Chë ví strulachènnë?

Stummülàusë

“Quantë sí stummülàusë!

Dicesi di persona particolarmente sofisticata e pretenziosa. Spesso utilizzata a tavola quando si vuol rimproverare a qualcuno il rifiuto di una portata perché, ad esempio, sente appena  un aroma non gradito.

Strulachènnë

“Chë ví strulachènnë?”

Si usa questa espressione quando si vuole rimproverare a qualcuno l’eccessiva curiosità nei confronti di una situazione, interpellando più persone con invadenza. Oppure è riferito ad una persona che, invece di impegnarsi in una determinata attività,  cerca di stare pretestuosamente lontano dal posto in cui dovrebbe operare.

Trippacottë

“Faccë comë Trippacottë

Termine che richiama alla memoria un personaggio immaginario la cui peculiarità è quella di tendere a mangiare tutto e subito senza preoccuparsi di rimanere privo di provvigioni. Spesso utilizzata quando, giocando a carte,  si calano subito tutte le carte vincenti (“mó faccë comë” trippacottë”) con il rischio che, una volta esaurite, non si ha più la possibilità di rientrare in gioco.

Tr0ccapollë

“Chi è sù troccapollë?”

Appellativo che si attribuisce a una persona molto corpulenta e lenta. L’origine di questo vocabolo  deriva dalla storpiatura della espressione  inglese truck/tractor pulling sicuramente coniato dai primi emigranti cerquetani in America. Lo  sport che consiste in una gara di trattori, con motore modificato per trainare pesi eccessivi, era molto diffuso già alla fine dell’800 in America quando gli agricoltori si sfidavano trainando  carichi di grandi dimensioni ( in genere fieno)  per vantare la forza del loro cavalli.

Giuseppe Bianchini

Cïlizzïjë

Indumento molto brutto e vecchio. Ricorda per il significato e per il suono una parola molto più ricca di storia,  di usi… e di macabro. Il cilicio, infatti, era una cinghia o una corda ruvida  dura e  fastidiosa, dolorosa che, portata di giorno e di notte sulla pelle nuda, produceva piaghe e ferite che davano dolori lancinanti. Era una pratica in uso nel Medioevo per espiare i propri peccati patendo le sofferenze di Gesù.

Tutti ricordano il cilicio che indossava la bella moglie di Jacopone da Todi scoperto solo dopo la morte della stessa, precipitata da un pavimento, durante una festa. Il dramma fu tanto grande che Jacopone si fece frate.

Arr’ntratë  ‘ncïcïlorë

È rientrata nelle grazie di qualcuno.

La parola cïcïlorë richiama alla mente la gloria, il trionfo, la visibilità, la sedia gestatoria del Papa. E’ un’espressione bellissima per spiegare un po’ maliziosamente che si è rientrati nel clan, in un contesto amicale o familiare, da cui ci si era allontanati.

Lu tecchië  arr’trovë  lu parecchië

Lu tecchië è la scheggia di legno che schizza dall’accetta mentre si taglia un tronco o si spezza la legna. Lu parecchië … indica  il suo simile, il suo pari, il suo uguale. Assomiglia molto al detto latino “Similis cum similibus”, ognuno con i propri simili.
A Cerqueto ha un significato un po’ dispregiativo.  Si dice di un individuo non tanto perbene, che si associa ad uno come lui. Ma viene usato anche in senso positivo, per esempio  per indicare il rapporto che si crea tra  bambini che, pur non essendosi mai visti, si mettono a giocare d’amore e d’accordo, come amici di vecchia data.

Maritë  e fijjë,  comë   Ddijë të li dà,  cuscí të li pijjë

Marito e figli, come Dio te li dà, così te li pigli.

E’ evidente in questo proverbio il senso del FIAT VOLUNTAS TUA e implica una certa rassegnazione.  Ma tutte le mamme, non solo abruzzesi, cercano di tenere unita la famiglia e di migliorare, nei propri limiti e nelle proprie forze, tutti i componenti, dando esempio di laboriosità, di educazione nello svolgimento delle varie mansioni della vita.

Rema Di Matteo

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