Le nostre virtù

Ci sono virtù e virtù…..Non mi riferisco alle virtù quali  serietà, moralità, lealtà, bontà d’animo ma ad un piatto tipico della nostra cucina tradizionale. Io però tengo a precisare che le “ le virtù” cucinate e distribuite da vari ristoranti e trattorie in Teramo e provincia non hanno nulla a che vedere con quelle “ nostrane” di Cerqueto.  Perché?
Tutti sanno che è un piatto che si consuma il primo maggio, ma non tutti sanno che era un piatto consumato prevalentemente da contadini e massaie, dunque un piatto povero. Il “generale” inverno nei nostri paesi montani era lungo e freddo, il contadino consapevole, provvedeva a conservare tutto ciò di cui poteva aver bisogno nel periodo di freddo. In primis, nel bosco si raccoglieva tanta legna da ardere perché era  fondamentale riscaldarsi e,  poiché la neve durava tanto tempo,  ne serviva molta. Il fuoco veniva poi usato  anche per preparare le vivande e per  la cottura dei cibi generalmente molto lunga e a bassa temperatura. Le provviste,  che riempivano la dispensa invernale, erano principalmente i cereali, i legumi, il grano, indispensabile per la preparazione del pane,  e la carne salata.

Passata la stagione fredda, per la preparazione delle nostre “virtù” veniva preso tutto quello che rimaneva dei fagioli, ceci, lenticchie, cicerchie, fave, grano, granturco, della stessa quantità. Si cuocevano i vari ingredienti separatamente, aromatizzandoli con aglio, cipolla, sedano, alloro, carota  e si faceva  cuocere a lungo anche un bell’osso di prosciutto affumicato. Intanto,  con l’attesa primavera,  nei campi il tiepido sole faceva crescere “erbette fresche”:  piselli, fave, cicorie, bietole e “fignelette”. Anche queste, delle stesse quantità,  venivano cotte. A tutto questo, ben  cotto  e insaporito, si univano  quadrucci,  fettuccine e   granetti,  tutto rigorosamente ammassato e spianato a mano.

Della preparazione delle virtù ho tanti bei ricordi….. uno in particolare:  la nonna “Festojnë” ,  la mamma di papà. Lei che  non amava cucinare ma  alcuni piatti li preparava religiosamente, nel rispetto della tradizione e con molta dedizione. Iniziava già una settimana prima del primo maggio. Univa l’utile al dilettevole, approfittava della preparazione delle virtù anche per svuotare e pulire la madia. Lavava tutto e metteva a cuocere minuziosamente il tutto separatamente… Che bella immagine di nonna ,  con lo “strapizzo” piegato in testa usciva nell’orticello a raccogliere le verdurine fresche canticchiando le strofe di qualche stornello! Respirava pienamente l’aria primaverile quasi volesse rigenerarsi a quel solicello. Io le ero sempre vicina e mi prometteva: “Ti faccio fare la pasta con me”. Io non aspettavo altro… ero contentissima. Preparava la farina, le uova, il matterello, io salivo sulla “preteletta” e copiavo nei minimi particolari ogni gesto della nonna che mi sorrideva e mi baciava la testolina auspicando che diventassi una buona cuoca. Come dimenticare tutto questo? Io ora preparo da sola le mie virtù e con gioia ripercorro tratti belli della mia infanzia e rivedo lei che è stata la mia prima maestra e non solo di “virtù” ma di vita…….

Rita Di Matteo

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