Un sacrificio inutile

Un piccolo paese come Cerqueto ha dato un grande triste contributo alla guerra del 1940-43. Mi riferisco alla perdita di un notevole numero di vite umane. Molti giovani, arruolati come alpini nella gloriosa Divisione Julia  hanno partecipato alla campagna di Russia e non sono più tornati. Di questi giovani, forti, robusti, rosei, sono rimasti solo pochi resti associati a “fredde piastrine metalliche” di riconoscimento. Altri sono stati fatti prigionieri in Africa ed in Grecia, molti sono morti sulle loro navi insieme all’intero triste equipaggio. Siamo in piena guerra e le perdite navali nel periodo dal giugno 1940 all’8 settembre 1943 sono ingenti. Gli equipaggi risultano tutti dispersi.Gli ultimi mesi del 1942 avevano già evidenziato le differenze delle forze in campo e la guerra, persa già in partenza, aveva ormai le ore contate. Nel Mediterraneo si cercava di ritardare il più possibile lo sbarco alleato in Italia e l’asse dei tre Paesi Italia, Germania e Giappone cercava di “mantenere” la Tunisia e con essa il controllo del Mediterraneo.

Dal dicembre 1942 fino a maggio ‘43, il canale di Sicilia fu teatro di una serie di scontri divenuti sempre più cruenti. Il 12 maggio, la Tunisia cadde nelle mani degli alleati e successivamente si intensificarono i bombardamenti aerei e navali, cosicchè si arresero senza combattere, le due isole fortificate di  Pantelleria e Lampedusa. La marina italiana che aveva il comando di queste isole, incassò un duro colpo, sia per la credibilità verso la Nazione, sia nei confronti dell’alleato tedesco.

L’8 settembre fu firmato l’armistizio e fu la fine della guerra e di una grande marina militare.

Nella “rotta della morte”, così veniva chiamato il tratto di mare attraversato dai nostri equipaggi militari, affondarono anche 101 navi mercantili e 42 unità di vario genere.

Fu proprio nel canale di Sicilia che trovò la morte lo zio Romolo, a soli 33 anni.

Di Matteo Romolo era il quarto dei cinque fratelli di papà. Nato nel 1910,come tutti i piccoli della sua numerosa famiglia, si guadagnava da vivere facendo il garzone di greggi.

Quasi ventenne raggiunse il fratello, di qualche anno più grande a Roma. Lavorò in un’officina meccanica, conseguì una patente speciale. Divenne autotrasportatore.

Fu chiamato alle armi e arruolato nell’artiglieria.

Finito il periodo di leva obbligatoria, tornò al suo lavoro, si sposò con una bella ragazza ciociara, la zia Rosina.

Di lei ho un bellissimo ricordo: nonostante fosse vedova inconsolata, con due bambini orfani, quando tornava da Roma aveva il tempo per farci sorridere, ci truccava con rossetti  e creme e preparava con noi un teatrino|.

Per qualche anno gli zii vissero  felici, avevano due figli: la più grande, Maria  e il piccolo Domenico.

La loro felicità, però,  durò poco… Scoppiò la guerra e, nel 1940, lo zio fu richiamato. Era in servizio a Brindisi, e qui incontrò ultima volta suo fratello, papà Quintino.

Quest’ultimo era in aeronautica e l’aereo sul quale viaggiava aveva fatto scalo proprio in quella città.

Qui i fratelli s’incontrarono abbracciandosi commossi, rimasero un po’ insieme, giusto il tempo per il rifornimento dell’aereo. Era l’ultima volta, non si sarebbero più visti!

La nave sulla quale lo zio era imbarcato affondò nel Canale di Sicilia il 17 gennaio 1943.

La tragica notizia fu data a papà del suo comandante Oscar Secchi, il quale, nel consolarlo, riferì di aver perso anch’egli la sorella Vanda, crocerossina volontaria, caduta durante il siluramento della Nave Ospedale Po, nella rada di Valsane, il 14 marzo 1941.

Non ho avuto la possibilità di conoscere lo zio Romolo, mi rimane solo il ricordo del suo grande sacrificio.

Il suo nome, insieme a quello  di molti altri giovani, scalfito nella lapide del monumento ai Caduti di Cerqueto, viene ricordato da tutti.

Rita Di Matteo

 

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