Il Gallo Cedrone, un’opera in ferro battuto del Museo Etnografico di Cerqueto

.Il Gallo Cedrone, museo etnografico di Cerqueto (TE)1.  Gli studiosi di artigianato e di arte popolare sanno quanto siano stati utili, a datare dal 1861, gli interessi del desinger inglese William Morris  verso il lavoro artigianale e le arti applicate. Si deve proprio a Morris e alle strutture dell’Arts and Crafts Movement da lui promosse se i manufatti prodotti  a cavallo tra Ottocento e Novecento hanno assunto dignità d’arte e sono rientrati nel settore delle arti applicate. Affiancarono  William Morris anche altri designers. In breve, il rinnovamento inglese si allargò a tutta l’Europa.  Il gallo cedrone del museo di Cerqueto rientra, a pieno titolo, nel settore delle arti applicate.  Non è una scultura. E’ un bassorilievo sui generis  collocato  al centro di una grata in ferro battuto dal carattere marcatamente popolare. L’opera, di qualificata levatura artigianale, si presenta, soprattutto, come manufatto decorativo dove  la ripetitività  e la simmetria diventano  pregio e non difetto, mentre i girali delle aste rimandano alle simbologie del nodo.   Nessun uccello protegge il proprio nido più del gallo cedrone. Quindi l’autore della grata, con inveterata manualità e sensibilità, colloca il gallo cedrone a protezione di un’abitazione,  riponendo nella simulazione dell’agguato gli stessi  atteggiamenti che il gallo cedrone  assume a protezione del proprio nido.
La grata, in origine destinata a  una monofora archeggiata a sesto ribassato, sicuramente  aderiva  alle linee architettoniche di una finestra del centro storico di Cerqueto. Oggi  la grata con il gallo cedrone del museo cerquetano, anche se strappata dal suo contesto originale, fornisce, al di fuori e al di sopra dei vincoli simbolici, messaggi di consistenti valenze culturali.

 1.1 A datare dal dopoguerra, nell’ampio orizzonte dell’artigianato, il comparto del ferro battuto risulta fortemente compromesso dall’industrializzazione. La fiamma ossidrica e le nuove tipologie di saldatura  relegano in secondo piano sia la mazza e il martello che battevano sull’incudine sia la  chiodatura a fascette sostituita dalle saldature meccaniche.  Anche l’Abruzzo, ha subito la devastazione dell’aggiornamento tecnologico imposto dal lavoro industrializzato. In effetti, il progresso tecnologico ha prodotto solo opere di scadente manifattura artigiana. In brevissimo tempo, purtroppo, la nuova tecnologia ha inghiottito  secoli di  ben consolidate lavorazioni artigianali, che erano state valenze primarie  dell’artigianato abruzzese.    Valenze che, spinsero e convinsero gli organizzatori della Biennale di Monza del 1923 a  dedicare una  sezione particolare  al ferro battuto abruzzese, tanto era la finezza del fatto a mano, che caratterizzava i manufatti inviati dai nostri artigiani alla rassegna internazionale, allestita nella villa reale di Monza (Cfr., Emidio Agostinone, Le arti decorative abruzzesi, in Albia, gennaio-febbraio, 1924)

2.  Dagli studi di Giammario Sgattoni, di Paolo Toschi,di Augusto Gentili e di Titti Carta emerge che Nerito di Crognaleto, nel teramano, era tra i centri abruzzesi più famosi per la lavorazione  del ferro battuto.    A Nerito è ancora vivo il ricordo delle opere del fabbro Astolfo  Moriconi, artigiano che ha saputo mantenere viva una lavorazione artigianale autoctona, dovuta alla forgiatura ottenuta con l’uso del maglio idraulico.    La grata, recuperata dai collaboratori di don Nicola Jobbi, dopo riflessioni e paragoni, è stata attribuita al fabbro Astolfo Moriconi, da Nerito di Crognaleto.   Il Moriconi realizza le fattezze anatomiche del gallo cedrone tra memoria e realtà, dimostrando di essere attento osservatore delle  fattezze anatomiche del pennuto. Forme rese con  buona sintesi decorativa e linguaggio manifatturiero vernacolare.

                                                                                                                                                                        Vito Giovannelli

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