Ricordi, racconti, leggende di Santa Barbara

Quannë chë Santa Barbarë nasciò

Subitë la sua matrë jë së murò,

Lu padrë n’avajjë chë la fà,

Su la muntagna scurë la jò a purtànë.

Quannë chë fu a li diciott’annë

Vinnë la novë che Barbarë era grandë

E quannë lu patrë sujë lu vinnë a sapé

Pijò ‘na carrozza e l’andò a vedé.

E quannë era giuntë a lu purtonë

Pijjò ‘na preta e  cominciò a bussà,

S’affaccë Santa Barbara a la finestrë

-Chi è che bussë a lu portonë mio?

-Sono tuo padre, ti so venutë a trovà,

Oh fijja,fijja të vojjo marità!

– Oh patrë, oh patrë, io so maritata

Da lu giornë che fui battezzata,

Nghi lu fijë de Marië më so spusatë,

Quillë chë m’ha cresciuto e fattë grandë.

-Lu fijë de Marië  lascialu ire,

Nu ricchë imperatore te vojo dà ìjo.

-Nu ricche imperatore nù vujë amà,

Lu fijë dë Marië nù vujë lascià.

Quannë lu patrë suo questë sentò

La pijò pë li capillë, pë li scalë la trascinò

-Aiutami, Maria, nghë stu mumentë

Ca nù sor messë mai tanta spaventë.

Aiutami, Maria, nghë stà orë

Ca nù sor messë mai tanta terrrorë!

Da lu cielë cadessë ‘na fiamma ardentë

C’ammazza lu patrë mijë e la sua gentë!

Chë në cadessë ‘natra a quest’orë

Ch’ammazzë lu patrë mijë e l’imperatorë!

(Orazione cerquetana di Santa Barbara)

La nonna Maria ci cantava e ci raccontava la stà sturië (questa storia) di Santa Barbara. Sicuramente qualche verso si è perduto col tempo, però ricordo il giorno di Santa Barbara, il 4 dicembre del 1950, quando fu inaugurata la galleria di S. Giacomo. Papà era stato uno dei carpentieri della galleria e ci portò all’ inaugurazione della stessa. All’ imbocco  della galleria di S. Giacomo c’era un tavolino con una tovaglia bianca dove il vescovo, Mons. Monsignor Stanislao Amilcare Battistelli, celebrò la Santa Messa. Dopo la benedizione ci diedero una busta di carta gialla, che chiamavano cestino, contenente un panino imbottito col prosciutto, un mandarino e un pezzo di cioccolata avvolta con della carta marrone. Il freddo, la noia, la fame, le “predicazioni” dell’autorità resero quel panino divino. Poi papà ci portò nella “casetta” dove c’era un magnifico “focarone”. Che bel giorno (quello)! Che triste giorno quello di 57 anni dopo, per me e per tutti i miei familiari!

“Santa Barbara benedetta proteggimi dalle fiamme e dalle saette”. Ancora oggi, quando sento i tuoni con i lampi, mi faccio il segno della croce ed invoco S. Barbara che, sin da bambina, si interessava ai tuoni e alla saette.

Secondo una leggenda e la “storia” di nonna, Barbara perdette la mamma quando nacque. Il padre, che voleva un figlio maschio, non tenne con sé la bambina ma la consegnò ad un servo con l’ordine di lasciarla nel bosco in balia degli animali e delle intemperie. Ma, come spesso è accaduto nelle varie leggende, in quella di Mosè, di Romolo e Remo, di Horuz, di Paride, di Edipo, anche la piccola Barbara fu salvata, curata, cresciuta addirittura dalla Madonna. La bambina viveva felice, aveva per amici tanti animali con cui giocare, correre e raccogliere la frutta, che la Madonna le faceva trovare ogni volta che aveva fame e sete. Gli anni, i mesi, i giorni passavano e Barbara cresceva bella e santa. Spesso le faceva compagnia lo stesso Gesù. Ma la “nova” che Barbara era viva giunse all’orecchio del cattivo genitore, che subito pensò di sfruttare la figlia per imparentarsi con l’imperatore, suo amico e quindi simile a lui, dando Barbara in sposa al figlio, che aveva la stessa età, ma la giovinetta rifiutò.

Le notizie certe sulla vita di Santa Barbara sono molto poche. Nata a Nicomedia (oggi Ismit in Turchia), città fondata dal re Nicomede 200 anni prima di Cristo, nel 273 dopo Cristo, dal padre Dioscoro, funzionario alla corte di Diocleziano, che aveva scelto Nicomedia come sua sede. La dottrina cristiana, che si andava affermando e che aveva molti seguaci, non aveva alcun interesse per il padre di Barbara. Egli era un grande sostenitore dell’ideologia pagana, che permetteva di sperimentare tutte le soddisfazioni della carne e non riusciva a comprendere come quella ideologia malefica, cioè il cristianesimo, avesse potuto contagiare prima la moglie e poi la bella figlia. Cercò, a modo suo, di convincerla con preghiere, minacce, punizioni, persuasioni a cancellare “quelle idee” dalla testa, ma non ci riuscì. Dioscoro considerava i cristiani fanatici pericolosi e una minaccia per lo stesso imperatore, che si era proclamato di origine divina, proprio per contrastare la nuova religione. Tutti coloro, quindi, che si rifiutavano di adorare gli idoli, venivano martirizzati. Così caddero la mamma di Barbara, l’amica Giuliana e tanti altri seguaci.Il padre, prima di consegnare Barbara ai carnefici di Marciano, prefetto dell’imperatore, la fa chiudere in una torre dove la giovane fa aprire una terza finestra, proprio per manifestare il suo amore per la Santissima Trinità, fa costruire anche una fontana a forma di croce dentro il giardino della torre.

Quando il padre si accorge di tutto, cerca la figlia per scagliare su di lei la sua rabbia, ma il Signore permette a Barbara di fuggire attraverso un muro. Dopo vari inseguimenti viene raggiunta e consegnata a Marciano che, con ferocia, colpisce le delicate spalle della giovane per vendicarsi di essere stato respinto e rifiutato come marito. Le verghe che straziano le carni diventano piume di pavone. Ecco perché la Santa viene talvolta raffigurata con questo simbolo.

Nei patimenti atroci del martirio, Barbara si preoccupa perché è nuda e prega il Signore di coprirla. Allora una schiera di angeli l’avvolge con candidi veli. Dopo infinite e sovrumane torture è lo stesso padre che uccide la figlia ma all’ istante viene incenerito da un fulmine. Era il 4 Dicembre del 306. Il nome di Barbara è di origine greca e significa straniera.I Romani chiamavano barbari i non romani.

Il culto di Santa Barbara si è esteso in tutta l’Europa. In Italia ha molte chiese intitolate a suo nome ed è patrona di diverse città, specie del Lazio, perché, secondo un’altra leggenda, pare sia vissuta a Scandriglia, nei pressi di Rieti, dove il padre era senatore e il corpo della Santa riposa sotto l’altare maggiore della cattedrale di Rieti. Altre reliquie si trovano nella Basilica Laterana. La vita della Santa si può leggere in vari Codici Vaticani e nella “Leggenda Aurea”. È la santa protettrice degli artificieri, artiglieri, minatori, carpentieri, vigili del fuoco e architetti.

Tra i numerosi pittori che l’hanno dipinta mi piace il quadro di Francisco Goya, che la ritrae a figura intera con i simboli del martirio, nel blu dei lapislazzuli michelangioleschi, e il quadro di Lorenzo Lotto, che ne sottolinea il martirio con dovizia di particolari in un’atmosfera cruda e reale. Si continuerà sempre ad invocare Santa Barbara ogni volta che un lampo attraversa fulmineo il cielo.

Rema Di Matteo

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