Sotto il profilo organologico la zampogna molisana non esiste

Zampogna cerquetana e piffero - Costruttore Nevio Di MicheleOrmai, alla favola di Scapoli (Is) capitale mondiale della zampogna non ci crede  più nessuno. La zampogna molisana  si è sgonfiata. O meglio non esiste. Restituire all’Abruzzo il mal tolto, purtroppo, oggi,  non è facile. A datare dal 1975 bisognava reagire colpo su colpo alle dichiarazioni molisane. Ma questo, ahimè!  non è stato fatto.     Le progettazioni articolate Molise pro Molise,  per incassare contributi pubblici e finanziamenti comunitari  hanno certamente  dato  vantaggi economici agli organizzatori molisani di festival e agli allestitori di musei,  ma, quei progetti, hanno creato squilibri alla secolare storia dell’organologia pastorale dell’Abruzzo e dell’Italia meridionale.    Nonostante le devastazioni culturali prodotte dai molisani  l’Abruzzo, come afferma  Stanislao Porzio,  “resta un ‘area importante per la cultura e lo sviluppo della zampogna meridionale”. (cfr. Zampognario, Sulmona, 2002).     E’ accertato che, sotto il profilo organologico,  la zampogna del territorio geo-musicale  dell’Italia centrale non ha nulla di invenzione molisana.  Il Molise non vanta nessun prototipo di zampogna. Non ha avuto, in tempi lontani, costruttori.
L’artigiano molisano  considerato il decano dei produttori di zampogne è stato Benedetto Di Fiore, falegname,  (Scapoli 1886 – ivi 1965). La sua prima zampogna, (esposta nel museo di Scapoli come l’esemplare più antico di fabbricazione locale),  risale al 1930 circa e ricalca  un modello laziale di Villa Latina  (cfr. Tobia Paolone Scapoli e il museo della zampogna, Isernia, 2006). Mancano nomi di costruttori operanti prima di Benedetto  Di Fiore. Se ci fossero stati sarebbero stati segnalati  da Enzo Nocera e Claudio Alhalique nella loro puntuale “Indagine sull’Artigianato Tradizionale e Rurale del Molise” ( Teramo, 1971).  Dopo il Di Fiore  si riscontra il nome di Palmerino Caccia (1913-1991), ma, si tratta di un  costruttore di ance e del fabbro Antonio Pitassi (1925-1993),  realizzatore di utensili utili alla lavorazione della zampogna (cfr. Franco Izzi, Scapoli- realtà storiche e culturali, Isernia, Sigmastudio, 1994).  Il Molise ha  costruito zampogne solo a Scapoli, ed ha cominciato, come attestano diverse ricerche e documenti, dopo l’Abruzzo (cfr, Aa.  Vv., La zampogna in Abruzzo, Chieti, 2003).     E’ accertato, infatti, che in Abruzzo, prima del Molise,  si costruivano zampogne a: Pretara, Villa Piano, Biscelli, Casale San Nicola, Cortino, Forca di Valle, quest’ultimo luogo conosciuto come paese di zampognari (Abruzzo Ulteriore I). Alcuni di questi paesi e i nomi dei relativi costruttori sono stati individuati dall’etnomusicologo Maurizio Anselmi (Teramo, Tercas, 1983);   a  Celano, Capistrello, Carsoli, Castellafiume, Rivisondoli, Capitignano, Cavagnano, Mascioni (Abruzzo Ulteriore  II ). (Cfr.Centro distrettuale Fg/ 32, 2000);  a Pennapiedimonte, Guardiagrele,  Pennadomo, Mozzagrogna (Abruzzo Citeriore). (Cfr. Roma, Cangemi,1984).  Sulla scorta di queste risultanzegli esemplari più antichi, costruiti tra il XVIII e il XXI secolo,  conservati nei musei di tutto il mondo, a cominciare dal prestigioso museo di Bruxelles,  infatti, sono registrati e dichiarati  di fabbricazione abruzzese e non di marca molisana.  Finalmente, dopo tante furbizie messe in atto da alcuni studiosi  e organizzatori di festival molisani a danno soprattutto dell’Abruzzo  la verità è venuta a galla.    A riconoscerla è stato proprio uno studioso molisano rispettoso delle realtà storiche. Vecchia zampogna avezzanese Infatti, in occasione del Premio Nazionale di Cultura Zampognara Pasquale Pizzoli, manifestazione tenuta presso il Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, il 14 settembre 2013, l’avvocato Duilio Vigliotti di Isernia, nella sua dotta relazione sulle cornamuse, ha riconosciuto che anche l’Abruzzo ha avuto la sua zampogna. Pubblicamente, nella stessa circostanza,  precisai,  rivolgendomi all’ avvocato Vigliotti, che l’Abruzzo vanta più tipologie di zampogne.  I documenti rinvenuti negli archivi e la ricerca sul campo  attestano  che i pastori abruzzesi hanno creato quattro tipologie di zampogne:

 1)  l’avezzanese, dalla campana ristretta, inventata dai pastori della Marsica, sui monti carseolani; ( Abruzzo Ulteriore II);
2)  la cerquetanadalla testata cilindrica e non conica, nata nella teramana vallata del Ruzzo e del Mavone (Abruzzo Ulteriore I );
3)  la guardiese, prototipo in canna palustre con testata in sughero, modello costruito sui monti frentani principalmente dai carbonai e dai tagliaboschi di Guardiagrele (Abruzzo Citeriore), noto anche come zampognetta di Pennapiedimonte;   considerando l’evoluzione merceologica ed organologica delle componenti della zampogna presumo che il modello di Pennapiedimonte sia stato foggiato prima del similare modello molisano di Fossalto, dotato, quest’ultimo, di testata in legno tornito;
4) le ciaramelle di Amatrise, area per secoli aquilana, staccata dall’Abruzzo nel 1927 da un provvedimento amministrativo di Mussolini, e fatta rientrare nel territorio laziale dell’alta Sabina, più precisamente nel reatino (Cfr. La sposa lamentava e l’amatrice, Pescara, 2001).Parafrasando il motto dare a Cesare quello che è di Cesare, vale a dire per restituire all’Abruzzo ciò che è sempre stato abruzzese, l’estensore della voce zampogna, pubblicata sull’ultima edizione della Garzantina musicale (2003), dovrebbe rivedere la propria posizione.  Anche coloro  che hanno dato per estinta le zampogna della vallata teramana del Ruzzo e del Mavone, modello che, invece, viene ancora costruito da Nevio Di Michele, pronipote di Domenico Balzami, abile costruttore di zampogne cerquetane, dovrebbero tornare sui propri passi (cfr. Le zampogne in Italia, Milano, Ricordi, 1985 e Cfr. La zampogna italiana – censimento costruttori, Forlinpopoli, 2001).  Dovrebbe fare marcia indietro pure il ricercatore che, nel 1998, ha scritto  “che poeti, scrittori e viaggiatori  hanno creato in forma romanzesca lo stereotipo di zampognaro abruzzese” (Ortona, Menabò,1998).   Per non dire di altri che dovrebbero fare retromarcia, perché, inspiegabilmente, dopo aver precisato che la campana avezzanese è stata foggiata dai pastori  “di Avezzano in Abruzzo” hanno storpiato il lemma avezzanese in vezzanese, (Cfr. Isernia, Il tratturo, 1981) al fine di privare l’Abruzzo di una delle sue  principali invenzioni organologiche : la campana strutturata con funzione di sordina stabile, inventata dai pastori marsicani, per poter suonare la zampogna al chiuso. Zampogna di canna  ( Pennapiedimonte, Guardiagrele, Comino), simile a quella di FossaltoUna zampogna con valenze organologiche tipiche dell’area molisana, in effetti,  non esiste. Io non la conosco!    Riconosco, invece, che, con l’istituzione, nel 1975, del festival della zampogna di Scapoli e della Mostra- Mercato della zampogna, manifestazione ideata dal  sindaco Pasquale Vecchioni, il Molise ha contribuito fortemente a mantenere in vita la zampogna dell’Italia meridionale.    Ma, mantenere in vita una tradizione è un conto, attribuirsi primati relativi ad uno strumento prodotto da secoli in Abruzzo e che, invece, a Scapoli risulta  costruito solo dal 1930 è appropriazione culturale indebita !   Il Molise , solo da pochi anni, si è dotato di valenti costruttori (eredi Di Fiore, Guatieri, Ricci, Izzi ) e di validi suonatori. A cominciare da Piero Ricci, che, da musicista, ha migliorato la disposizione dei fori della zampogna, adeguando lo strumento alle moderne esigenze musicali.   La zampogna attualmente prodotta in varie misure (20, 25, 28, 30), dai costruttori molisani di Scapoli,  non è altro che il rifacimento di una tipologia laziale prodotta a Villa Latina, dal costruttore Mario D’Agostino,che aveva ereditato la bottega dei suoi antenati: dal padre Domenico; dal nonno Antonio e dal bisnonno Silvestro  (notizie avute da Mario a Villa Latina verso la fine di giugno del 2004, poche settimane prima della sua scomparsa,  alla presenza dell’ing. Giannini, di Chieti, studioso di tratturi e di civiltà pastorale).  Gli abitanti di Scapoli, però, pur conoscendo la storia dell’apprendistato di Benedetto Di Fiore, che andò a Villa Latina  da  Mario D’Agostino, per imparare a costruire la zampogna, hanno spesso sostenuto,  che in Molise le zampogne fossero state costruite e tramandate di generazione in generazione.  Affermazioni in questo senso vantava anche un assessore alla cultura(del quale ricordo bene il nome) incaricato, dall’Amministrazione Comunale,  di far da guida ai visitatori del museo della zampogna di Scapoli (inaugurato nel Palazzo Mancini, nel 2002).    La zampogna, si sa, va in coppia col piffero e Gianpiero Tintori (profondo studioso di organologia), trattando di strumenti musicali regionali, ricorda fra quelli più notevoli “il pastorale oboe degli Abruzzi“.  E non fa alcun riferimento ad un analogo strumento molisano (Cfr. Gli strumenti  musicali, Torino,1971). Su quanto furbescamente scritto da organizzatori e studiosi molisani non c’é più da credere. Non c’è più da credere neanche alla favola che gli zampognari molisani fossero di numero superiore degli abruzzesi. Lo scrittore molisano  Teo da Sepino (ispettore P.I.), al contrario, scrive nel  paragrafo Gli zampognari e la novena di natale ” …più numerosi sono gli zampognari degli Abruzzi“…(cfr. Il natale nel mio Molise, Roma, 1965).  I documenti rinvenuti  negli archivi di Stato di Chieti, Pescara e Teramo hanno svelato sia i nomi di diversi costruttori abruzzesi, sia  le tipologie costruite, sia le principali feste popolari in cui intervenivano gli zampognari abruzzesi. Ad una festa di Scontrone lo storico Antonio De Nino contò 36 coppie di zampognari (Cfr. Tradizioni popolari abruzzesi, L’Aquila, 1970).  Ma c’é di più! Le ricerche negli archivi parrocchiali hanno svelato quanto costavano al giorno i suonatori di zampogne, di pifferi e di tamburi, durante i festeggiamenti patronali svolti nei paesi abruzzesi.     Per la conoscenza dei nomi dei costruttori, dei suonatori e delle tipologie delle zampogne abruzzesi Cfr. La zampogna zoppa negli Abruzzi, Pescara, Archivio di Stato, 2004; La zampogna in Abruzzo, Chieti, Accademia dei Transumanti, 2003).

                                                                                                                         Vito Giovannelli

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