Gli idiofoni del Museo Etnografico di Cerqueto

1. Introduzione
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Tra lo strumentario popolare abbondano gli idiofoni. Le ragioni della loro consistente presenza tra gli strumenti musicali etnici risiedono nel fatto che sono facili da costruire e altrettanto facili da suonare.  Moltissimi idiofoni popolari, infatti, sono ricavati da oggetti casalinghi dismessi, che, con lievi riparazioni e aggiustamenti vengono trasformati in arnesi musicali  usati  in campo folcloristico. Sono, molto probabilmente,  i più antichi strumenti per fare musica. Solitamente gli idiofoni  accompagnano il canto o dirigono la danza.
Singolare nella famiglia degli idiofoni popolari è la campana,  strumento impiegato, soprattutto, per emettere segnali a distanza. Si cita a tal proposito l’uso di segnalare le ore, specialmente il mezzogiorno e il vespero, o chiamare a raccolta i fedeli. Se si esclude la realizzazione di xilofoni, di litofoni e di metallofoni, strumenti complessi suonati in orchestra, per la cui realizzazione occorrono mani esperte di liutai per realizzarli e musicisti provetti per suonarli, gli idiofoni di carattere popolare sono, ripeto, arnesi musicali  facili da costruire e agevoli da suonare:

a. per la loro realizzazione, infatti, non occorrono le mani del liutaio
b. per suonarli non bisogna ricorrere al musicista colto.

1.1  L’organologia ha suddiviso gli idiofoni in otto sottoclassi. L’etnoorganologia, invece, pur conoscendo la suddivisione dotta, ne usa, generalmente,  solo sei:

  1.  a scuotimento (sonagli del carrettiere, sonagli a cesto);
  2.  a raschiamento (struculatore, raschiatori di legno o di osso);
  3. a sbattimento (mattiaminte, trionfe, mascrilli  sistri a forchettone o a cruciarami);
  4.  a manovella (valichira, tiritappe, raganelle in canna con ancia idioglottide o in legno con ancia eteroglottide);
  5.  a concussione (cimbali,  nacchere, crotali, spadaccine tabelle, tentalenguile, castagnole);
  6. a frizione ( sega musicale, pigne, conchiglie dentellate).

1.2   Sono tipici in ambito abruzzese ” li mattiaminte” e “lu mascrille”. Il primo, impiegato per serenate a dispetto, prende nomi diversi; in area vestina, ad esempio è detto “lu  trionfe”.  Il secondo, cioé “lu mascrille”,  assente in altre  zone d’Italia,  è impiegato per dirigere la danza.  Tra i  tanti musei etnografici italiani una considerevole quantità di strumenti musicali popolari di tutte le famiglie è conservata a Roma nel Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari ( Roma EUR) e in Abruzzo a Cerqueto (Te) presso il museo etnografico.

Tabella - Strumento popolare abruzzese - Disegno di Vito Giovannelli2. Tabella
La numerosa presenza delle tabelle tra lo strumentario popolare trova spiegazione nella semplicità della  costruzione e della loro  attivazione sonora. Costruzione elementare e mancato tirocinio manuale per produrre il suono stanno alla base della loro sorprendente vastità tipologica.  La tabella è considerata legno sacro per il suo particolare impiego durante i riti della  Passione di Gesù. Durante la liturgia della Settimana Santa, la tabella elimina la funzione di un altro idiofono, “la campana”, il cui suono, per unanime parere di Chiesa e popolo, mal si addice alla triste ricorrenza della morte del Cristo. Un tempo la tabella si batteva anche nei conventi per segnalare l’agonia dei confratelli. Le chiese dei piccoli centri e  delle frazioni  nonché i conventi possedevano solo una tabella. Le cattedrali e le parrocchie dei centri urbani, invece, dovevano averne almeno quattro  per poter diffondere la notizia dell’agonia di Gesù in tutte le direzioni: nord-sud, est-ovest.    Di questo rituale religioso, ormai, ci sono solo ricordi. Se i mutamenti sociali e i cambiati gusti musicali giustificano la scomparsa di tanti altri strumenti popolari, la mancanza della tabella nelle chiese non trova spiegazione, specie se si considera che la nuova liturgia non ha intaccato certi cerimoniali e i riti pasquali prevedono ancora di battere, dal Gloria della Messa in Coena Domini, al Gloria della Messa di Resurrezione, le famose tabule.   In mancanza di una esaustiva verifica diretta, essendo andati perduti gli strumenti, sono stato costretto a interpellare anziani, sacrestani e sacerdoti. Grazie ad alcuni  contributi orali ho potuto ricavare elementi estetici ed organologici su questo arnese un tempo usato solo in coincidenza della Settimana Santa e che oggi, invece, si riscontra anche al seguito  di cori folcloristici.  Con questo nuovo impiego la tabella si colloca a confine di due mondi: quello sacro e quello profano.
Nel prendere in considerazione gli aspetti merceologici ho preso atto anche della pluralità delle varianti morfologiche. La tabella, infatti, pur riconducibile organologicamente ad un prototipo, fa registrare la presenza di modelli differenti e l’impiego di diverse sostanze merceologiche. Il supporto dello strumento detto anche carcassa, ha la precisa funzione di risuonatore. Per questo elemento basilare viene impiegato il legno di faggio, noce, quercia, rovere, castagno e ulivo. Per i battenti vengono impiegati: legno, ferro e ottone. Il fissaggio dei corpi battenti è costituito da fascette metalliche bloccate con chiodi e viti a volte mascherati dall’applicazione di placche metalliche prestampate

2.2 Profili morfologici
La tabella non ha verso, né recto. Entrambe le facce sono uguali. Il profilo più comune è quello rettangolare.  Dai riscontri effettuati l’altezza risulta essere due volte e mezzo la base (cm.50×20). I profili, nella maggioranza dei casi, sono rettilinei. Alcuni presentano restringimenti verso l’impugnatura per esigenze anatomiche. I corpi battenti possono essere semplici o ad ordine doppio; i modelli più rari li hanno tripli.

2.3    Dispositivi organologici
Per una sonorità più gradevole si registrano negli spessori delle carcasse  alcune scanalature: accorgimenti organologici utili a  migliore la sonorità dello strumento. Chiaramente l’accorgimento  tecnico trasforma il supporto ligneo in una vaschetta di risonanza primordiale.

2.4   Decorazioni
Le decorazioni non presentano pregi estetici: mancano tarsie e intagli e i fregi dipinti o pirografati, quando si rinvengono, sono espressione di povera concezione. Se si escludono le borchie di fissaggio dei meccanismi sonori, che possono essere esse stesse decorazioni, i risvolti decorativi denotano un limitato linguaggio figurativo. Il costrutto decorativo viene realizzato con tre sistemi operativi:    a)  segnatura con il chiodo arroventato che produce una ornamentazione monocroma; b) colorazione a smalto, spesso in rosso per ricordare il sangue del sacrificio;  c) applicazione di elementi metallici aggiuntivi mutuati dal mercato dell’oggettistica devozionale. I principali elementi decorativi, distribuiti su entrambe le facce del corpo armonico, risultano attinti dalla simbologia della Passione: chiodi, corona di spine, le tre croci del Calvario. flagelli.

Crelliera, illustrazione n. 136 - Tradizioni a Cerqueto - Regione Abruzzo/ Agricoltura e Foreste - Ente Provinciale per il Turismo/ Teramo  1983 -  3. Crelliera
La crelliera del Museo di Cerqueto è di legno e non di canna. Appartiene agli idiofoni a manovella. Presenta, inciso a fuoco, il monogramma  L. G. . Lettere alfabetiche che potrebbero essere le iniziali del nome e cognome del pastore, del contadino o del cardatore di lana che la realizzò, ma potrebbero essere anche quelle del suonatore.   E’ un manufatto di carattere arcaico. Artigianalmente, infatti, è di mediocre fattura. Non pare, conseguentemente, opera di un falegname di professione.  L’ancia è eteroglottide. Anche la crelliera appartiene ai legni sacri. A Cerqueto è strumento musealizzato,  a Lanciano, ancora oggi, durante la processione del “cireneo”, e a Sulmona durante la processione del Venerdì Santo è, invece, arnese musicale ancora in uso.  Il costrutto decorativo dell’esemplare cerquetano è realizzato con   il chiodo arroventato che produce una ornamentazione pirografata.

4.  Valichira-Tiritappe
La valichira  del museo di Cerqueto (Te), detta anche tiritappe, sotto il profilo organologico, è una raganella a manovella.

A  Cerqueto il tiritappe veniva usato durante i riti della Settimana Santa. Se si tiene presente questo impiego anche il tiritappe è da considerare legno sacro. L’inventiva costruttiva è considerevole. I battenti, infatti, sono trasformati in schematizzati corpi animati e le ance che li sollevano sono di natura eteroglottide.  La struttura ricorda il meccanismo delle gualchiere usate per infeltrire i pannilana. Da qui il nome specifico. Il nome di tiritappe, invece, potrebbe derivare dal suono che emette.  Non mi sono avventurato nella ricerca dei codici dialettali degli idiofoni abruzzesi. Rimando al D.A.M. (Dizionario Abruzzese Molisano)  di Ernesto Giammarco, dove sono registrati tutti i nomi dei nostri strumenti  popolari.  Molti, identici sotto il profilo organologico, hanno nomi diversi determinati dalle varie parlate provinciali.

 Vito Giovannelli

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