Il grifone

Foto n.1 grifone in volo

Vi è stato un lontano passato durante il quale i cieli dell’Abruzzo erano solcati dalle grandi sagome di ben quattro specie di avvoltoi, tutte quelle un tempo incluse nella fauna italiana.   Questi avvoltoi erano il grifone (Gyps fulvus), dotato di apertura alare di 2,4 -2,8 m, lunghezza di 93 – 117 cm e peso di 5,1 – 8,5 kg, l’avvoltoio monaco (Aegypius monachus), che ha apertura alare di 2,65 – 2,95 m, lunghezza di 110 – 115 cm e peso di 6 – 13 kg, l’avvoltoio degli agnelli, detto anche gipeto, avvoltoio barbuto od ossifraga (Gypaetus barbatus), che ha apertura alare di 2,4 – 2,9 m, lunghezza di 100 – 120 cm e peso di 4,2 – 6,5 kg ed infine il più piccolo capovaccaio o avvoltoio degli Egizi (Neophron percnopterus), dotato di apertura alare di 1,5 – 1,7 m, lunghezza 55 – 65 cm e peso di 1,4 – 2,3 kg. Queste quattro specie rappresentavano in Italia un insieme di grandi uccelli appartenenti alla famiglia degli Acciptridi, specializzatisi, fin da epoche molto remote, le loro testimonianze fossili risalgono al Miocene, nel ruolo di rapaci spazzini degli ambienti di altopiano, prateria e savana dei continenti africano ed eurasiatico. Nelle Americhe questo stesso ruolo viene ricoperto dagli uccelli appartenenti alla famiglia dei Catartidi, in apparenza piuttosto simili agli avvoltoi del Vecchio Mondo, ma in realtà non strettamente imparentati con essi, che comprendono specie molto note come il condor delle Ande (Vultur gryphus), dotato di apertura alare che raggiunge i 3,25 m e l’avvoltoio reale (Sarcoramphus papa), dalla livrea caratterizzata da vivaci colori. I quattro avvoltoi inclusi nella fauna italiana, che appartengono a quattro differenti generi, presentano aspetto ed abitudini abbastanza diversi, occupando in natura nicchie ecologiche piuttosto differenziate. (altro…)

Considerazioni sull’eventuale presenza, in passato, del gallo cedrone sul Gran Sasso

Fig. n.1 Maschio e femmina di gallo cedrone (Tetrao urogallus)La conoscenza che abbiamo dell’ambiente che circonda, anche quello più familiare, molto spesso rimane parziale e suscettibile di importanti affinamenti. La natura, nella sua complessità, può riservare sorprese persino nei contesti più scontati, laddove la plasticità e le capacità di adattamento degli esseri viventi si manifestano attraverso la resistenza nei confronti dei fattori di stress e lo sviluppo di processi di colonizzazione di nuovi habitat.  Può così accadere che l’osservazione attenta di ambienti apparentemente banali, come quelli delle nostre colline adriatiche, così fortemente antropizzate, possa mettere in luce aspetti inattesi e sorprendenti come, limitandosi solo al campo faunistico, la presenza di specie inconsuete come il capriolo (Capreolus capreolus), l’istrice (Hystrix cristata), il gruccione (Merops apiaster) o la garzetta (Egretta garzetta). Questi organismi, spesso grandi ed appariscenti, negli ultimi tempi sono riusciti a ritagliarsi degli spazi anche in ecosistemi semplificati e degradati, come quelli che circondano i nostri centri urbani minori della fascia collinare, senza tuttavia destare troppo l’attenzione anche di quanti risiedono in quelle zone. (altro…)