La notte santa


paglLu conte di Pajare, possessore di tutte le terre di Cerqueto, abitava in un grande castello, con la sorella vedova e il figlio di questa. La sorella sperava che suo fratello non si sposasse mai, così il figlio avrebbe potuto ereditare tutto. Ma un giorno “lu conte”, andando a caccia, per i boschi, incontrò una fanciulla e la sposò.

Figuratevi la rabbia della sorella! Pochi mesi dopo le nozze il conte dovette partire per le Crociate. “Tornerò” disse alla giovane moglie “e saremo felici tra i nostri monti”.

Dopo qualche tempo nacquero due gemelli di straordinaria bellezza. La cognata vedeva sparire l’eredità per il figliolo così scrisse al fratello, dicendogli che erano nati due mostri perché la sposa era una strega.

Grande fu il dolore del guerriero nel leggere la terribile notizia ma rispose, comunque, alla sorella di avere pazienza e, al suo ritorno, avrebbe sistemato ogni cosa.

“Ho qui un messaggio di tuo marito. Poichè tu non sai leggere, te lo leggerò io.” Disse la cognata alla giovane sposa.

Finse di leggere dalla pergamena che il fratello crociato aveva deciso di ripudiare la moglie e ordinava di condurla, insieme con i due bambini, sul Gran Sasso, in una grotta lontana da tutti.

La sventurata non riusciva a spiegarsi il voler del marito ma se c’era scritto così, bisognava ubbidire.

Con la scorta di un servo malvagio fu condotta nella grotta con i due bambini e abbandonata. Al castello la cattiva cognata disse a tutti, con la complicità del servitore, che erano morti i bambini e la mamma e preparò un solenne funerale.

Gli anni passarono e il cavaliere non tornava. La Provvidenza, però, non abbandona mai gli innocenti e la giovane donna, infatti, era viva come lo erano i suoi splendidi bimbi. Li nutriva col suo buon latte una caprettina che si era perduta tra i monti e cercava compagnia e rifugio anch’essa.

Poco lontano, in un’altra caverna, viveva un eremita, che un giorno seguì la bestiola e conobbe la storia dei tre sperduti e si offrì di aiutarli. Il vecchio, qualche volta, scendeva nella valle vicina dove c’era un pecoraio ricco che gli regalava pane e formaggio e un po’ di frutta secca che poi condivideva con tutti. I bambini, così, crescevano sani e giocavano con i sassi e costruivano casette.

Panorama di Isola del Gran Sasso con la veduta di S. Maria a PagliaraL’eremita trascorreva molto tempo con i fanciulli e, sedendo su una pietra, insegnava loro a leggere e scrivere e raccontava anche bellissime storie che affascinavano i due bambini.

Un giorno disse: “ Fra tre giorni è Natale. La notte di Natale è una notte santa. Tutti sono più buoni. I lupi e gli orsi dei boschi diventano mansueti e gli astri del cielo più luminosi”. I bambini si addormentarono accanto alla mamma nel duro giaciglio, sognando il cielo stellato sopra di loro.

La notte di Natale giunse. I monti erano coperti di neve, i boschi scheletrici apparivano ancora più bianchi al chiarore del faccione lunare. I bimbi attesero che la mamma dormisse e, tenendosi per mano, uscirono dalla grotta, seguiti dalla capretta.

I piedini gelidi, negli zoccoli consunti, rendevano i passi dei bambini incerti nella neve fresca ma un orso mansueto si avvicinò a loro e prese sul dorso i due bambini.

Trotterellando allegramente, seguito da un lupo grigio e dalla capretta, l’orso attraversava il bosco con i bambini che stringevano con le dita il suo folto pelo.

Il cielo terso sfavillava di stelle. Ad un tratto da una roccia si scorse il profilo del castello, illuminato a giorno. Gli echi delle campane a festa riempivano le valli circostanti. Le ombre dei montanari che tenevano in mano le loro lanterne traballanti per recarsi alla messa di mezzanotte si riflettevano nelle rocce innevate. Un gruppo di persone passò vicino ai bimbi seduti sull’orso gridando: “ E’ tornato il signore del castello, lu Conte di Pajare, il padrone di tutto”. “ Nostro padre” mormorarono i bimbi. La mamma aveva raccontato loro tutta la storia.

Pochi secondi dopo apparvero i crociati a cavallo. In mezzo al gruppo, con una straordinaria armatura dorata, stava lu Conte di Pajare. I bambini, ancora sul dorso della loro “strana cavalcatura” cominciarono a gridare: “ Papà, papà, papà nostro. Abbi pietà di noi! Siamo i tuoi figli”.

Nonostante i suoni delle campane e il rumore degli zoccoli, il cavaliere sentì quelle tenere voci, si fermò, scese dal cavallo e si avvicinò ai bimbi. Gli occhi azzurri del maschietto erano come quelli della sua adorata moglie e gli occhi neri della bimba erano come i suoi. Erano, dunque, i suoi figli. Quei due miserelli coperti di cenci e a cavallo di un orso.

Era la notte santa e i miracoli possono accadere. La verità fu scoperta subito. Il crociato con la sua scorta si recò a prendere la moglie nella grotta per ricondurla al castello. Tutti erano felici tranne la perfida sorella che morì di rabbia. I due sposi vissero felici nel bel castello con la capretta e l’eremita che lasciò la grotta per fare il nonno ai cari bimbi.

Rema Di Matteo

(Racconto di mia nonna Maria, conosciuta a Cerqueto come la Fëstoinë)

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