La magica arte dei carbonai

Quella dei carbonai è stata per lungo tempo una delle attività più antiche e redditizie anche  a Cerqueto perché un tempo si produceva il carbone non solo per uso domestico ma come fonte di guadagno.  Sono ancora ben visibili i segni delle numerose carbonaie che  fumavano fino agli anni 50 nel nostro bosco, Collembrésche, ricco principalmente di faggi.Ho avuto la fortuna di partecipare alla costruzione di una carbonaia e vi assicuro che è stata una delle esperienze più interessanti della mia vita, sicuramente un lavoro duro ma  pieno di fascino e di mistero, direi una vera  e propria arte.

Ero appena diciottenne nell’autunno del 1943 e come tutti i giovani della mia età  ero stato chiamato alle armi. Subito dopo l’Armistizio dell’8 settembre,  la Repubblica Sociale Italiana emanò diversi bandi di arruolamento  nelle sue file sotto minaccia di durissime sanzioni: era prevista la pena di morte per i disertori e per i renitenti alla leva. A Cerqueto il decreto fu affisso nei primi giorni di ottobre e ricordo benissimo che era firmato dal Feld Maresciallo Albert Kesserling. Nessuno di noi si presentò alla chiamata ma eravamo in preda al terrore di essere catturati dai fascisti e dai tedeschi.

Decidemmo così di allontanarci subito dal paese e di ritirarci in montagna. Ci organizzammo immediatamente con il preciso intento di fare il carbone. Gli artisti del fuoco oltre a Raffaele Marconi, il capo in assoluto, erano Luigi e Pietro Bianchini  e alla loro guida, addetti alla manovalanza, erano con me Goffredo Bianchini, Pietro Sciarretta, Pietro Marcone, Lino Di Matteo e Nunzio Marcone.  Collaborava con noi  poi  Lisetta Bianchini, allora giovinetta,  che provvedeva a rifornirci di cibo, facendo da spola tra Cerqueto e Collembrésche.

Alla guida dei nostri maestri, secondo una tecnica di produzione inalterata nei secoli, prima di tutto abbiamo preparato per diversi giorni la legna suddividendola a seconda della grandezza.  In mezzo alla foresta abbiamo preparato poi uno spiazzo abbastanza ampio, battendo il terreno. La costruzione della carbonaia è iniziata piantando al centro del terreno tre grossi tronchi in modo da formare un cilindro, il camino, con un diametro di circa trenta centimetri. E’ iniziata la sistemazione della legna  a strati sovrapposti attorno al camino, lasciando delle aperture alla base. I tronchi venivano sistemati con la parte più grossa in basso  in modo da produrre una inclinazione verso il centro. Inoltre si metteva la legna fine e media attorno al camino, poi quella grossa e media fino allo strato più esterno fatto di legna sottile. Il tutto veniva  predisposto con molta attenzione prevedendo la propaggine del fuoco e in modo da non lasciare spazi liberi. Alla fine la carbonaia è stata  ricoperta con uno strato di terra e di zolle erbose.  Il risultato è stato quello di una enorme cupola di terra con un foro centrale e degli sfiatatoi alla base. Attraverso il foro centrale con degli sterpi secchi abbiamo dato fuoco ala cupola. Da quel momento è iniziata una specie di veglia per controllare la combustione, che doveva essere lenta per far si che la legna non bruciasse completamente ma solo a metà. Se il fuoco era troppo forte Raffaele si affrettava a turare con delle zolle di terra l’uno o l’altro  sfiatatoio a seconda del vento   e a volte perfino tutti, per regolare l’immissione di ossigeno e di conseguenza anche la direzione del fuoco.  Bisognava garantire un controllo continuo sull’immissione d’aria e notte e giorno per 10 giorni  il fuoco fu alimentato attraverso il camino  e controllato fino a concludere la carbonizzazione. Per capire il punto di cottura della legna si interpretava il fumo che usciva dagli sfiatatoi e l’odore. Il fumo biancastro, denso e opaco indicava che la combustione era  in corso e che la legna doveva essere ancora disidratata. Il fumo giallastro, quasi marrone con un odore aspro e pungente indicava che era iniziata la carbonizzazione. Con il proseguire della cottura il fumo diventava celestino e sempre meno denso. Si seguiva anche il volume della carbonaia che lentamente si abbassava per la perdita d’acqua della legna durante la cottura. Quando Raffaele giudicò che la catasta era ben ardente in tutte le sue parti, soffocammo il fuoco con della terra e lasciammo raffreddare la massa divenuta intanto molto più bassa. Il mucchio venne poi demolito e al posto della legna trovammo il carbone con grande soddisfazione e gioia di noi tutti. Indimenticabili lo spettacolo incantevole, il fumo che si diffondeva fra gli alberi , colpito dai raggi di luce e l’odore particolare non del solito fumo che emana dalla legna o dall’erba che brucia ma un odore  inconsueto e indefinibile. La gioia durò poco perché la fine della carbonaia, che si protrasse per tutto il mese di ottobre, rappresentava anche  il ritorno ad una realtà tutt’altro che felice, in preda ad una autorità che si sosteneva solo con la paura indotta dalla ferocia dei  tedeschi e di fascisti.

A.D.C.   (Racconto di Lino Bianchini)

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