La centrale di Cerqueto

Attraversando il traforo del Gran Sasso, ognuno di noi, al netto di considerazioni di carattere ambientale e sociale sull’opportunità della sua costruzione, almeno una volta si sarà stupito pensando alle evidenti difficoltà che sono state affrontate per realizzare una simile opera. Eppure nel nostro territorio esiste un’altra opera, rappresentata dal complesso delle centrali idroelettriche situate lungo il corso del fiume Vomano,  la cui realizzazione ha sicuramente originato difficoltà di pari grado se non superiori a quelle incontrate per la costruzione del traforo. La differenza tra le due opere è che la prima è logicamente visibile a chiunque percorra quell’autostrada, mentre la mastodontica struttura dell’altra è quasi ignota anche alla maggioranza delle popolazioni che ci abitano vicino, se non sopra di essa; a parte naturalmente gli addetti dell’Enel e chi in passato ha lavorato nei cantieri di costruzione. Qualcuno di questi ultimi ne ha poi una visione solo parziale, ristretta al particolare settore dell’impianto nel quale ha prestato la sua opera.

La ragione principale di questa presenza appena percettibile risiede nel fatto che, fin  dagli inizi della  costruzione, c’è stato un adeguato rispetto ambientale. Solo gli ingressi alle centrali, i bacini di accumulo dell’acqua e le uscite delle linee elettriche, sono necessariamente visibili dall’esterno, tutto il resto rimane invece invisibile, nonostante globalmente il complesso si estenda dal lago di Campotosto (il secondo bacino artificiale d’Europa per estensione) fino a Villa Vomano, cioè per oltre 40 chilometri.

In pratica è stato sfruttato quasi tutto il dislivello tra Campotosto, posto a 1313 m s.l.m., ed il mare, utilizzando cioè l’energia potenziale dell’acqua quando essa cade da una quota più alta ad una più bassa.

Partendo dal lago, si incontrano in successione tre centrali elettriche, ognuna delle quali  si trova ad una quota più bassa rispetto alla precedente. L’acqua di scarico di una centrale contribuisce ad alimentare la centrale successiva, tramite chilometriche gallerie sotterranee, piene d’acqua, che si sviluppano con un andamento quasi pianeggiante dal sito della centrale più alta a quella  successiva, situata più in basso, a chilometri di distanza. Quando la galleria è arrivata sopra questa centrale, un pozzo verticale convoglia le acque in basso, dentro la centrale, provocando il movimento meccanico delle turbine.

Per questo motivo si incontrano in successione: Centrale di Provvidenza (situata ad una quota di 1070 m e quindi con dislivello di circa 240 m dal Lago di Campotosto, dal quale si preleva l’acqua), centrale di San Giacomo (situata ad una quota di 400 m, con un notevole dislivello di circa 650 m dal bacino della diga di Provvidenza nella quale si riversano le acque in uscita dalla centrale di Provvidenza) e centrale di Montorio (situata, in prossimità di Villa Vomano, ad una quota di 139 m e quindi con un dislivello di circa 260 m dalla diga di Piaganini, nella quale si riversano le acque in uscita dalla centrale di San Giacomo). Per sfruttare i 139 metri rimanenti fino al livello del mare bisognerebbe realizzare una galleria di derivazione  da Villa Vomano fino al mare, cosa naturalmente non più conveniente e quindi dalla centrale di Montorio le acque vengono restituite definitivamente al fiume.

Per utilizzare i salti suddetti (rispettivamente 240 m, 650 m e 260 m) sono state costruite, come accennato, le gallerie di derivazione in pressione. Queste enormi gallerie a sezione circolare, completamente invisibili perché sotterranee, trasportano l’acqua da un bacino di accumulo fin sulla verticale della centrale situata più a valle, ad una distanza che dipende dalla morfologia del terreno e dal corso del fiume. Le gallerie di derivazione sono quasi pianeggianti (a parte la piccolissima pendenza per permettere all’acqua di scorrere in modo naturale)in modo da conservare quasi inalterato il salto.

Così dal lago di Campotosto parte una galleria di derivazione lunga 1100 m che, senza perdere quota, arriva sopra la centrale di Provvidenza, situata in caverna, e da qui l’acqua viene convogliata in una tubazione verticale (condotta forzata) con il salto di 240 metri. Questo salto in pressione permette di ottenere energia elettrica, in quanto la forza dell’acqua muove le pale della turbina. Sull’asse della turbina è collegato, tramite un giunto meccanico, il generatore elettrico che trasforma l’energia di rotazione della turbina in energia elettrica. Le acque vengono poi restituite al bacino di Provvidenza tramite una galleria di scarico lunga 683 metri.

Dal bacino di Provvidenza, partono poi due grandi gallerie lunghe circa 14 km (cioè più lunghe del traforo del Gran Sasso) con diametro di scavo di 5 metri e, mantenendosi alla quota di 1050 m, arrivano entrambe a Collepiano (che quindi si trova alla stessa altezza di Provvidenza), proprio sopra Cerqueto. Una delle due gallerie è stata costruita recentemente, negli anni ’90, anni in cui furono eseguiti i lavori per l’ampliamento della centrale.  Da qui scendono le condotte forzate verticali che convogliano l’acqua all’interno della centrale di San Giacomo, collocata sotto Di Contro, sulla verticale di Collepiano, a quota 400 m, cioè 650 metri più in basso. La condotta forzata verticale è costituita da una tubazione in lamiera saldata, molto spessa per resistere all’enorme pressione della colonna d’acqua, dal diametro di 4 m e installata al centro di un pozzo dal diametro di quasi 6 m. La condotta è dotata di dispositivi antisismici a struttura metallica, che realizzano dei vincoli di appoggio elastico, idonei allo smorzamento delle elevate forze radiali derivanti dall’azione sismica. L’acqua utilizzata per far girare le turbine della centrale, viene poi restituita al fiume Vomano tramite gallerie lunghe qualche chilometro che passano quasi sotto Cerqueto e  che sboccano nella diga di Piaganini, a quota 400 m s.l.m.

Sulla sponda destra del lago, il lato verso la strada, c’è l’opera di presa dalla quale parte un’altra galleria lunga 13,85 km e del diametro di 4,4 m che arriva oltre Montorio, all’interno delle colline sopra Villa Petto. Da qui parte la condotta forzata verticale, alta circa 260 m, la cui acqua permette la produzione elettrica della centrale di Montorio. Un canale di scarico di oltre 5 km, quasi interamente in galleria, restituisce l’acqua al fiume Vomano all’altezza dell’abitato di Villa Vomano, a monte di un invaso utilizzato per l’irrigazione dei campi.

Oltre a queste ragguardevoli opere, ve ne sono poi altre similmente degne di nota. Basti pensare ai canali di gronda che raccolgono l’acqua dagli alvei dei fiumi e dei torrenti e la trasportano per chilometri verso i bacini di accumulo o la immettono direttamente dentro le gallerie di derivazione. Due di questi sboccano nel lago di Campotosto, il Canale Occidentale, che raccoglie le lontane acque dell’alto Tronto e dei torrenti affluenti e il Canale Orientale, che raccoglie le acque dell’alto Tordino e del Rio Castellano.

Un canale di gronda che ci interessa direttamente è quello che parte dalle sorgenti del Ruzzo, sopra Isola del Gran Sasso, e attraversa tutta la nostra montagna uscendo alla luce in prossimità di Rio Macinelle, fino alla presa di Rio San Giacomo, vicino la Casetta di Carino,  per poi arrivare a Collepiano. Le sue acque, insieme a quelle di un altro canale proveniente dalle sorgenti del Rio Arno, sopra i Prati di Tivo, si uniscono a quelle delle due grandi gallerie di derivazione provenienti da Provvidenza, per alimentare la centrale di San Giacomo. Altri due canali di Gronda si immettono nella galleria di derivazione che dalla diga di Piaganini arriva alla centrale di Montorio: uno a sinistra del Vomano, proveniente dal Vezzola e dal Tordino, nelle montagne sopra Teramo, e l’altro a destra del Vomano, proveniente dal Lemogna, un fiume vicino al fiume Ruzzo, entrambi affluenti del fiume Mavone. E’ interessante l’esistenza del canale di gronda di sinistra che viene dal Vezzola e il cui tratto finale, in lamiera di colore verde, si può scorgere dalla statale 80, in contrada Venaquila, poche decine di metri più a valle del ristorante “Il Porcellino”. Lo scopo principale del canale è quello di assicurare al fiume Vomano una sufficiente portata d’acqua necessaria nei periodi di secca, alla città di Montorio, posta poco più a valle. Così l’acqua del canale obbligatorio, viene prima utilizzata per far funzionare una piccola centralina (centrale di Venaquila) e poi restituita, quando necessario per Montorio, al fiume.  Se non necessaria alla città, l’acqua in uscita dalla centralina viene immessa nella galleria di derivazione, dopo aver attraversato il fiume tramite un arco realizzato con la stessa condotta in lamiera. L’arco, sovrastato da una balaustra, rappresenta anche il ponte di accesso alla centralina ed è ben visibile dalla statale.

L’obbligo di assicurare una portata sufficiente del fiume, rivela quella che è la maggiore problematica degli impianti idroelettrici: la captazione delle acque, intercettate dalle opere di presa e dalle dighe, causa la variazione della portata naturale dei fiumi e dei torrenti. Tutti possiamo vedere, a causa delle acque captate a monte, quanto siano modeste le portate del Vezzola e del Tordino a Teramo, in netto contrasto con l’estensione superficiale storica dei loro alvei.

Purtroppo, tutte le forme di approvvigionamento energetico (che necessitano di processi opposti a quelli naturali, i quali si muovono sempre nel senso di un degrado della qualità dell’energia)  comportano delle conseguenze per l’ambiente, mentre i livelli di impatto ambientale dipendono dal tipo di forma scelta. Saranno certamente più alti per le energie non rinnovabili che per quelle rinnovabili, alle quali il settore idroelettrico appartiene. In questi ultimi anni si sono viste però nascere strutture idroelettriche colossali che, al di là di indubbi risultati positivi, si portano dietro pesanti conseguenze negative. La costruzione in Cina, ad esempio, della Diga delle Tre Gole, che sbarra il corso del fiume Yangtze (fiume azzurro), inaugurata nel 2006, con una centrale di potenza quasi quaranta volte maggiore di quella pur grande di San Giacomo, ha creato un bacino idrico lungo più di 600 km, sommergendo 160 città, 1700 paesi, più di un migliaio di siti archeologici e monumenti antichissimi e provocato l’allontanamento di un milione e trecentomila persone, più della totalità degli abitanti abruzzesi. Senza contare i problemi idrogeologici, con numerosi luoghi a rischio di frane per la pressione che le acque della nuova diga esercitano alla base delle pendici dei monti, in precedenza non a diretto contatto con l’acqua. Nelle considerazioni costi-benefici evidentemente contano più industria ed economia che popoli, dolore umano,  storia ed ambiente.

A parte questi giganteschi ed esagerati impianti, l’energia idroelettrica rimane comunque una forma di energia pulita e, tutto sommato, sostenibile. Per tornare al nostro impianto, che non genera certamente le precedenti problematiche, altra sua notevole particolarità è l’importante possibilità di riportare l’acqua  a monte, facendola risalire dalla diga di Piaganini fino al lago di Campotosto.  Tramite un gruppo reversibile turbina-pompa è possibile infatti sollevare la considerevole quantità di 8 m3 d’acqua al secondo, cioè 8000 litri al secondo, in pratica un torrente di medie proporzioni, dalla diga di Piaganini a quella di Provvidenza (in un percorso all’inverso, dal basso verso l’alto, di 650 metri verticali, più circa 16 km di galleria!). Dal lago di Provvidenza, l’acqua viene poi trasferita al lago di Campotosto. Queste operazioni vengono fatte generalmente di notte, quando vi è un surplus di energia prodotta rispetto a quella consumata, in modo tale da accumulare energia idraulica nel bacino a monte, occorrente nelle ore del giorno di maggior consumo, quando anche la tariffa elettrica è maggiore.

Come detto all’inizio, l’impatto ambientale di questi impianti è minimo in raffronto all’estensione degli stessi. Nonostante negli anni ’40 e ’50 non c’era la sensibilità per l’ambiente che c’è adesso, si nota nei lavori di quegli anni, realizzati dalla società Terni, tanta attenzione anche per le opere minori: muretti in pietra, archi in pietra, piantumazione di  alberi, ingressi alle centrali  ben proporzionati, cura di tutti i particolari. A quei lavori hanno partecipato tutti i nostri nonni e molti nostri genitori (Stanislao raccontava spesso delle particolari strategie utilizzate durante la costruzione delle dighe di Campotosto) e contrastano un po’ raffrontandoli con i lavori più recenti, dove invece in alcuni settori non si è prestato molta cura all’impatto ambientale. Così, ad esempio, gli ingressi delle nuove finestre di accesso sono state lasciate tutte in cemento, senza alcun rivestimento. Stessa cosa per altre opere. Per quanto riguarda

più direttamente Cerqueto, l’uscita della linea elettrica a 380 kV che da Collepiano va verso est, per innestarsi alla dorsale adriatica della rete elettrica nazionale, attraversa, con una grande campata, tutta la gola da Di Contro a Vena D’Oro, tagliando e danneggiando la vista  panoramica da Cerqueto verso il Gran Sasso. Agli inizi degli anni duemila fu fatta una grande battaglia presso l’Enel per cercare di far cambiare tale percorso. La vecchia linea smantellata, infatti, saliva lungo il crinale di Collepiano e poi attraversava la gola, rimanendo invisibile da Cerqueto. Proponemmo questa ragionevole alternativa di ricalcare quasi il vecchio percorso, ma per ragioni economiche non venne accettata. Eppure la differenza di costi non ci sembrava così elevata da giustificare una scelta il cui effetto sarebbe rimasto a tempo indeterminato. I responsabili dei lavori negli anni ’50 si rilevarono quindi, rispetto agli attuali, più consapevoli e attenti all’ambiente e meno assoggettati alle ragioni di carattere finanziario.

Per giustificare finalmente il titolo dell’articolo, bisogna dire che la centrale  di San Giacomo, che ha una potenza di 448 MW, è una delle più grandi e più conosciute centrali idroelettriche italiane ed insiste quasi completamente sul territorio di Cerqueto: centrale, gallerie di scarico, diga di Piaganini, canale di gronda proveniente dal fiume Ruzzo, opera di presa sul Rio San Giacomo, sono tutte opere ubicate sul nostro territorio. Per tutto questo, sarebbe stato più normale e sensato  chiamarla “Centrale di Cerqueto” piuttosto che dargli il nome di un semplice torrente, anche questo appartenente oltretutto a Cerqueto. La “centrale di Montorio” si trova in realtà a circa 7 km da Montorio, più vicina a Villa Vomano, eppure i montoriesi non si fecero sfuggire l’occasione di legare il nome della centrale (quattro volte più piccola di quella di San Giacomo) a quello della loro cittadina. Noi invece sì.

Angelo Mastrodascio

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