56a edizione del Presepe vivente di Cerqueto 26 dicembre 2023 – Recensione di Alessandro Chiavoni

Di solito quando si sente parlare di presepe vivente si immagina una rappresentazione dell’evento della nascita di Gesù secondo canoni tradizionali, con le classiche musiche natalizie a far da cornice, fatta per indurre in noi sentimenti di dolcezza, di amore e di tenerezza nel rivivere il Natale, l’evento cardine della storia umana, ovvero la nascita del Figlio di Dio, che si fa bambino assumendo la natura umana.
L’interpretazione del presepe a Cerqueto di Fano Adriano è, invece, tutt’altro: non è fatta per indurre sentimenti di tenerezza o di bontà, ma è potente, evocativa e catechetica, allo stesso tempo.
Potente: perché permette allo spettatore di rivivere la storia dell’umanità e della salvezza, dalla creazione alla caduta di Adamo ed Eva, alla nascita di Gesù con un trasporto crescente, con un’immersione totale, restituendoci la realtà in cui la nostra umanità veleggia nella storia, immersa nel creato per amore di Dio, e da Dio ricondotta alla salvezza, in un susseguirsi di interventi che raggiunge il suo apice nell’incarnazione in quel bimbo fragile e inerme: l’onnipotenza di Dio che si nasconde in un bambino, che si fa umanità, per restituire all’umanità ciò che era perduto.
Evocativa: perché il racconto messo in atto dal presepe vivente induce lo spettatore a riflettere, ad emozionarsi in modo nuovo, a vivere un suo percorso interiore che lo proietta davanti a quella grotta, attraversando i secoli e la storia, in un lampo, fino a sentirsi uno di quei pastori di Betlemme che, umilmente, riconobbero di essere al centro di un evento epocale, pur non comprendendone appieno con la ragione il perché, ma essendo pienamente rassicurati dal cuore che vibrava come mai prima.
Catechetica: nel vero senso della parola la rappresentazione fa eco dell’intera storia della salvezza dell’uomo, e risveglia le nostre anime un po’ inaridite facendo risuonare in esse tutto l’amore che Dio ha messo in atto nell’incarnare suo Figlio, restituendoci la consapevolezza che il Natale non sia una semplice memoria, ma una memoria che è salvezza per ciascuno di noi, in questo tempo, nel nostro spazio.
La sceneggiatura con cui i quadri rappresentativi si sono susseguiti è stata fortemente ancorata alla parola di Dio, che ha risuonato in un contesto paesaggistico unico, e che, ieri sera, ha avuto assistenza da una luna quasi piena come se fosse stata messa li dal “sommo Regista” a fare da lanterna ai nostri passi.
Le luci e i suoni hanno contribuito in maniera avvolgente e crescente coinvolgendo l’anima e il corpo dello spettatore, immergendolo nel fiume spazio-temporale della storia della Salvezza.
La regia ha reso tutto questo fluido, godibile, senza pause e senza perdite di tensione, fino a condurre lo spettatore davanti alla grotta di Betlemme, in ginocchio ad adorare.
Una menzione particolare mi sento, tuttavia, di farla per le musiche, scelte con maestria, tra brani, arie e canzoni di tutti i tempi, che non avevano una attinenza specifica al Natale, ma che si sono sposate perfettamente con il racconto operato dalla rappresentazione, proprio per il loro carattere evocativo ed emozionale. Sentire alcune musiche progressive rock degli anni’70 di uno dei più famosi gruppi musicali dell’epoca è stato per me sorprendente, ma allo stesso tempo quasi ovvio, perché era come se quelle musiche fossero state pensate esattamente per far da colonna sonora, un giorno, alla rappresentazione cerquetana.
Mi sento, infine, di consigliare questa esperienza, nonostante il freddo, seppur ieri non pungente come potrebbe essere nel bel mezzo delle montagne d’Abruzzo, a chiunque: grandi e piccini, credenti e non, si rechino alla rappresentazione del prossimo anno, per permettere ai cuori di ciascuno di rivalutare a pieno un evento come il Natale, che forse abbiamo reso troppo “scontato” nella nostra vita, e per ridargli la giusta centralità, in modo che i nostri cuori possano tornare a “meravigliarsi” del grande amore con cui Dio ama, nonostante tutto, la nostra umanità.                      (Alessandro Chiavoni)