Primavera senza rondini a Cerqueto

I nostri centri urbani rappresentano l’habitat di varie specie di uccelli, che da tempi remoti o solo in epoche più recenti hanno scelto di condividere con l’uomo gli ambienti costruiti e gli stessi edifici, che possono rappresentare dei buoni surrogati di rupi e pareti rocciose naturali.  Tra gli abitatori alati dei nostri borghi e delle nostre città le rondini rappresentano senza dubbio le presenze più familiari e più evidenti, quelle che più animano i cieli urbani e quelle che scandiscono l’avvicendarsi delle stagioni con l’alternarsi dei ritorni, delle nidificazioni e delle partenze.


La comune espressione “rondini”, che deriva dal latino hirundo “rondine”, nel linguaggio usuale presenta un significato spesso abbastanza vago, perché viene utilizzata in maniera generica per indicare un insieme di uccelli diversi, legati agli spazi antropizzati e caratterizzati da aspetto ed abitudini abbastanza simili. Nella realtà questa somiglianza può essere solo superficiale, rappresentando l’esito di un processo di adattamento convergente che ha plasmato in maniera analoga uccelli che occupano nicchie ecologiche paragonabili, pur non avendo strette affinità filogenetiche.   Le cosiddette “rondini”, intese in senso lato, comprendono, infatti, varie specie piuttosto diverse morfologicamente e non sempre strettamente imparentate tra loro. Negli ultimi tempi alcuni di questi uccelli hanno subito un evidente calo numerico, mentre altri conservano contingenti abbastanza numerosi, sebbene più ridotti rispetto al passato. Nei centri urbani più piccoli, come quelli ubicati nelle zone montane, è possibile che la riduzione numerica globale si traduca nella scomparsa locale di alcune di queste specie, che può essere favorita dal mutare delle condizioni ambientali delle aree circostanti. Nell’ambito di questo raggruppamento di uccelli le specie più frequenti nei centri urbani del teramano sono il rondone (Apus apus) ed il balestruccio (Delichon urbica), mentre la vera rondine (Hirundo rustica) è decisamente meno comune negli ambienti cittadini. Come si evince infatti dal binomio scientifico latino, Hirundo rustica, la vera rondine da molto tempo non rappresenta una specie particolarmente numerosa nelle zone urbane, prediligendo piuttosto gli ambienti agresti, dove gli edifici si accompagnano a campi, pascoli e zone umide. La rondine (Hirundo rustica)  si distingue con facilità dagli altri uccelli di aspetto simile per la livrea caratterizzata da un’evidente gola rossastra, da fronte rossastra, dorso blu scuro con riflessi metallici, parti ventrali grigio-rosate (foto n.1). Le ali sono molto appuntite e la caratteristica coda è nettamente forcuta, di colore nero-bluastro con chiazze bianche sul lato inferiore, munita di penne timoniere esterne sottili ed appuntite, lunghe fino a 12 cm. La lunghezza totale del corpo raggiunge i 18 – 19 cm, mentre l’apertura alare si aggira sui 32-35 cm. Il richiamo è un caratteristico cinguettìo piuttosto armonioso. Anche nelle abitudini abbastanza peculiari la vera rondine si distingue dalle specie simili. Essa infatti sceglie in genere siti di nidificazione situati all’interno degli edifici, in ambienti comunque costantemente aperti verso l’esterno, come stalle, fienili, magazzini, cortili, chiostri, porticati e stanze non abitate, più raramente si adatta a nidificare sotto balconi e larghi cornicioni. A differenza di altre specie simili, la rondine non ha un volo veloce e rettilineo, ma molto irregolare e guizzante, per il continuo alternarsi di fasi planate e di improvvise virate che lo rendono nel complesso molto leggiadro. La specie, infatti, grazie alla tipica conformazione della superficie alare e della coda, munite rispettivamente di lunghe penne remiganti e timoniere, è particolarmente abile nei cambiamenti di direzione, motivati dalla necessità di raggiungere gli insetti dei quali si nutre. Le rondini non volano in genere a grande altezza, volteggiano leggere spesso a poca distanza dal suolo, soprattutto durante le ore pomeridiane ed in prossimità di corsi d’acqua e di stagni, dove è maggiore la disponibilità di prede. A differenza del rondone e del balestruccio la rondine predilige insetti piuttosto grandi, come mosche, tafani, farfalle e coleotteri, che cattura molto abilmente in volo, grazie alla bocca munita di apertura molto ampia, che raggiunge quasi la posizione degli occhi. In caso di necessità la specie, soprattutto durante la stagione primaverile, si accontenta anche di prede più piccole come afidi, zanzare ed efemere ed in alcuni casi può ricercare il cibo sul fogliame ed al suolo. A differenza di altre specie simili, la rondine si posa abbastanza di frequente, in genere su edifici e su cavi elettrici, ma talvolta anche sui rami di alberi o di cespugli.

La dieta basata su insetti di grandi dimensioni spiega l’attuale distribuzione della rondine, concentrata soprattutto nelle zone rurali e rappresenta, purtroppo, una delle cause della rarefazione della specie.   Il nido della rondine ha forma di una mezza coppa aperta superiormente ed è costituito da fango e da paglia, rivestito di piume all’interno. Esso può essere utilizzato dagli stessi individui per più anni successivi, dopo le opportune riparazioni. Viene costruito solitamente a ridosso delle pareti interne di edifici, ma queste devono avere una superficie piuttosto scabra, abbastanza simile a quella delle pareti rocciose che rappresentavano i siti originari di nidificazione della specie.  Talvolta il nido viene realizzato al di sopra di travi che ne assicurano il sostegno.  Le pareti rivestite da intonaco liscio degli edifici recenti si prestano poco a sostenere i nidi di questi uccelli. La nidificazione può avvenire da maggio ad agosto, periodo durante il quale possono essere deposte due o tre covate costituite da 4 o 5 uova bianche picchiettate di rossiccio, che vengono covate dalla femmina per 14 -15 giorni.  Durante il periodo della riproduzione le coppie di rondini tendono ad isolarsi nei siti di nidificazione, per cui la specie in genere non forma colonie numerose, riducendo in questo modo la competizione per le risorse trofiche tra gli individui. Al contrario le rondini diventano molto gregarie negli altri periodi e durante le migrazioni si raccolgono in stormi numerosi che sostano spesso in aree coperte da canneti (dormitori o in inglese “roost”) situate presso particolari zone umide come la Palude di Colfiorito in Umbria o il Lago di Lesina in Puglia. In Abruzzo le rondini arrivano solitamente tra la prima decade di marzo e la prima decade di aprile in relazione all’andamento delle condizioni meteorologiche. Come per i balestrucci, il ritorno avviene ad ondate, in concomitanza dell’instaurarsi di venti di provenienza meridionale, come lo scirocco, che ne agevolano il ritorno dalle regioni dell’Africa Settentrionale. Sono note delle località lungo il versante tirrenico della penisola italiana dove le rondini in arrivo si concentrano in grandi stormi prima di smistarsi sul territorio. La specie arriva con alcuni giorni di ritardo sul versante adriatico rispetto alle zone tirreniche perchè nella sua migrazione di ritorno procede da sud-ovest verso nord-est, superando l’Appennino con qualche difficoltà. La partenza verso i quartieri di svernamento che per le rondini europee sono situati soprattutto nell’Africa subsahariana, avviene invece gradualmente, tra la seconda metà di settembre e la fine di ottobre. Con la migrazione questi uccelli si spingono fino al Sudafrica, dove fin dal 1919 sono state osservare rondini inanellate in paesi dell’Europa Centro-Settentrionale. In alcune aree temperate dell’emisfero australe, come alcune zone dell’Argentina, gli esemplari svernanti possono nidificare.

La rondini si comportano da specie stanziali in Egitto ed in alcune zone meridionali della penisola iberica, eccezionalmente alcuni individui possono svernare anche in alcune aree italiane. La rondine presenta un vastissimo territorio di diffusione che oltre all’Europa comprende tutta l’Asia Centro-Settentrionale e l’America Settentrionale. In questo ampio areale la specie si suddivide in sei sottospecie, delle quali alcune si distinguono per le parti ventrali rossastre. La sottospecie diffusa in Europa è Hirundo rustica rustica.  Le diverse sottospecie utilizzano differenti aree di svernamento che vanno dall’America Centrale all’Australia Settentrionale. In provincia di Teramo la rondine è ancora abbastanza diffusa nelle zone agricole, soprattutto nelle valli fluviali, ma anche in siti collinari, senza raggiungere in genere elevate densità.  Sui rilievi dell’Europa Centro-Meridionale  essa può nidificare fino a 2000 m di altitudine. In Abruzzo il suo insediamento a quote elevate spesso è associato alla presenza di stalle e di bestiame pascolante.   La specie è presente anche nei centri urbani più grandi come Teramo, dove frequenta con alcune coppie le aree prossime ai corsi d’acqua. Rispetto al passato la rondine ha conosciuto comunque un netto calo numerico, che risulta più evidente se si raffronta la frequenza che la specie manifesta nel nostro territorio con quella che ancora raggiunge in alcuni settori di regioni prossime come la Puglia.

La diminuzione delle rondini in Abruzzo ed in molte altre regioni italiane ed europee è addebitabile ad una pluralità di cause. Tra esse quelle che rivestono maggiore rilievo sono la diminuzione delle risorse trofiche e la perdita di siti di nidificazione idonei, dovuta alla graduale scomparsa delle costruzioni rurali tradizionali fornite di stalle, ovili, fienili, cortili e porticati aperti. Le nuove tipologie di costruzioni rurali spesso sono prive di ambienti costantemente aperti verso  l’esterno, inoltre è diminuita la tolleranza verso le nidificazioni che avvengono all’interno degli edifici, per i problemi d’igiene che esse comportano. La maggior attenzione alle condizioni igieniche e la diminuzione del bestiame domestico influiscono negativamente anche sulla frequenza dell’entomofauna predata dalle rondini negli ambienti prossimi agli insediamenti umani. L’affermarsi delle moderne pratiche agricole, l’uso indiscriminato di pesticidi, la semplificazione degli agroecosistemi,  con la scomparsa dei prati e dei pascoli  tradizionali  e l’eliminazione di stagni, pozze, abbeveratoi e siepi campestri  rappresentano altri importanti fattori di alterazione della fisionomia della fauna entomologica. Questa alterazione si traduce soprattutto nella scomparsa degli insetti volatori di dimensioni medio-grandi, che priva le rondini della loro principale fonte alimentare.   Anche durante le  migrazioni e lo svernamento le rondini sono soggette a vari fattori di rischio. In questi periodi il comportamento gregario le espone maggiormente alla caccia nei luoghi di sosta e nei dormitori,  lungo le rotte di migrazione e nelle località di svernamento. Nei paesi in cui trascorrono il periodo invernale frequentano in genere le zone agricole e le aree antropizzate, ma questo comporta un elevato rischio di esposizione ad insetticidi ed a pesticidi il cui impiego può essere vietato in Europa. Il fatto che non tutte le popolazioni di rondini dei paesi mediterranei conoscano una riduzione numerica, sembra comunque suggerire che il peso dei fattori che incidono negativamente sulla consistenza delle popolazioni di questi uccelli nei luoghi di riproduzione europei, prevalga sul peso dei fattori che agiscono nei paesi di svernamento.

La famiglia degli Irundinidi, appartenente al grande ordine dei Passeriformi, oltre alla rondine (Hirundo rustica) comprende altre  ottantadue specie di uccelli dall’aspetto piuttosto simile e ben definito, diffuse in tutti i continenti. In Italia questa famiglia è presente con altre quattro specie: la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), il balestruccio (Delichon urbica), il topino (Riparia riparia) e la rondine rossiccia (Cecropis daurica). La prima  specie è abbastanza frequente nella nostra regione dove frequenta le pareti rocciose e gole montane presso le quali nidifica in anfratti e cavità. Talvolta la nidificazione può avvenire anche in edifici storici situati in zone prossime alle montagne. Nel teramano la rondine montana è presente nelle aree circostanti il Gran Sasso ed i Monti Gemelli, dove giunge alla fine dell’inverno, prima delle altre rondini e si può trattenere fino ad autunno avanzato. In alcune località della Sicilia la rondine montana si comporta da specie stanziale, inoltre questa specie tollera le basse temperature e può superare i periodi di tempo inclemente riducendo il suo metabolismo ed entrando in una sorta di letargo.  La rondine montana presenta parti superiori del corpo di colore grigio-bruno con riflessi verdastri  e parti inferiori di colore bruno chiaro, si distingue inoltre per la coda poco forcuta.

Nel teramano è segnalata anche la presenza del topino o rondine delle rive (Riparia riparia), una piccola rondine lunga solo 12 cm dotata anch’essa di coda poco forcuta e caratterizzata da livrea bruna uniforme sulle parti superiori e chiara inferiormente con fascia pettorale marrone.  Nidifica in colonie, entro buche scavate nelle scarpate arenacee lungo le sponde fluviali, ma anche in ambienti artificiali come le cave di inerti. In passato era abbastanza frequente in alcune località della provincia, anche lungo alcune trincee stradali, ma attualmente a causa del disturbo antropico e delle modificazioni ambientali il topino sembra decisamente rarefatto.

La rondine rossiccia in Abruzzo sembra essere specie solo di passo, la sua nidificazione è comunque accertata in Puglia, sul Gargano ed in altre zone della regione. Sembra frequentare soprattutto le aree dove sono presenti pinete di pino d’Aleppo (Pinus halepensis). E’ una specie piuttosto elusiva che costruisce un grande nido chiuso munito di un ingresso tubolare. Nidifica sotto i ponti, in grotte ed in edifici abbandonati. Nell’aspetto generale somiglia alla rondine ma possiede una livrea contraddistinta da aree fulvo-rossicce sul groppone e sulla nuca e sulla fronte, mentre il resto del dorso è bluastro, scuro. Le parti ventrali hanno una tinta fulva chiara con brevi righe più scure.

Il balestruccio (Delichon urbica), come si evince dal binomio latino, è una specie tipicamente legata ai centri urbani medio-piccoli, presente comunque anche negli ambienti rurali.  Nella provincia di Teramo ed in Abruzzo in genere rappresenta la specie più comune e più facilmente osservabile tra gli Irundinidi. I balestrucci presentano una tipica livrea bianca e nera, caratterizzata da dorso nero-bluastro, groppone bianco, ali nere e ventre bianco. Possiedono una coda breve e poco forcuta che ne facilita la distinzione dalle rondini. La lunghezza totale del corpo è di 13-14 cm, mentre l’apertura alare è di 28 cm. Il balestrucccio costruisce un caratteristico nido di fango a forma di  coppa, munito solo di una piccola apertura, che viene posizionato  sotto i cornicioni e sotto i balconi  degli edifici (foto n.2). Questa specie si riproduce talvolta in colonie numerose distribuite soprattutto nei quartieri periferici e nelle aree urbane prossime alla campagna ed ai corsi d’acqua. Attualmente sembra evitare le zone centrali delle città dove è diventato difficile trovare il fango con il quale viene costruito il nido e sono diminuiti gli insetti dei quali si nutre. A Teramo la specie appare notevolmente diminuita nel corso dell’ultimo decennio, come dimostrano i numerosi nidi ancora presenti su vari edifici, anche nei quartieri nuovi, che non sono più occupati da tempo (foto n.3). Questi nidi spesso vengono utilizzati per la nidificazione dai passeri (Passer italiae). I balestrucci sono  diminuiti anche nelle aree rurali e nelle zone montane del teramano, dove in alcuni piccoli centri urbani sembrano essere completamente scomparsi. La diminuzione di questi uccelli dal volo scattante,  in frenetico andirivieni sotto i cornicioni degli edifici,  costituisce  certamente un indicatore del depauperamento del nostro ambiente urbano, che viene a perdere uno dei simboli della bella stagione. Il loro caratteristico richiamo gorgogliante nelle ore di pausa del traffico rappresentava infatti una delle componenti principali dello sfondo sonoro primaverile ed estivo delle nostre città. Il balestruccio è una specie insettivora e come la rondine cattura gli insetti in volo.

La sua dieta si basa comunque su insetti di dimensioni medio-piccole come ditteri ed afidi, e su ragni che si lasciano trasportare dal vento sospesi a filamenti sericei. Questa tipologia di prede è abbastanza frequente anche in città, tuttavia negli ultimi tempi i cambiamenti ambientali che hanno interessato molte zone periurbane, con la scomparsa di prati e pascoli seminaturali e la tosatura troppo frequente dei prati presenti nei parchi e nei giardini  hanno provocato la riduzione di questa fonte alimentare. In zone dove sussistono ancora grandi distese erbose o vaste coltivazioni di cereali la consistenza numerica delle popolazioni di balestrucci si mantiene più stabile.  Il Balestruccio ritorna dai quartieri di svernamento situati nell’Africa subsahariana a partire dalla prima decade di marzo e fino alla prima decade di aprile, con arrivi che si accentuano in concomitanza di venti sciroccali.  La specie riparte in genere per l’Africa tra la seconda metà del mese di settembre e la prima metà del mese di ottobre.

L’impatto dei cambiamenti ambientali che hanno causato la diminuzione degliIrundinidi sembra aver influito in misura minore sull’abbondanza del rondone (Apus apus), che continua a popolare con colonie numerose i centri storici delle nostre città, così come i piccoli borghi di campagna.

Il rondone (Apus apus) appartiene alla famiglia degli Apodidi, che non presenta strette relazioni con gli Irundinidi e con l’ordine dei Passeriformi, mentre è invece affine ai Trochilidi, cioè ai colibrì, nonché ai Caprimulgidi, cioè ai succiacapre. Come i  colibrì anche i rondoni sono uccelli abilissimi nel volo, anche se hanno seguito un percorso evolutivo molto diverso rispetto ai loro parenti americani. Entrambi i gruppi sono comunque accomunati da una notevole riduzione delle zampe che appaiono deboli ed incapaci di consentire apprezzabili spostamenti sul terreno. Il significato del nome scientifico del rondone,  Apus apus è infatti “senza zampe”. A causa della riduzione degli arti inferiori i  rondoni evitano di posarsi a terra e sono in grado di spiccare il volo solo lanciandosi nell’aria da siti elevati, come edifici o pareti rocciose. Una volta in aria essi dimostrano una straordinaria capacità di volo che consente loro di compiere lunghissimi spostamenti in breve tempo e di dormire addirittura in aria. Il volo dei rondoni è veloce ed irruento, potendo raggiungere velocità di 220 km/h. Nessuna specie di uccello trascorre tanto tempo in aria quanto loro.  Si ritiene che dopo il periodo della nidificazione molti individui di questa specie riescano a trattenersi in aria per mesi. Per nutrirsi i rondoni si portano a grande altezza, anche di un chilometro e qui utilizzano la bocca dall’ampia apertura per ingerire piccole prede appartenenti a quell’insieme di minuti insetti e di ragni che costituisce una sorta di plancton aereo, sospinto ad alta quota dalle correnti ascensionali. In caso di maltempo possono spostarsi in volo per grandi distanze, superando anche il mare alla ricerca di località che offrano condizioni più favorevoli. Durante

questi periodi di assenza dei genitori i nidiacei di rondone possono entrare in una sorta di torpore, riducendo la loro temperatura corporea, in questo modo possono sopravvivere per vari giorni senza nutrirsi. I rondoni riescono dormire in volo portandosi a grandi altezze dalle quali discendono planando lentamente secondo traiettorie circolari, dopo un certo numero di giri si riportano ad alta quota per ricominciare la discesa con le stesse modalità. La possibilità di sfruttare risorse trofiche distribuite in regioni molto vaste spiega la relativa indipendenza di questi uccelli rispetto alle condizioni ambientali locali. Per questo a differenza delle rondini e dei balestrucci i rondoni possono comparire numerosi anche nei grandi agglomerati urbani  dove le risorse alimentari scarseggiano e l’atmosfera è inquinata. Il principale fattore limitante della loro presenza è rappresentato dalla disponibilità di siti adatti per la nidificazione. Essi infatti costruiscono i loro semplici nidi a coppa, costituiti da piume, foglie ed altri frammenti vegetali tenuti insieme da  saliva, nelle fenditure dei muri, sotto le tegole dei tetti e presso le grondaie.  Tutti questi ricoveri sono più frequenti nei vecchi edifici dei centri storici, mentre le costruzioni moderne dei quartieri di origine recente offrono a questi uccelli una gamma decisamente minore di siti di nidificazione. In tali casi la specie dimostra comunque la capacità di adattarsi anche ad ambienti di difficile accesso, come i cassonetti delle tapparelle. Questo spiega perché i quartieri moderni ospitano colonie molto ridotte di questi uccelli, mentre alcuni centri urbani di origine più antica si trasformano nella tarda primavera in vere “città dei rondoni”.  Per ovviare a questa perdita di biodiversità l’architettura ecologica prevede il posizionamento sotto i cornicioni e sotto i balconi dei nuovi edifici di particolari nidi-mattone, costituiti da mattoni cavi, recanti fori di opportune dimensioni che consentono l’ingresso e la nidificazione dei rondoni o di altre specie di uccelli antropocore come i passeri, la ballerina bianca (Motacilla alba), etc. Gli stormi di rondoni che si ricorrono nel cielo costituiscono un peculiare elemento del nostro paesaggio urbano, così come il loro garrire e stridere a distesa nelle ore pomeridiane rappresenta un indicatore preciso dello stato del ciclo stagionale, il segnale di una stagione calda ancora giovane. Infatti intorno al 20 luglio i rondoni, senza apparente spiegazione, abbandonano i nostri cieli per far ritorno nell’Africa subsahariana. Allora i pomeriggi estivi diventano silenziosi e solo in pochi luoghi in agosto ed anche in settembre è possibile ascoltare ancora garrire degli stormi di rondoni. Si tratta degli individui più giovani, che si trattengono ancora per alcune settimane nei nostri cieli prima di seguire gli adulti nella loro precoce migrazione. Questa è dettata dal loro orologio interno che li avverte dell’imminenza della muta, che solitamente inizia quando pervengono nelle zone di svernamento. I rondoni ritornano nella nostra regione intorno alla prima decade di aprile, ma alcuni individui giovani, riconoscibili per le remiganti usurate, arrivano più tardi, tra maggio e giugno. Il riconoscimento dei rondoni è molto agevole perchè presentano una livrea completamente nera, uniforme, ad eccezione dell’area del mento, che appare biancastra. La lunghezza del corpo è di 18 cm, mentre l’apertura alare misura 35 cm. Le ali sono slanciate e la coda è forcuta, ma in maniera meno accentuata rispetto alle rondini. Le somiglianze tra questi uccelli sono dovute solo a fenomeni di convergenza evolutiva, tuttavia appare evidente che il risultato di questi diversi percorsi evolutivi è stato in entrambi i casi veramente straordinario e solo questo basterebbe a giustificare un maggiore rispetto nei  confronti di questi singolari animali che hanno scelto di abbandonare le falesie rocciose e le savane africane per abitare presso le nostre dimore ed animare i nostri ambienti urbani.

Nicola Olivieri

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