fuoriuscito da Chernobyl (in quel caso furono evacuate circa 330.000 persone, la provincia di Teramo ne ha 310.000). Uno studio effettuato dalla Iaea (l’agenzia atomica dell’ONU e notoriamente filonucleare) ha rivelato che in una misurazione effettuata in questi giorni a circa 35 km da Fukushima, sono stati trovati valori pari a 100 microsievert all’ora, cioè in sole 12 ore si assume la stessa quantità di radiazione ammessa in un anno: chi l’ha subita ha la quasi certezza che si ammalerà di cancro.

A mio avviso non è neppure sostenibile la tesi, ripetuta spesso e volentieri, secondo cui la Francia ha le centrali nucleari e noi comperiamo scioccamente da essa un po’ di energia con tutti gli annessi rischi. Non è sostenibile perchè in un eventuale incidente, sarà la zona della Francia vicina alla centrale a subirne i maggiori effetti disastrosi, non certo le città italiane. Quando sono state lanciate le bombe su Hiroshima e Nagasaki, sono stati gli abitanti di queste città e dei dintorni a morire, non quelli delle altre città giapponesi. Si può anche immaginare poi cosa sarebbe accaduto se, solo per ipotesi, le centrali nucleari fossero già state edificate negli anni della seconda guerra mondiale, sotto bombardamenti veramente distruttivi. E una guerra, che noi fortunatamente non abbiamo mai conosciuto, è sempre possibile, specie quando l’economia va male. Nel 1981 Israele bombardò il primo reattore nucleare iracheno di costruzione francese: fortunatamente non era ancora carico di combustibile nucleare, ma la struttura, costruita per resistergli, non resse al bombardamento e finì distrutta.

C’è poi da dire che molte centrali nucleari nel mondo sono ormai vecchie o  comunque lo  saranno tra qualche anno  e dovrebbero essere rinnovate. Questa però è un’operazione molto costosa e spesso viene procrastinata. Sappiamo che gli interessi economici che ruotano attorno all’energia nucleare sono colossali. Costruire le centrali nucleari in Italia richiederebbe fondi enormi, fondi che possono permettersi solo lo Stato o i grandi gruppi industriali, con una conseguente diminuzione di quelli destinati alle fonti di energia rinnovabile. Ci sarebbe, ed è forse proprio questo che si vuole, una concentrazione dei guadagni e  del potere derivanti dal controllo dell’energia  nelle mani di pochi,  senza la ridistribuzione a basso livello e generalizzata che si avrebbe se invece ci fosse uno potenziamento reale dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile.

Non a caso, una volta abbandonato il piano nucleare, in Italia si è tornati a parlare degli incentivi alle fonti rinnovabili, che erano stati drasticamente tagliati appena un mese fa.

Angelo Mastrodoascio

Lascia un commento