Oh, cari santi del mio paese…. notizie sulla vita del nostro patrono, S. Egidio

Dal punto di vista storico non si conoscono dati precisi sulla vita di S. Egidio.  Alcuni storici lo identificano con l’Egidio inviato a Roma da San Cesario di Arles all’inizio del secolo VI°, altri lo collocano un secolo e mezzo più tardi, e altri ancora datano la sua morte tra il 720 e il 740. Pare sia nato ad Atene, come ci indica l’etimologia del suo nome – nato sull’Egeo – , all’inizio del VII secolo, da genitori nobili, Teodoro e Pelagia,  forse, di famiglia regale. Sembra che abbia trascorso la maggior parte della vita in Provenza, dove fondò un monastero nei pressi di Arles,  di cui fu nominato abate e, probabilmente vi morì il 1 settembre. Il monastero si chiama Abbazia di S. Gilles, che divenne luogo di numerosi pellegrinaggi nel X secolo. S. Egidio si festeggia in Francia, in Belgio, in Olanda e persino in Slovacchia, Ungheria e Transilvania. A Firenze,  nel 1284,  fu fondata una compagnia laica sotto la sua protezione, di cui sono rimasti gli statuti. E non si possono certo ignorare le grandi opere di bene e di umanità per  cui si adopera la Comunità di S. Egidio con sede a Roma operante in tutto il mondo.
Numerosi sono i fatti prodigiosi che infiorano la vita del Nostro Santo. Pare che da piccolo dimostrasse un grande interesse per lo studio e le sacre scritture ed avesse avuto  da Dio il dono di fare miracoli. Un giorno, mentre si recava in chiesa, trovò un malato sdraiato in piazza che gli chiese aiuto. Il santo gli donò il suo mantello e,  appena ricoperto,  l’infermo guarì. Un altro giorno ottenne la guarigione di un uomo morso da un serpente velenoso, poi quella di un ossesso, che disturbava le funzioni religiose con le sue grida.

Diventato adulto, avendo perduto entrambi i genitori, abbandonò la sua patria e, dopo un viaggio pieno di fatiche e di pericoli, tra cui una furibonda tempesta, da lui sedata, raggiunse la Gallia, dove andò a vivere con il vescovo di Arles,  S. Cesario. Nel frattempo guarì una donna tormentata da una brutta febbre, che aveva da tre anni.

Fu preso dalla voglia di vivere in solitudine e si associò all’eremita Veredemio e, si racconta, che le terre intorno all’eremo, diventassero più fertili. Ma il santo aspirava ad una vita ancora più sofferta e solitaria; lasciò l’amico e preparò il suo giaciglio in una grotta, per dedicarsi  soltanto  alla contemplazione del creato e alla preghiera. La zona era impervia e solo una cerva lo raggiungeva per nutrirlo con il suo latte. Alcuni cacciatori del re rincorsero con i cani la cerva, che andò a rifugiarsi nella grotta, ai piedi del santo. I cani si fermarono, ma la stupidità umana no. Un cacciatore scagliò la freccia, che colpì il nostro santo, il quale, per proteggere l’animale, allungò il suo braccio e la freccia vi si conficcò. Il santo non emise alcun lamento. Gesù aveva sofferto tanto, pensava, e non volle essere curato. Come si può immaginare, il braccio guarì e i cacciatori rimasero sbalorditi! Nel leggendario dei Santi si legge che la freccia era stata scagliata da Carlo Martello, che divenne amico del santo e gli offrì tutto quello che desiderava.  S. Egidio accettò che si costruisse un monastero proprio accanto alla sua grotta affinchè le tante persone, che  vi si recavano per pregare, per baciare le sue mani e ammirare la cerva, stessero più comode e potessero trovare un rifugio dalle intemperie.

Il re esaudì il desiderio del santo.   Egidio fu ordinato sacerdote, adottò la regola benedettina e divenne  abate, cioè il Padre della Comunità ed ottenne anche il perdono di un grave peccato del re (molti dicono Carlo Martello, altri Carlo Magno) che questi non osava confessare. Allora un angelo informò S. Egidio del peccato e il re fu perdonato. Un’altra versione detta che un angelo posò sull’altare un biglietto, nel quale era descritto il peccato, mentre il Santo celebrava la messa. Questo miracolo è raffigurato in una scultura del portale della cattedrale de Chartres e in due vetrate della stessa cattedrale.

Altri prodigi del santo sono illustrati nella casa di Carlo Magno ad Aachen (Aix-La-Chapelle) e in molti quadri diffusi in musei e chiese. Si racconta ancora che il nostro amato patrono, negli ultimi anni della sua vita, dopo aver resuscitato il figlio del principe di Nîmes, visitò il sepolcro di S. Pietro e il Papa Gregorio II gli donò le porte per il monastero.  Il santo depose le porte nel Tevere, fidando nella divina bontà, e le porte arrivarono a destinazione prima che giungesse Egidio che morì di lì a poco, il 1 settembre, accompagnato da un coro di angeli.

Il culto di S. Egidio si diffuse molto rapidamente oltre che in Francia e in Italia, dove si  contano oltre 50 parrocchie anche nell’Europa dell’Est.

Si cominciò a scrivere notizie sulla sua vita verso l’anno 1000 e gli furono consacrati altari e dedicate varie chiese a Parigi e nei luoghi dove era vissuto ed in molte altre città. E’ venerato come uno dei quattordici Santi Ausiliatori, cioè quei santi che vengono invocati in particolari circostanze e per determinati mali, quali la guarigione della febbre delirante, dal panico, dalla follia, dall’epilessia e dalla lebbra.

Urbano IV ne inserì l’ufficio nel Breviario Romano. Le sue reliquie si trovano in molte chiese ma la principale porzione del suo corpo è conservata nella chiesa di Saint Servin a Tolosa. La tomba del santo risale all’età carolingia ed è in un’abbazia di Nîmes.

Queste più o meno le notizie storiche e leggendarie sulla vita del santo più amato dai Cerquetani: il loro Patrono.

25 Agosto 1965 ore 19: “Commà, andiamo alla novena di S. Egidio. S’à da cantà Oh Gran Santo!

Oh Gran Santo,onor, decoro

Della Chiesa universale,

a te sole ardente il coro

della laude e dell’amor.

Tui splendente tra le schiere

Dei Beati su nel ciel

Odi i canti e le preghiere

Del tuo popolo fedel.

Il tuo nome augusto e santo

Sulle labbra suoni ognora

E ogni lacrima smarrita

In te trovi pace e amor.

Tu splendente…

Oh Egidio, tu proteggi

Che lo puoi la tua Cerqueto

Noi tuoi figli in terra reggi

Ora e sempre fino al ciel.

Tu splendente…

Rema Di Matteo

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