La vita dei cardatori di lana era sicuramente atipica: dura, per i continui, quasi giornalieri, spostamenti, ma per la stessa ragione, mai monotona. Avevano Infatti la possibilità di frequentare realtà differenti a secondo della zona in cui si trovavano, di conoscere luoghi, storie, credenze e leggende locali e naturalmente conoscere moltissime persone. A volte facevano amicizia con ragazze con le quali potevano nascere storie, che potevano sfociare nel matrimonio e di conseguenza condurre la vita di famiglia a Cerqueto oppure nel paese della moglie. Altre volte, purtroppo, morivano lontano da Cerqueto e venivano sepolti in quei luoghi. In genere la notizia della morte arrivava in ritardo: abbiamo visto in un precedente racconto che la notizia certa della morte di Attanasio Pisciaroli (avvenuta il 30 novembre 1876) arrivò a Cerqueto proprio nel giorno di Natale. Il certificato, spedito da Comunanza, impiegò quasi un mese per raggiungere Teramo e da lì il corriere, che aveva il compito di portare a mano il certificato, raggiunse il municipio di Fano solo il 25 dicembre.
Tra le donne che si erano sposate con un cardatore ed erano venute ad abitare a Cerqueto, possiamo ricordarne alcune.
Cecilia Mariano di Villa Corvaro ( Stato Pontificio), nata nel 1801, moglie di Giuseppe Saladini, nato nel 1799 ed abitante nel Rione Castello.
La “marchisciana di Zicchërillë “, chiamata “Fidarma”, al secolo Angela Pedante, originaria di Treia (Macerata), nata nel 1861 e divenuta moglie di Zaccagnini Egidio che abitava nel Rione Piano.
La “marchisciana di Favettë”, Teresa Ribechi di Cessapalombo, vicino Tolentino (Macerata), morta il 23 aprile 1937 e moglie di Misantoni Giovanni, abitante al Rione Colle.
La “marchisciana di Mazzocchë”, Maria Gallope, nata nel 1860 a San Severino Marche, seconda moglie di Di Cesare Domenico, vedovo e padre di primo letto di Superna e Pasqua. Abitavano al Rione Piano.
Dobbiamo apprezzare il coraggio ed il senso di responsabilità di queste donne, che lasciavano i luoghi in cui erano cresciute per trasferirsi in un paese di montagna, dimora del futuro marito, senza conoscerne gli usi e le abitudini e con la consapevolezza che potevano anche non avere più possibilità di tornare nel proprio paese, dove avevano lasciato i loro cari e le amicizie.
A Cerqueto portavano comunque novità, costumi e saperi nuovi. Provenendo dallo Stato Pontificio, erano in genere molto religiose e i nostri anziani ancora ricordano le tante orazioni e le preghiere che Maria Gallope (rimasta inferma negli ultimi dieci anni della sua vita e morta nel 1945) soleva ripetere ed insegnare alle bambine di allora. Conosceva innumerevoli preghiere e pregava assiduamente per sé e per gli altri , tanto che molti, tra i quali anche il sacerdote Don Ruggero, la consideravano quasi una santa.
La signora Teresa Misantoni, residente a Montorio e che ho incontrato qualche giorno fa, ricorda la nonna Teresa Ribechi come una bella donna, con tante conoscenze, sia di vita pratica che di rituali “magici”, propri della religiosità popolare. Spesso i cerquetani la chiamavano per scongiurare il “malocchio” o per posizionare le “sanguette”, cioè le sanguisughe, sui corpi di coloro che erano affetti da polmonite. Ricorda ancora anche una formula che la nonna ripeteva quando veniva chiamata per far guarire i bambini dai vermi intestinali:
Lu vervnë pïntuzë à natë senza l’occhië
l’occhië lu metterà e stà creaturë nun me la toccherà
Lunedì Santë, Padre, Fije e Spiritë Santë
Martedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì e Sabato
E la matinë di Pasquë lu vervnë pïntuzë ‘nderrë caschë
La formula doveva essere ripetuta per sette giorni accompagnandola con gli abituali segni di croce sopra il bambino. Questo avrebbe permesso di sconfiggere i vermi. E la gente lo faceva!
Per i dolori di varia natura, la signora Teresa applicava sul paziente “le coppe a vent”: posizionava sulla parte dolorante una moneta da due soldi accendendoci sopra un piccolo pezzo di candela benedetta e coprendo infine il tutto con un bicchiere rovesciato.
Tutto ciò serviva per togliere o almeno lenire il dolore.
Erano queste le credenze di allora, che comunque alcune volte (o sarebbe meglio dire solo alcune volte) funzionavano!
Vincenzo Pisciaroli