Paesi abbandonati

In estate, come sempre,  Cerqueto si rianima, diverse case si riempiono fino alla festa del Santo Patrono, S. Egidio, il 1 settembre. Ma le presenze sono sempre meno e con i ricambi generazionali, i legami sentimentali e culturali,  che le determinano,  si affievoliscono sempre di più.  I villeggianti estivi e dei fine settimana o qualche piacevole festa  sono un argine illusorio all’abbandono e il problema rimane in tutta la sua drammaticità. Spesso ci si trova immersi in una condizione surreale in cui il tempo sembra essersi fermato e dove fortemente si percepiscono decadenza e vita che fu. Preoccupante degrado sia dei singoli edifici, spesso fatiscenti, sia dell’ambiente circostante, ormai in preda alla conquista della natura.

In sintonia con il territorio circostante, la piccola comunità agro-pastorale di Cerqueto sorse e si sviluppò in un punto favorevole all’insediamento umano e alle attività agro-pastorali. Iniziato lentamente alla fine dell’800, l’ evolversi di dinamiche sociali, culturali ed economiche complesse e tra di loro interconnesse, ha determinato nell’arco di 80 anni il crollo del sistema secolare, portando ad un abbandono del paese. Le povere popolazioni di montagna, da sempre abituate a vivere in condizioni di semplice sussistenza, iniziarono ad avvertire nuove necessità e molti,  già abituati a spostamenti  stagionali per lavoro, emigrarono verso le Americhe, e successivamente verso la capitale, con viaggi che spesso furono definitivi. La SS 80 aveva pian piano fatto si che le vecchie mulattiere fossero abbandonate e che le automobili sostituissero i muli. Le nuove strade divennero, quindi, indispensabili alla vita soprattutto nei paesi più isolati. I paesi che per primi furono collegati al nuovo sistema viario riuscirono a neutralizzare il declino demografico con tutti i vantaggi che una strada poteva comportare;  Cerqueto fu raggiunto dalla strada asfaltata quando il declino aveva ormai aperto fessure irreparabili. Non più sorretto dalle secolari usanze di vita contadina, né da infrastrutture  adeguate , il piccolo sistema Cerqueto cominciò a sgretolarsi . Si aggiunsero poi le perdite dei giovani caduti nelle due guerre .

Il paesaggio è oggi, però, un testimone eccezionale: racconta le relazioni uomo-ambiente e il modo in cui erano percepite le strutture del territorio, indicandoci così la sua più vera e profonda identità. Vero e proprio museo all’aperto della cultura montana, che rischia di affondare nell’abbandono portandosi dietro un inestimabile patrimonio di risorse culturali e testimonianze di un passato a noi vicino, ma  sempre più lontano. Proprio in virtù di queste caratteristiche si possono forse creare i presupposti per lo sviluppo, sfruttando le risorse culturali di cui è portatore il paese, le sue antiche peculiarità e tradizioni,  ma solo se si ricrea una stabile attività economica sul territorio con gli abitanti locali.

Se si vuole che si torni a vivere a Cerqueto, dall’alto dovranno essere prese decisioni che incentivino i ritorni, recuperando e salvando parte di ciò che il passato ci ha tramandato, quello che le pietre grigie e le querce possono ancora raccontarci. Ben vengano quindi tutti i progetti volti a salvaguardare il nostro patrimonio, ben vengano tutte le fondazioni possibili, ma solo se possono apportare reali benefici sul territorio, evitando vantaggi apparenti che di fatto giovino più ad attori esterni al territorio, piuttosto che alla popolazione locale. Bisogna cercare di immettersi sul mercato turistico valorizzando le risorse presenti, recuperando quello spirito autarchico che per secoli ha sostenuto l’economia di questi monti.  Un contributo alla protezione dell’edilizia rurale potrebbe derivare dall’utilizzo di abitazioni ormai abbandonate, con investimenti iniziali non particolarmente elevati, dalla creazione di una forma di “albergo diffuso”. Oltre agli evidenti risvolti turistici, questo porterebbe non pochi vantaggi economici correlati ad armoniose ristrutturazioni intelligenti.

Bisognerebbe fornire un’attrattiva turistica, creare pacchetti vacanze a tema con corsi ed attività incentrate alla riscoperta delle vecchie abitudini e attività rurali ( riconoscere le piante, orientarsi, lavorare la terra, andare a dorso di mulo, riscoprire la cucina povera,  fare escursioni, potenziare la rete di sentieri e percorsi, sfruttare e recuperare le antiche mulattiere che si irraggiano dal paese alla montagna circostante, sfruttare i numerosi edifici in stato di abbandono, riadattandoli e rendendoli utilizzabili come rifugi). Le difficoltà non sono però poche, attualmente il territorio non vanta certo alcuna appetibilità turistica, ma con un serio ed oculato lavoro di pianificazione e riqualificazione si potrebbero ottenere dei risultati, soprattutto se si riuscirà a sfruttare  le tendenze del mercato turistico, sempre più tese a privilegiare la riscoperta dell’autenticità e delle antiche località a misura d’uomo, dove poter assaporare la genuinità della vita di una volta lontano da posti sovraffollati. Le speranze sono tante, ma la nostra montagna continua a spopolarsi, in un contesto simile è difficile creare economie perché, ancor prima dei soldi, mancano le intenzioni e le idee delle istituzioni e della gente e le tradizioni muoiono con gli ultimi vecchi depositari dell’antica cultura.

Una cultura che potrà essere sì mantenuta in memoria grazie ai musei,  salvaguardata e trasmessa come memoria storica, ma i musei non possono evitare la fine di un mondo che non ha basi di sussistenza.  Dopo il grande esodo del secolo scorso, quindi, è impossibile che la vita rurale torni a scorrere come una volta, senza tener conto dei cambiamenti del tempo che viviamo. Se la gente deciderà di rimanere e tornare su questi monti non sarà certo per lavorare la terra, anche se questo, insieme all’allevamento, sarebbe auspicabile. Perché ci sia salvezza per il paese bisogna perciò scommettere su una pianificazione adeguata e sull’innovazione, puntare sul turismo e conseguentemente ad un’adeguata formazione dei giovani. Solo il turismo rappresenta la speranza più concreta per la conservazione della storia contadina e pastorale, perché di questi tempi senza un ritorno economico è ingenuo pensare che enti e privati possano investire  dei soldi solo per amor della cultura. Per qualcuno tutto questo sembrerà  pura illusione, ma forse è l’unico modo per impedire che la natura si riprenda le sue pietre, spegnendo la vita e lasciando di Cerqueto solo un ricordo destinato a morire con i suoi vecchi.

 Adina Di Cesare

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