Pastorale sotto le stelle

Appuntamento da non perdere a Cerqueto, il 10 – 11 e 12 agosto per l’inaugurazione della Pastorale, la sagra cerquetana, quest’anno alla sua prima edizione. L’occasione è ghiotta per gustare, in una coregrafia di colori e sapori, nello scenario incantevole del Gran Sasso, le specialità e i prodotti tipici della cucina cerquetana, tra i quali spiccano  la pecora alla callara e il prelibato pecorino.

La sagra, come implica l’origine del nome  (dal latino  dies sacra), ha a che fare con cose importanti e sacre e deve essere considerata perciò la festa per eccellenza. È una manifestazione che lega la nostra terra ai frutti che questa stessa terra è riuscita  generosamente a dare e ci richiama al valore del nostro territorio. Come festa conviviale, attraverso il legame tra il territorio e particolari cibi, la sagra ci aiuta  a trovare punti di vicinanza con l’esperienza di lunga durata delle tante generazioni che ci hanno preceduto nel corso dei secoli e  restituisce dignità ad arti vecchie di millenni, amorevolmente tramandate di generazione in generazione, in un intreccio di tradizione e magia. La magia del latte che si trasforma magicamente in ricotta fumante, il miracolo della lana che si trasforma in filo sono sempre spettacoli affascinanti. La nostra è una sagra vera e autentica che tiene conto della parabola storica del nostro paese in un tentativo di recupero e valorizzazione della dimensione territoriale, della propria identità.

Da sempre terra di pastori, Cerqueto vanta una tradizione e una cultura agro-pastorale, anche se l’attività pastorizia è stata drasticamente ridotta negli ultimi decenni.  I  valori culturali della nostra gente sono intrisi di memoria pastorale nei riti, nelle abitudini e nei costumi di tutti i giorni.  È lecito, quindi, dire che la storia di Cerqueto è la storia della sua attività pastorale: ogni evento positivo o negativo, di tipo naturale o di tipo politico, riguardante la pastorizia,  ha inciso pesantemente la vita quotidiana, di tutti i cerquetani di un tempo, che dalla pastorizia traevano sostentamento.  C’è stata la pastorizia di tipo transumante verso la Puglia, dove le greggi venivano condotte attraverso le passate (percorsi obbligati) dai nostri monti negli appositi ovili assegnati (jazzi), per poi farle rientrare  in estate nei pascoli montani, non prima di aver venduto i prodotti della pastorizia alla fiera di Foggia, che aveva inizio l’8 maggio. Pagata la fida, i locati potevano rientrare con un nulla osta nei paesi di provenienza.  A partire dall’800, anche per l’abolizione della Dogana di Foggia,  si sviluppa la transumanza verso l’Agro Romano e i pastori di Cerqueto portavano a svernare i loro greggi nella campagna romana e sul litorale tirrenico. Questo fino  alla metà del secolo scorso. Accanto ad esse c’è sempre stata e, solo da pochi decenni  ha intrapreso la via dell’estinzione,  una forma di allevamento ovino a carattere locale,  meno appariscente ma piuttosto importante,  almeno dal punto di vista economico ed alimentare, esercitato da pastori-agricoltori, a conduzione familiare, con piccole e piccolissime greggi, ma sufficienti e di importanza vitale. Importanza vitale, in quanto quelle poche pecore costituivano le uniche fonti di proteine animali allora disponibili per i contadini e i pastori e anche l’unica fonte di ricchezza. Si vendeva il prelibato formaggio, la ricotta, si vendevano gli agnelli, si vendeva la lana; il ricavato serviva per soddisfare le altre esigenze. Le morre delle pecore, che, per recarsi a pascolare sulla nostra montagna, la mattina, di buon ora, attraversavano le stradine del nostro borgo, con qualche ciavarra impertinente, bisognosa di insistenti richiami da parte del pastore,  sono ricordi ancora vividi nella memoria di noi tutti. Dobbiamo saper cogliere e raccogliere quanto i nostri pastori hanno autonomamente seminato!

Gustare in allegra compagnia quanto il paese offre è sicuramente positivo, ma la sagra non può e non deve  essere ridotta a un puro fatto ricreativo e mangereccio, ad un momento di generica convivialità. È una celebrazione! Una celebrazione che rappresenta anche uno stimolo, una sfida e  una palestra per alleanze e per nuove iniziative e per sviluppare nuove conoscenze.  Una celebrazione che riprende molti dei contenuti del passato per trasferirli  nella nostra realtà attuale del terzo millennio. Per questo le tradizioni sono importanti, perché il paese  possa conservare nel futuro la sua fisionomia prima che diventi un luogo comune, un  non-luogo, nel senso di un paese omologato a tanti altri senza i  suoi valori peculiari e autentici, legati non solo al cibo ma anche alla cultura che lo ha forgiato nel corso del tempo.

Inoltre la sagra rappresenta a buon diritto l’orgoglio della piccola comunità di Cerqueto che organizza e sostiene un evento.  E poi stimola lo spirito di partecipazione, di aggregazione, di amicizia e di appartenenza. È uno spazio vitale che si inserisce nella dialettica tra  mondo locale e mondo globale, tra il microcosmo di Cerqueto e il macrocosmo circostante, in un circuito fortemente radicato nel territorio.   Le dinamiche di comunità  si rafforzano reciprocamente, tanto più se si tratta di una piccola comunità come la nostra: il senso di appartenenza e di identità rinnovato favorisce la fiducia e la disposizione a collaborare ad obiettivi comuni, costruendo un patrimonio sociale che si autoalimenta e si ripropone sotto altre forme. Ecco perché la sagra è inscindibilmente un fatto e un valore economico, sociale e culturale. Un valore che va interpretato anche nella dialettica tra la comunità e la realtà esterna, le comunità vicine, il visitatore. Un valore legato alla funzione di vetrina, di auto-rappresentazione verso l’esterno, della comunità, delle sue realtà aggregative. Certo che in questa visione la sagra è un volano e può stimolare altre iniziative, valorizzare prodotti e territorio molto al di là delle tre giornate della sagra. E’ sicuramente una opportunità per il nostro paese. Gli elementi distintivi, caratterizzanti  sono ambasciatori del territorio ma a loro volta creano l’attrazione del territorio.  E’ un gioco che produce una  somma estremamente positiva che si autorigenera, dove, se si superano le ataviche diffidenze, la collaborazione può dare frutti concreti e la sagra può essere un mezzo per la valorizzazione del territorio.

Non so chi  abbia scelto il termine Pastorale per la nostra sagra, ma certamente non poteva esserci termine più felice! Grazie  alla  grande genialità  di Beethoven, la parola ci riporta alla vita contadina e pastorale in tutte le sue dimensioni,  suscita emozioni profonde legate alla campagna, alla vita semplice della nostra gente, con tutte le sue difficoltà e i suoi momenti di gioia. Pastorale non è pastorizia, è qualcosa che va oltre le attività, si associa alla vita nella sua complessità e nella sua relazione profonda con la natura.

In un connubio inscindibile con la natura, a coronamento di una festa così importante, con il buio della sera si apriranno le porte alla volta celeste per l’osservazione delle stelle, sostenuta da personale specializzato e con l’ausilio di strumenti all’avanguardia per orientarsi nell’affascinante mondo stellare.

Grazie a chi ha sollecitato l’evento che, seppur in programma da diverso tempo, si sta realizzando solo ora e grazie a tutti coloro che, volontariamente, si stanno impegnando e si impegneranno per la riuscita dello stesso, sia a livello organizzativo che operativo, a beneficio di tutta la comunità.

Adina Di Cesare

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