San Gabrielë mi, aiutëcë tu!” Il miracolo San Gabriele

san gabriele 3Nel tardo pomeriggio del 28 Febbraio 1862, la salma del confratello Gabriele dell’Addolorata fu tumulata nella tomba della Comunità Passionista, ubicata, all’epoca, sotto il pavimento della vecchia basilica, com’era uso e costume del tempo. Anche a Cerqueto i morti venivano sepolti in una fossa comune, sotto il pavimento della chiesa fino a quando, per motivi d’igiene e per una legge, che richiama alla mia mente i “Sepolcri”di Ugo Foscolo, fu costruito il Camposanto e “inaugurato”, si fa per dire, dal padre di nonna ‘Solina. Negli anni la pia curiosità di vedere come fossero rimaste le spoglie di un confratello morto in odore di santità (come Giovanni Paolo II), spinse coloro che avevano conosciuto Gabriele in vita a calarsi nella tomba e tutti testimoniarono che il cadavere era quasi intatto e riconoscibile. L’esumazione del corpo di San Gabriele avvenne 30 anni dopo la sua morte alla presenza delle autorità locali e del frate Silvestro che l’aveva conosciuto da vivo.

I miracoli che portarono il giovane Passionista agli onori degli altari furono due: la guarigione di Maria Massarella e la guarigione di Domenico Tiberi. Maria Massarella di Isola era affetta da tisi tubercolare, una malattia mortale per quei tempi. Un frate Passionista che le impartì l’estrema unzione racconta: “Giaceva immobile, senza forza, senza speranza su alcuni cuscini, coperta da ferite in tutte le parti del corpo, che le procuravano tanto dolore e non la lasciavano riposare.” I genitori della malata dissero al frate Germano che Maria aveva avuto la visione della Madonna, che le aveva assicurato che sarebbe guarita se si fosse recata presso la tomba del confratello Gabriele. Il viaggio, seppur breve, avrebbe potuto compromettere le gravi condizioni della  giovane, allora padre Germano lì esortò ad applicarle sul petto il cinto di Gabriele, recuperato nella ricognizione delle spoglie avvenuta qualche giorno prima, e di farle inghiottire qualche granello di terra raccolto nel sepolcro (da qui deriva la devozione per la “polvere” di San Gabriele, preziosa e salvifica). Li esortò, infine, a recitare preghiere in onore della SS. Trinità e ad avere fiducia. Dopo un giorno intero Maria si alzò dal letto, si vestì ed iniziò a camminare, senza nessun aiuto. 

Il nuovo Santuario di San Gabriele

Era guarita completamente. Usci per andare a ringraziare Dio in chiesa; quant’era bello poter respirare di nuovo a pieni polmoni e “mangiare” quell’aria pura mescolata al rumore delle foglie che, ogni tanto, si staccavano dagli alberi per posarsi ai suoi piedi che, felici, le calpestavano!

Era il 23 Ottobre, giorno della festa di San Giovanni Battista, Isola era piena di gente. La voce della guarigione si sparse ovunque. I dottori che avevano in cura Maria non riuscirono a trovare una spiegazione scientifica e per questo si gridò al miracolo per intercessione del giovane Gabriele. Il secondo miracolo fu la guarigione di Domenico Tiberi, soprannominato dai suoi paesani di Colliberti, il “Bisacciaro” e/o il “Bisaccia”, per l’ernia inguinale che lo avrebbe sicuramente portato alla morte, come il medico che lo aveva in cura affermava.

Il 31 Maggio del 1908 il Papa San Pio X dichiarò “Beato” il confratello Gabriele nella Basilica Vaticana tra lo splendore degli addobbi e la presenza di numerosi sacerdoti abruzzesi e del fratello del novello beato (il Dott. Michele Possenti) e le sorelle del Papa. A Isola e Tossicia i festeggiamenti durarono sette giorni, con tanti fedeli giunti da tutto l’Abruzzo e dalle Marche.

Non ci furono, però, solo momenti di festa: tra gli sconvolgimenti storici, politici ed amministrativi, gli anni trascorsero ed anche i luoghi in cui visse San Gabriele mutarono servi e padroni. Gli stessi passionisti di Isola subirono soprusi, angherie, accuse e perquisizioni della polizia borbonica, come si può leggere ancora oggi nei fascicoli conservati negli Archivi di Teramo. Altri due miracoli sancirono il processo di canonizzazione del Beato. – Giovanni Battista Cerro di Pontecorvo affetto da una grave spondilite anchilosante che lo aveva reso immobile e completamente ricurvo sulla sua persona da non poter espletare le normali funzioni vitali, guarì completamente dopo aver invocato l’aiuto di San Gabriele. – Miracolosa ed inspiegabile fu considerata dai medici curanti la guarigione del falegname Luigi Parisi di Gallipoli, affetto da una brutta ernia addominale, venutagli per uno sforzo fatto nel sollevare un trave. Il Papa Benedetto XV, dopo aver visto tutti i documenti e sentito il parere della congregazione dei Sacri Riti, il 13 maggio del 1920, festa dell’Ascensione, proclamò “Santo” il Beato Gabriele, assieme alla Beata Margherita Alacoque della Visitazione. I festeggiamenti in San Pietro furono solenni. Le immagini dei due nuovi santi brillavano tra le opere del Bernini. Alcuni pannelli illustravano i miracoli compiuti. La proclamazione dei due santi avvenne alle ore 10,36 con le note del “Veni Creator Spiritus” e si stabilirono le rispettive festività il 27 Febbraio per San Gabriele e il 17 Ottobre per San Margherita. Alla cerimonia erano presenti l’ottuagenario Dott. Michele Possenti con molti frati passionisti, il Patriarca di Gerusalemme, cardinali e tanti membri della nobiltà romana mescolata a tantissimi fedeli abruzzesi. Ad Isola, nel convento di San Gabriele, si festeggiò fino al 29 Agosto con processioni e funzioni solenni, canti e giochi popolari. Ai riti religiosi prese parte anche il Cardinale Patriarca di Venezia. Un comitato istituito dalle autorità cittadine si occupò della buona riuscita di tutti i festeggiamenti che si conclusero con la processione dell’urna del Santo. Nonostante la grande massa di pellegrini giunti anche dalle regioni vicine, non ci furono incidenti e tutto si svolse com’era stato stabilito. Il “bagno di folla”, che dura tutt’ora per visitare il Santo del sorriso, è andato aumentando.

Il primo Settembre del 1913 uscì il primo numero de “L’Eco del Beato Gabriele”. Quest’anno, quindi, nel giorno di San Egidio, L’Eco compie cent’anni. La rivista è molto bella e si occupa di tanti problemi sociali. È letta e conosciuta da molti. Il Conte Ciano era abbonato alla rivista, apprezzata anche da altre personalità del tempo. Il primo redattore della rivista fu Stanislao Amilcare Battistelli, il primo biografo di San Gabriele, che divenne vescovo della diocesi di Teramo e Atri negli anni ’50. È stato il vescovo che ha cresimato la mia generazione ed ogni volta doveva raggiungere Cerqueto sul dorso di un asino. Ricordo ancora la poesia che recitai per dargli il benvenuto tra noi mentre le campane della chiesa suonavano a festa nel giorno del nostro patrono.

25San Gabriele è stato sempre amato da tutti e nel 1938 gli fu dedicata una cima del Gran Sasso, una cima costellata di stelle alpine, sotto l’azzurro limpidissimo che sovrasta la basilica a lui intitolata in omaggio all’eterna giovinezza del Santo che è Patrono della Gioventù dal 1926 dal 1959, per volere del Papa Buono, Patrono di tutto l’Abruzzo. Alle mani di Dio e di San Gabriele si affidarono molte persone per sfuggire alla rappresaglia nazista del 1943-44. I Passionisti, pur conoscendo il pericolo e le atrocità a cui sarebbero andati incontro se scoperti, nascosero e salvarono tutti quelli che si erano messi sotto la loro protezione. Provo sempre una grandissima commozione ogni volta che scorgo dall’autostrada la cupoletta bianca di San Gabriele e mi ripeto, come fanno tanti altri compaesani in diverse situazioni, “San Gabrielë mi, aiutëcë tu!” Pare che sia stato proprio Francesco d’Assisi, quando nel 1215 si trovò a passare da queste parti, a far iniziare la costruzione del convento, vicino ad un’edicola dedicata all’Annunziata e la costruzione di una chiesa, dedicata poi all’Immacolata. Negli anni la chiesa fu ingrandita e restaurata più volte. Nel 1920 fu arricchita dalla cupola e più tardi della bella facciata. Contiene la tomba del Santo dove si registrano sempre nuovi miracoli. Il convento antico ha ancora la cisterna d’acqua piovana da cui San Gabriele prendeva l’acqua per annaffiare le sue piante. Il nuovo santuario che sorge ai piedi del Gran Sasso d’Italia fu inaugurato nella metà degli anni ’80 da Giovanni Paolo II. È un’opera grandiosa, arricchita di mosaici e vetrate preziose e da 14 campane tra le più belle del mondo provenienti dalle fucine di Agnone, che cantano la gloria del Caro Santo e invitano “non solo a compiere escursioni turistiche ma anche ascensioni spirituali”,  come disse il Papa nel giorno, ormai lontano, dell’inaugurazione. Negli anni ’50 correva voce ad Isola e nel circondario che le spoglie del Santo sarebbero state trasferite nelle Marche per qualche tempo. Allora gruppi di giovani provenienti da Montorio e dai dintorni vigilavano a turno intorno al santuario: tutta la zona era stata allertata. Tanta e tale fu la protesta che i marchigiani dovettero rinunciare ad ospitare le spoglie di San Gabriele. Ma nell’Agosto del 1956, nell’ambito della “Peregrinatio” (l’uscita di San Gabriele) che iniziò a Luglio, i marchigiani poterono accogliere il santo. “So ‘ndaise ca passë San Gabrielë, jajëmë!” – “Ho sentito che passa San Gabriele, andiamo!” Ricordo ancora il pomeriggio di quell’estate, la voce si sparse in un attimo e con un paio di paponi (pantofole fatte a mano con pezze vecchie) scendemmo a San Giacomo. C’erano anche Nunziatina e la mamma che abitavano sopra il mulino, allora ancora funzionante. L’urna di Gabriele su un camioncino adornato di fiori è tutt’ora nei miei occhi. Con tutto il fiato che avevamo nei nostri giovani polmoni cantavamo “Evviva Gabriele!”, cadendo in ginocchio sull’asfalto. Mentre l’urna si allontanava tra la nebbiolina del Vomano presso la curva della casa dei Piersanti, le nostri voci erano rese ormai mute dalla grande emozione ma il cuore, ancora oggi, ne conserva un ricordo indelebile. Non esiste un ritratto vero di San Gabriele. Il pittore Francesco Grandi ne fece il primo ritratto su indicazioni di due religiosi che l’avevano conosciuto. Altri pittori hanno dipinto il volto del santo ma ognuno di noi può immaginare e portare nel proprio cuore il San Gabriele che più l’emoziona e lo aiuta a percorrere il cammino della propria vita.

Rema Di Matteo

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