La produzione del pane: tradizione e modernità

Ph. Isabella Del PapaIn occasione del prossimo 10/09/2014, data del secondo compleanno del mio lievito alla mela rosa, ho pensato di raccontare, attingendo naturalmente alle fonti storiche relative alla tradizione cerquetana, costituite per la maggior parte dalla narrazione  da parte di nonna Isabella e con l’ausilio di mamma Rita,  come si faceva il pane una volta e come è cambiata col tempo la sua produzione.

L’importanza del pane, non solo come alimento indispensabile nella vita dell’uomo, ma simbolo e metafora ricorrenti anche nelle più svariate opere letterarie, oltre che espressione di consuetudini legate a diverse culture, è da sempre riconosciuta dalla società, finanche da quella globalizzata, contemporanea.

È tornato di gran moda, come si suol dire, produrre il pane in casa, sia attraverso  modalità tradizionali con riferimento all’impasto manuale, lievitazione naturale e alla cottura in forno, sia ricorrendo alle moderne macchine per il pane, dove è sufficiente introdurre gli ingredienti ed in circa tre ore, il profumo inebriante invade tutta la casa….È già pronta la tipica pagnotta, pur con una forma moderna, appunto, di un “bauletto”.

Certamente, in un’epoca in cui è facile reperire le materie prime per realizzare infinite ricette, figuriamoci quante innumerevoli tipologie esistono in commercio di farine e lieviti (fresco, essiccato, naturale o arricchito di agenti chimici). Così, oggi basta poco per diventare “fornai” casalinghi e per eliminare dal proprio elenco della spesa quotidiana la voce: pane. Proprio come ho fatto io…. ma una volta, tanti anni fa, fare il pane in casa era proprio una necessità, specie nei paesi piccoli e quasi del tutto isolati come il nostro Cerqueto!

Spinta dalla curiosità e anche dalla voglia di affinare la mia tecnica di fornaio in erba, ho chiesto notizie alla nonna Isabella, “donna di casa” come lei stessa ama definirsi, parlando al passato però e madre premurosa di sei figli. Lei sta  per raggiungere il traguardo di un secolo di vita e sono tantissimi i consigli, non  solo nell’arte culinaria,  che dispensa a noi nipoti e pronipoti, ogni volta che vogliamo ascoltarli.

Ebbene, lasciandomi presagire un ascolto piuttosto lungo, mi metto comoda…poiché, sin dall’inizio del racconto che ovviamente parte dalla semina del grano, prima ancora da chi possedeva la terra o poteva permettersi di coltivarlo, comprendo che le tre ore o più di cui parlavo in precedenza,  erano una possibilità neanche minimamente ipotizzabile ottant’anni fa…

Intanto, nel caso di una famiglia numerosa, come si può comprendere, bisognava farne in gran quantità, visto che esso costituiva il cibo privilegiato dei pasti principali, consumato semplicemente, con un companatico povero ed essenziale, oppure impiegato nelle ricette della tradizione popolare, come l’acqua cotta, la pappa al pomodoro ( il pan cotto), le polpette di ricotta e tante altre….anche per i dolci o in sostituzione di essi, come ad esempio,  pane, vino e zucchero, pane e lardo ecc.

Prima di tutto bisognava procurarsi la materia prima fondamentale e cioè la farina….si portava il grano a macinare al vecchio mulino, situato più o meno nei pressi del bivio della strada per il paese, strada che ai tempi non c’era, nel senso che essa costituiva una mulattiera, percorribile o con gli animali appunto o a piedi, dentro grossi sacchi…

Ovviamente la macinazione aveva un costo che spesso veniva scambiato proprio attraverso il grano che il “mulinaro” tratteneva a sua volta per se’…

Penso a quanti sacrifici dovevano fare le nostre nonne per fare il pane e capisco anche perché da piccola, mi veniva insegnato a non sprecarlo, a raccoglierlo se cadeva a terra, a recuperare in diversi modi quello raffermo, comunque a non buttarlo via, perché poteva essere dato alle galline ( in ultima soluzione!).

Infatti, anche dopo sposata, ho continuato a mettere da parte il pane secco per le galline e puntualmente lo portavo a nonna a Cequeto. E così facevano pure le zie e le altre nipoti, finché c’erano le galline. Ora pur volendo, non sapremmo dove portarlo…anche se il prezioso insegnamento di non disprezzare il pane ce l’abbiamo dentro di noi.. Io infatti che lo faccio in casa, cerco di limitare la quantità prodotta al consumo necessario e a conservarlo nel miglior modo possibile.

L’acqua, non essendo disponibile in casa, bisognava reperirla alla fonte, con la conca, facendo attenzione anche questa a non sprecarla e ad attingerla per tutte le necessità in casa. Il lievito madre era sempre lo stesso, si tramandava di generazione in generazione, veniva donato in certi casi alla giovane sposa ( come ho già scritto nell’articolo di qualche tempo fa sul lievito), poiché veniva lasciato essiccare, all’interno della madia stessa che conteneva il pane e nella quale, grazie ad una tavola appositamente inclusa, si faceva l’impasto.

Una volta lievitato, e bisognava anche qui tenere conto della giusta proporzione tra gli ingredienti (farina e acqua) con il levito, considerare il tempo necessario, legato anche a quello atmosferico e alla stagione…. Nel frattempo si preparava il forno.

Non tutte le case di Cerqueto erano corredate da un forno, a legna ovviamente, e neanche oggi, per la verità, sebbene tutti ne possiedano uno a gas o elettrico…ma sono trascorsi diversi anni! Al tempo suo, come dice nonna, il moderno forno non esisteva e lei quello di pietra nn ce l’aveva, almeno non finché viveva nella casa vecchia.

Allora, usufruiva di quello dei vicini, o comunque di coloro che ne avevano la disponibilità nei pressi della propria abitazione.

Durante il racconto, già mi sembra di vedere gli uomini che accendevano questi forni…le donne poi procedevano con un arnese avvolto all’estremità da uno straccio bagnato a pulirlo (l’ho visto fare da zia Maria, che fino a un decennio fa, preparava insieme a zio Pietro il loro forno, per fare squisite pagnotte e pizze di Pasqua), poi infornavano servendosi delle pale, come quelle che ancora si vedono in certe pizzerie, il pane da cuocere.

È bello sapere che oggi ancora si fa il pane in casa con il forno a legna… Maria Leonardi e Vincenzo Pisciaroli, ad esempio producono delle vere specialità ( parlo per esperienza   personale!).  Fare il pane in modo tradizionale, attualmente, risulta di sicuro più agevole, rispetto al passato ed i risultati sono veramente soddisfacenti! Vogliamo poi parlare del gusto, della qualità che si porta in tavola…

Sarebbe bello riproporre l’usanza alle nuove generazioni e magari riscoprire la piacevole condivisione del forno, simbolicamente inteso anche come voglia di fare qualcosa…realizzare un progetto comune.

 

 

Isabella Del Papa

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