La 45ª rappresentazione del Presepe Vivente

Di questi tempi a Cerqueto il “Presepe Vivente” è l’argomento che non finisce mai di appassionare ed animare accese discussioni.

Anche quest’anno non ha fatto eccezione perché il presepe è chiaramente un patrimonio di tutti gli abitanti di Cerqueto e nel tempo è diventato una tradizione di tutta la zona della montagna del teramano.

Eppure chi assiste per la prima volta alla rappresentazione non può in alcun modo immaginare che sia il frutto del lavoro di così poche persone e con così scarsi mezzi a disposizione. Ogni volta si tratta di un prodigio che si ripete in modo quasi miracoloso e tutti coloro che ci lavorano lo sanno bene. Da sola, questa evidenza, dovrebbe essere sufficiente a fugare tutte le polemiche.

Più che descrivere scene, musiche ed effetti di luce, in questa ultima edizione ancora più straordinaria  del solito, vorrei soffermarmi sul significato che un evento del genere costituisce per il paese e la sua comunità.

Il presepe, inteso come raffigurazione di una scena o fatto di particolare rilevanza, nasce nell’epoca romana quando c’era l’usanza di costruire delle statuette di terracotta che raffiguravano i parenti defunti  (i cosiddetti  “lari”) e sistemarle sul focolare nel periodo di fine Dicembre, sempre nelle stesse posizioni, per vegliare sul buon andamento della famiglia.

Con l’avvento del Cristianesimo è divenuto la raffigurazione della nascita di Gesù ma ha sempre mantenuto il significato di raffigurazione di un evento, così  importante e significativo per tutta una comunità, che merita di essere ripetuto ogni anno, in ogni casa e con la partecipazione di tutti e seguendo una ben precisa tradizione.  Si devono riprodurre tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l’asinello agli agnelli, perché è il modo di ricordare l’avvento del Salvatore ma anche di ribadire i valori che caratterizzano ed uniscono il nucleo sociale e familiare.

Oltre ovviamente al suo significato religioso (che però ognuno interpreta secondo la sua sensibilità personale) è proprio nel suo sostanziarsi come atto pubblico da ripetere in omaggio alla tradizione per elevare e certificare l’affermazione della comunità, che il presepe della sera del 26 Dicembre a Cerqueto si identifica al meglio.

Il presepe diventa il modo con cui ogni cerquetano può per un giorno partecipare ad un evento collettivo diventandone a suo modo protagonista e rafforzando la sua appartenenza alla comunità del paese ed alla sua identità.

In questo modo ognuno ha pieno diritto a viverlo come crede.

C’è il presepe di chi vuole partecipare a tutti i costi alla scena a cui è ormai affezionato e quello di chi preferisce  rimanere in mezzo alla gente venuta da fuori e sentirne i commenti.

C’è il presepe di chi ci spende tutte le proprie forze prima e dopo le 18:30 perché tutto deve funzionare nel  vero giorno di gloria per Cerqueto e quello di chi invece preferisce un ruolo di osservatore e critico (ma va bene anche così … c’è sempre qualcosa da migliorare).

C’è il presepe di chi invita amici e conoscenti e quello di chi è un po’ infastidito, se non impaurito, perché teme i giudizi delle persone venute da fuori.

C’è il presepe dei pittori e quello delle specialità gastronomiche.

Non c’è alcun presepe invece per chi decide di assumere un atteggiamento di indifferenza perché, senza magari nemmeno accorgersene , così facendo compie un atto di presunzione, che oltre a privare se stesso di un giorno di festa,  manca di rispetto per gli altri allontanandosi spiacevolmente dallo spirito del Natale.

Convincere 4000 persone a recarsi in un paese di montagna in Abruzzo, il 26 dicembre, in pieno inverno,  con una temperatura sicuramente poco confortevole non è impresa semplice. Farlo per assistere all’aperto ad una rappresentazione sacra è, di questi tempi, ancora più complicato.

Eppure è avvenuto … e questo, per l’orgoglio di tutta la comunità di Cerqueto,  ha tutto il suo valore!

Andrea Marafante

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