Il mulino di Cerqueto

Forse non tutti sanno che nella zona a sud-ovest di Cerqueto, in prossimità del Rio San Giacomo, è stato in funzione un mulino fino a circa il 1870. Bisogna precisare che non era un mulino privato, ma di proprietà comunale. La gestione era affidata ad una persona del luogo. Il fabbricato del mulino era ubicato sull’area individuata dalla particella n° 307 del  foglio 28 del Comune di Fano Adriano, area che oggi appartiene al sig. Profeta Di Profeta. Il Rio San Giacomo, che in questa zona è chiamato, proprio a causa di ciò, Fosso del Mulino,  è un affluente del fiume Vomano, con una portata di acqua variabile a seconda delle stagioni,  massima in primavera e minima in estate.
Non potendo garantire la macinatura nei mesi estivi a causa della portata ridotta, il mulino aveva bisogno di un invaso per l’accumulo dell’acqua. L’invaso era stato ricavato sul terreno individuato dalla particella n° 39 del foglio 12 e tuttora di proprietà del Comune di Fano Adriano.

Il mulino era situato sotto il livello della strada che porta al torrente, sopraelevata di quasi tre metri rispetto ad esso grazie ad un muro in pietra, mentre l’invaso si trovava sopra la suddetta strada ad un dislivello di circa due metri, per cui il salto totale dell’acqua era di circa 5 metri. Un canale in terra (formale) derivava l’acqua del torrente verso l’invaso. Da qui l’acqua, grazie ad un canale di legno che come un ponte attraversava la strada, si riversava nelle pale del mulino provocando la rotazione della macina per defluire,  infine, in un punto del torrente posto più a valle.

Non si riesce a comprendere per quale motivo il mulino, che per secoli aveva macinato grano ed altri cereali per tutti gli abitanti del nostro paese, ad un certo punto, circa 150 anni fa, ha cessato di funzionare, senza che oggi sia rimasta alcuna traccia materiale della sua esistenza. Sappiamo della sua presenza dal racconto degli anziani e tramite alcuni documenti rinvenuti nell’Archivio di Stato di Teramo.

Infatti nella busta 451 dell’Intendenza Borbonica, presente nel suddetto archivio, si legge:

1818 “Richiesta di una nuova macina per il mulino di Cerqueto per la stessa   essersi resa inservibile”

1824 “Perizia per il riaccomodo del mulino di Cerqueto”

1829 “Esposto di Cesare Di Cesare per l’accomodo del mulino di Cerqueto”

1829/1830/1834 “Restauro del mulino di Cerqueto”

1835 “Costruzione di un canale in legno da collocarsi nel mulino di Cerqueto”

1841 “Accomodi del canale del mulino di Cerqueto”

1845 “Cesare Di Cesare, mulinaio di Cerqueto, chiede il restauro del mulino di Cerqueto”

1855 “Approvazione per la costruzione di un ponte su Rio Ferroni che da Cerqueto va al mulino e a Pietracamela”

Mentre nel pacco 716 dell’Intendenza Borbonica si legge:

1855 “Esposto di Luca Pisciaroli, primo eletto in Cerqueto, contro i furti del mugnaio Cesare Di Cesare a danno della popolazione.

L’ultimo esposto ci riporta alla ricorrente diatriba di quei tempi tra i mugnai ed i loro clienti i quali li accusavano spesso e volentieri di “fare la cresta” sul macinato.

Si può immaginare che la scomparsa del mulino, nonostante la sua vitale importanza per il paese, sia stata determinata dalla costruzione del mulino privato di proprietà dei Panza, situato al bivio di Cerqueto, in prossimità della confluenza del Rio San Giacomo con il fiume Vomano. Il Comune aveva forse convenienza alla sua dismissione, alleggerendosi così dalle spese di mantenimento ed evitando le eventuali controversie.

L’importanza che il mulino ha comunque avuto per la gente di Cerqueto è tuttora testimoniata dalla denominazione dei luoghi in prossimità di esso.

Infatti la strada che da Rio Ferroni va a Rio San Giacomo si chiama strada del mulino; la zona circostante é chiamata mulino e fino a qualche decennio fa era piena di orti terrazzati che gli davano l’aspetto di un grande giardino; il Rio San Giacomo in quella zona, come già accennato, viene chiamato dai cerquetani Fosso del Mulino e vi si trovano molti laghetti naturali incavati nella roccia scavata dall’acqua del torrente a forma di piccole piscine dove noi ragazzi andavamo quasi sempre a fare il bagno nel periodo estivo ed era anche il luogo di incontro delle donne che ci andavano a fare il bucato; la vasta zona scoscesa, ad esso di fronte, viene chiamata Coste del mulino.

Del nostro mulino rimangono solo questi nomi insieme al suo ricordo tramandato dai nostri antenati e non ancora cancellato dal tempo.

Vincenzo Pisciaroli

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