Il poeta Saro, gregario fedele di sogni


È per ricordare il poeta Saro Gianneri, prezioso e insostituibile collaboratore di Cerqueto InForma, che ho voluto rileggere Giostra di falene, il libro di poesie di Saro, pubblicato circa due anni fa (Edizioni Del Leone). La rilettura delle  poesie è sempre un’esperienza nuova e profonda, ma, in questo caso, è stato anche un modo per comprendere appieno il messaggio di vita che Saro ci ha lasciato in eredità e per  esorcizzare la desolazione e il vuoto che un poeta, quando scompare per sempre, lascia intorno a sé, pur continuando a vivere nei suoi versi a lungo e forse per sempre.

Credo che la poesia sia un mezzo per dare voce all’anima sia di chi scrive  e sia di chi legge e il viaggio attraverso i versi  di Saro è stato, per me, tutt’altro che un percorso passivo poiché mi ha fatto rivivere esperienze ed emozioni personali. Man mano che si penetra nel profondo della memoria della sua poesia, si rivivono le visioni che i versi evocano. Un super viaggio, una memoria dalla duplice faccia: una appartenente al poeta che scrive, personalissima, “gregario fedele di sogni” (La tua casa),  l’altra appartenente alla forza delle parole.  E poi  lo sguardo rivolto a tanti luoghi e persone familiari – Cerqueto, il Piano Santo,  il Gran Sasso, Poggio Umbricchio, il Vomano, i Canili, la casetta di Cuccione, fonte Marcucci – non può che ampliare ed approfondire la comprensione di questi luoghi.    Pensiero e poesia così si fondono in un insieme fatto di privato e  di comune, di soggettivo e collettivo;  ed il lettore penetra nelle atmosfere che il poeta Saro riesce a creare, si trasforma quasi in coautore. Questo è forse il pregio di maggior valore di queste poesie insieme all’amore per la natura viva, per quella prospettiva di vitalità che pervade tutte le creature, che non sono solo le persone, ma sono anche gli animali, i luoghi, le piante e gli oggetti,  per la naturalezza  e il calore che pervadono le descrizioni, le metafore, le immagini.

Il libro di Saro, sapientemente organizzato in cinque sezioni molto significative – NELLA NOTTE DEI TEMPI, LA GEOGRAFIA DELL’ANIMA, LA SAGGEZZA FRAGILE, TRITTICO ALLA MADRE E ALTRO, LA DULCAMARA –  è  un concentrato di esperienze di vita del poeta, un susseguirsi di scene autentiche, realmente vissute dall’autore.  L’itinerario del suo viaggio è molto variegato, i panorami messi a fuoco, dove si concentrano le sue emozioni e la sua attenzione, sono molto dissimili, dal mare della sua amata Sicilia alle aspre montagne abruzzesi, alle terre venete, così diverse.  Le acque che attraversa sono mari ineguali, fiumi molteplici. I panorami e i fondali  cambiano ma Saro riesce a vedere la forza che risiede in ognuno di essi , a coglierne l’essenza più profonda  e tradurre le sue emozioni, i suoi sentimenti e i suoi pensieri in straordinari e profondi versi poetici fino a soddisfare le  sue esigenze di bello, di vero e di infinito. Il risultato, frutto di un meditato lavoro di sintesi, di levigatura, di revisione, è qualcosa di essenziale e importante, qualcosa che va detto a tutti i costi. La selezione di tutto quello che può offuscare le emozioni è stata fatta a monte.

Poesie inevitabilmente legate alla  memoria, alle sue esperienze di vita.  Frammenti, filamenti di  ricordi che vengono a galla  nella mente del poeta e s’intrecciano alla luce della realtà del presente, in compresenza con tutte le sue esigenze,  così come quelle falene che giostravano, “un tempo al buio di prima sera” , intorno alla lampada appesa al chiodo, quando teneva tra le braccia una grossa anguria e sognava di avere tra le braccia la luna “ .. avere tra le braccia un’anguriagrossa rossa era la luna” (Ritorno a Catania).  Ma il suo ricordo non è un congelarsi patetico al passato che non c’è più. Troppa memoria è nessuna memoria”, come affermava lo stesso Saro nel corso dell’intervista, generosamente concessami in occasione di una delle sue numerose visite a Cerqueto. Il suo è un passato che si attiva nel presente e si valorizza e si allarga verso il futuro. “Ma questo il candore della vita / esserci nonostante tutto / con una scintilla al domani..”(La dulcamara). I suoi ricordi provengono da una profondità misteriosa e vigorosa, non sono mai casuali ed estemporanei, finalizzati a se stessi. Così il ricordo delle falene che giostravano attorno alla lampada genera il titolo Giostra di falene, che ha un possente valore simbolico e riassume, con una metafora felicissima, il significato profondo, inesorabile della precarietà della vita. Le falene, creature notturne,  sono affascinate e attirate dalla luce; la vicinanza con quella luce le annullerà ma non importa; la luce è più forte, la vita è vita. Non si sfugge alla luce, alla vita e le falene corrono verso la luce e lo fanno come  se si trovassero in una  giostra. La giostra, una parola che ci dice tutto della vita, una parola che, in quell’ affannoso girare attorno alla lampada, evoca  molti aspetti della vita: incontri, scontri, fantasia, bellezza, amore, gioco, prove, combattimenti, sfide, la bellezza della vita. E le falene vivono gioiose in questo loro carosello, in questa corsa affannosa, che le porterà inevitabilmente alla morte. Siamo nella dimensione di quel mistero che circonda e avvolge la vita, “l’avaro tempo della vita”,  e che si riflette,  sobbalza, quasi a esplodere, da tanti altri momenti apparentemente sereni. “… ora che a sera il treno / corre verso bicocca / dove pernici aspettano / i passi cauti la schioppettata precisa” (A sera). .  “… e nell’inganno degli specchi / per sete di tenera acqua / trovo la fine” (Allodola)

Quanta acqua in queste poche pagine! Sempre insidiosa dietro ogni scena, pronta a riemergere! Simbolo  naturale della vita che scorre,  che non conosce limiti ed ostacoli. La grande forza della vita, nella sua infinita varietà e vitalità, che ci trascina e ci travolge, dal liquido amniotico all’ acqua che si unisce ad altra acqua, fino allo sbocco nel mare. In questo inesorabile scorrere  del tempo si avverte la necessità di recuperare  quella dimensione umana, fatta  di sensibilità e di emozioni,  troppo spesso soffocate dal materialismo imperante della moderna società. “L’ uomo ha perso di vista l’ uomo, crede scioccamente che siano il potere, il denaro a dare un senso alla vita, a sconfiggere la morte”. Questo affermava Saro a proposito della mancata sensibilità dell’uomo moderno verso la poesia   e questo penso  sia il messaggio più profondo e più vero di tutta la sua produzione poetica. “Dove andranno questi cuori / ghermiti dalla vita/ questi sguardi affannati/ che gridano angoscia / nei sedili a fila traballanti?” (Cielo di metallo)

Adina Di Cesare

 

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