Il recupero di un paese

Uno dei requisiti essenziali affinché una località possa essere ritenuta accogliente dal punto di vista turistico, e di conseguenza attirare l’interesse dei visitatori, risiede nell’ordine e nell’armonia dell’ arredo urbano e dei fabbricati. E questo non è purtroppo un requisito di cui può vantarsi il nostro paese.
Vecchie case abbandonate e pericolosamente in rovina, anche nelle vie principali, strade e vicoli malridotti, intrecci di fili aerei, arredi urbani deteriorati, immobili edificati con stili variegati e spesso contrastanti con quelli limitrofi

o aventi forme poco adatte ad un paese di montagna, improbabili accostamenti nei materiali da costruzione o negli infissi. Tutto questo restituisce al paese un’immagine disordinata, specchio insieme di decadenza e di incuria. Le potenzialità turistiche vengono di conseguenza a ridursi drasticamente. Un costante impegno per migliorare il decoro urbano, sia negli interventi pubblici che in quelli privati, dovrebbe invece costituire una finalità primaria per un paese come il nostro, situato in un comprensorio a vocazione turistica. Un impegno che però si rileva solo sporadicamente.

La questione, che per noi riguarda  Cerqueto, ha in effetti una valenza ben più generale e coinvolge, in modo più o meno marcato,  tutti i paesi del nostro territorio.

Ogni intervento, ad esempio, che includa anche lavori che modificano l’aspetto esteriore delle abitazioni, andrebbe attentamente vagliato dagli uffici comunali appositi e non lasciato, come spesso accade, alla sensibilità del singolo! Spesso sembra che molti richiami doverosi ed evidenti vengano subordinati alle convenienze elettorali o ad una erronea idea di “vivere e lasciar vivere” per non urtare i proprietari.

Il fatto è che non abbiamo mai prestato grande attenzione a tale tematica e gli esempi sono sotto  gli occhi di tutti. Molti degli interventi pubblici e privati realizzati negli anni, hanno alterato l’antica fisionomia del paese, imperniata su case in pietra calcarea e strade in selciato, sempre in pietra, un insieme coerente e monocolore di materiali, come testimoniano le foto d’epoca.

Per quanto riguarda gli edifici privati, sono diverse le cause che hanno generato l’odierno scenario e non tutte rimandano a mancanze o ad inadempienze di noi abitanti, anche se queste sono comunque consistenti. Il nostro paese ha avuto un grande sviluppo edile negli anni settanta, quando ancora esso presentava un numero apprezzabile di residenti, tale da indurre i suoi concittadini ad avere una prospettiva di conduzione della vita nel proprio luogo di origine e tale, nel contempo, da stimolare le famiglie che si erano trasferite lontano, a ristrutturare la dimora originaria per poterci tornare nei periodi di ferie. In quegli anni non c’era purtroppo la consapevolezza di quanto importante fosse lo stile delle abitazioni, anzi questo veniva visto come qualcosa di futile e secondario rispetto alla parte strutturale.  Così intonaci in cemento e derivati, alluminio (per gli infissi), eternit, cortina e plastica, furono massicciamente utilizzati, tenendo in scarsissima considerazione l’estetica della parte esteriore. Dalla seconda metà degli anni ’80, il paese ha però subito una notevole involuzione, che si è riflessa sulla sporadicità di nuove costruzioni e sul logico degrado dei materiali di molte di quelle costruite negli anni ’70 ed ora quasi abbandonate, perché poco utilizzate dai proprietari non residenti. Oltretutto, solo alcune delle poche costruzioni realizzate in questi anni, rispettano i dettami di utilizzare forme, materiali e colori appropriati. L’insieme che ne consegue, come detto, è poco armonico e poco ordinato. Del resto il Piano Regolatore risale al 1977! Nel frattempo sono stati sperimentati altri materiali edili, altri colori ed altri metodi di costruzione.

Certamente, neppure gli interventi pubblici hanno rispettato il contesto ambientale: lungo le vie, molti muri di contenimento sono stati lasciati in cemento; l’acciottolato preesistente (che poteva essere in parte recuperato o rimpiazzato con materiali affini) è stato sostituito con l’asfalto o con materiali (porfido grigio, pietra serena arenaria ecc.) non certo adatti al nostro paese, che è invece situato in un territorio di natura calcarea; l’illuminazione pubblica in più zone è stata realizzata tramite pali di sostegno in acciaio (attualmente ricoperti oltretutto di ruggine) adatti più che altro alle vie di scorrimento di una città, piuttosto che ad un paese di montagna; alcune delle opere realizzate danno l’impressione (o effettivamente lo sono) di incompiutezza; in certi interventi sono stati utilizzati coppi moderni e grondaie zincate piuttosto che in rame (come per l’ex edificio scolastico o lo stabile messo in sicurezza lungo la strada principale del Piano) e così via.

Non è sicuramente facile adesso riconquistare un equilibrio architettonico cancellato nell’arco di quarant’anni.

Un’inversione di tendenza la si potrebbe ottenere solo se si riuscisse a cambiare radicalmente metodo operativo cominciando a ripensare il paese, le sue abitazioni, il suo arredo urbano e l’ambiente circostante come qualcosa da trattare con attenzione e rispetto facendo osservare sul serio ed in modo coerente il regolamento edilizio. E’ indispensabile recuperare per quanto possibile il suo quasi dissolto spirito originario e naturale di paese di montagna, concepire che la bellezza e l’armonia dell’abitato siano non qualcosa di superfluo, ma piuttosto qualcosa di ben più concreto e tangibile, che influiscono non solo sul pur importante appagamento della vista, ma anche e direttamente sulla stabilità e resistenza del paese stesso nel tempo presente e, non ultimi, nelle tasche degli abitanti e nella qualità della loro vita, considerato che tutto il borgo verrebbe rivalutato.

Ci sarebbe bisogno, a mio parere, di agire su due piani, distinti ma complementari. Il primo consiste nel completare o migliorare le infrastrutture e l’arredo urbano, così da rendere più accogliente l’intero abitato. Al presente non c’è uno spazio pubblico di cui si possa dire non necessiti di alcun intervento migliorativo: dal Castello fino al Casale e al Piano, sarebbero numerose le opere necessarie per un recupero architettonico. Lo stesso ingresso al borgo, che costituisce per il visitatore il primo impatto percettivo con il centro abitato, dovrebbe essere completamente sistemato, recuperando sia l’area non asfaltata in fondo allo slargo dove si fermano i pullman, sia le opere murarie in cemento, che conducono fino alla piazza e che sono da rivestire in pietra locale, sia la piazza stessa. Pochi mesi fa, per comparazione, è stato completato, con una spesa consistente, il recupero degli ingressi a Fano Adriano. 

Anche gli arredi, come panchine, lampioni, ringhiere, vasi di fiori, sono importanti. Attualmente si nota un disordinato assortimento di varie tipologie di panchina. In ferro, in ghisa, in legno o ricavate dalle travi di quercia, in diversi punti mischiate una con l’altra. Allo stesso modo sono state utilizzate diverse tipologie di lampioni o di ringhiere. Arredi acquistati e collocati in anni e periodi differenti, senza nessuna direttiva a monte a chiarire cosa fosse adeguato e cosa no per il contesto nel quale sarebbero stati sistemati. Manca in pratica una continuità urbanistica che invece rappresenta uno dei cardini per la valorizzazione di un borgo. I lampioni posizionati nelle vie periferiche sono, come detto, in acciaio e pieni di ruggine (saltano agli occhi quelli che vanno dal Rione Colle al Rione Castello). Se non ci sono fondi per cambiarli, dovrebbero essere almeno riverniciati! Come sarebbero da riverniciare le panchine ed i cassonetti in legno.  Particolare importanza ha pure una buona pulizia all’interno del paese, curando ognuno la pulizia all’esterno delle proprie abitazioni ed il Comune lungo le vie.

L’altro piano consiste nel promuovere la realizzazione di strutture in grado di riqualificare il luogo e di rendere interessante la visita al paese anche dal punto di vista  paesaggistico, oltre che grazie alle  potenzialità offerte dall’auspicata valorizzazione culturale delle tradizioni. Alcuni esempi sono le opere di abbellimento, quali l’installazione di fontane o opere d’arte, in luoghi appropriati. L’illuminazione artistica di punti notevoli (iniziata dalla pro loco con l’illuminazione della chiesa e del monumento ai caduti e non completata per i pochi fondi, ma ci sono altri punti che potrebbero essere valorizzati). Poi il recupero dei sentieri all’esterno del paese, come potrebbero essere la passeggiate fino alle “Plaje”, lungo la strada che porta ai Canili, o fino a Rio Ferroni,  tramite installazione di panchine, acqua ed illuminazione pubblica, così da poterci andare anche nelle sere estive. Importante sarebbe pure la realizzazione di sentieri dedicati, come il “percorso botanico” (un ampio assortimento di alberi, siepi e piante da piantumare lungo un tracciato specifico), o come il sistema integrato di percorsi tematici lungo i sentieri del presepe vivente (progetto presentato alcuni anni fa dalla pro loco), con strutture in pietra locale (aventi una duplice valenza, scenografica per il presepe e turistica), e con aree di sosta attrezzate, rendendo fruibile ai visitatori, in qualsiasi periodo dell’anno, tutta la bellezza di questa area boschiva,  o ancora, l’area attrezzata per camper, da realizzare nel vecchio campo sportivo, e così via. 

Sono piccole cose se considerate singolarmente, ma acquistano un notevole valore quando inserite in un contesto che offre la scelta di molteplici itinerari.

In un paese strutturato con queste caratteristiche, pulito, ordinato, con un tessuto urbanistico rispettoso del contesto ambientale e storico e con un’offerta culturale fondata sulle sue risorse naturali e sulla sua tradizione, si potrebbero creare  opportunità oggi neppure prese in considerazione.                                               

                                                                                                                                                                                                               Angelo Mastrodascio

 

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