Con il n°3 ho iniziato a collaborare a Cerqueto InForma con l’entusiasmo di chi, giunto ad una certa età, vuol ripercorrere la vita di Cerqueto attraverso i numerosi ricordi e le tante emozioni. Emozioni e ricordi da lasciare ai posteri, vera e autentica vita comune, vissuta con tanti sacrifici ma anche tanta allegria. E proprio l’allegria è alla base di questo mio ricordo che risale all’inizio degli anni 70. Doverosa è la premessa che segue per comprendere ciò che sto per descrivere. Mio padre, Natale Guida, ha vissuto da giovane a Cerqueto, prima di partire per tre campagne di guerra e tre anni di prigionia in Germania. Alla fine della seconda guerra mondiale, come tanti altri cerquetani, si era trasferito a Roma con la propria famiglia in zona Belsito-Montemario . Giunto alla meritata pensione, tornava sempre molto volentieri, a passare 4-5 mesi estivi nel suo paese nativo dove ritrovava gli amici della gioventù. Anche io, per diversi anni, dal 1963 in poi, venivo spesso a Cerqueto e ci lasciavo per circa due mesi estivi la mia famiglia. Lunghi soggiorni nel quale ho potuto conoscere molte usanze e costumi dei cerquetani e le loro grandi passioni, l’amore per la musica soprattutto, grazie al sempre più affascinante e allegro organetto. E proprio l’organetto è l’artefice principale delle serenate che mi accingo a raccontare. Dopo la cena, quasi sempre ci si ritrovava con tutti i vicini, nello spazio davanti le case, a prendere il fresco della sera e a conversare mentre i bambini erano intenti ai loro giochi. Una sera ad un tratto, mio padre prese l’organetto e iniziò a suonare i classici motivi paesani. La musica serviva soprattutto a far ballare e spesso stimolava il canto improvvisato fino a duellare con la voce tra compaesani con frasi improvvisate sul momento ma non per questo prive di significato. A dir la verità non sempre riuscivo a capire la composizione di quella musica e le parole che l’accompagnavano, ma mi piaceva ugualmente perchè trasmetteva allegria. Dopo le prime note la nostra piazzetta, in via del Colle, si riempì di tutti coloro che abitavano nei paraggi, ad iniziare da mio zio Francesco, anche lui suonatore di organetto, Antonio Moretti con la moglie Lina, una delle più scatenate ballerine di saltarello, Arcangelo Di Matteo, da me chiamato simpaticamente “maestro”, Pietro Misantoni (comunemente chiamato Pietruccio) con la moglie Angelina,Vincenzo Di Cesare con la simpaticissima consorte Angela, e naturalmente con tutti i figli attorno ad ascoltare e ballare. Ma furono soprattutto, il dirimpettaio di casa, Peppino Di Matteo, sposato con la sempre elegante moglie Sblannoretta (Anna Di Matteo) e Fiorangelo Mastrodascio, con la consorte, la mitica Marietta (Maria Ruscio) che iniziarono a dare voce alla musica, intonando stornelli vecchi e nuovi, accompagnati successivamente da molti dei presenti.
In poco tempo si formò un numeroso clan di persone che, su richiesta della signora Angela, si trasferì a “Villa Angela”, nome dato alla casa in via del Colle dal suo amato marito Vincenzo. Nel grande ingresso-cucina si iniziò a ballare e le donne in particolare si esibirono nei balli più scatenati, soprattutto, neanche a dirlo, il saltarello. Ad un certo punto, non ricordo chi suggerì di andare a fare il giro del paese e fare le serenate alle persone assenti in questa specie di sommossa popolare a suon di musica. Il percorso iniziò da Villa Angela per defluire, casa dopo casa, alla piazzetta del Casale. Ci si metteva sotto la finestra di una casa e giù la simpatica serenata in particolare rivolta alle donne che dopo poco si affacciavano. Se la luce di casa era spenta, vista l’ora della notte, la serenata era insistente finché una finestra si apriva e per qualche minuto anche la padrona di casa ascoltava e a volte partecipava al canto. Al termine della serenata veniva offerto da bere ai suonatori e cantanti , vino o birra, e cibarie varie in particolare uova. Sempre più incuriosito ed entusiasta da tale serata ad un certo punto fui colpito dalla partecipazione della gente al seguito degli attori principali da farmi ricordare la processione al seguito di Sant’Egidio Abate durante la festa. Incredibile! Dal Casale si andò per il Piano confermando sempre più il successo dell’iniziativa. In quel tratto di strada ricordo ancora in particolare la voce e la gioia di un uomo che ho sempre ammirato da quando nel lontano 1963 misi piedi a Cerqueto: Quintino Di Matteo. Un uomo che nella vita ha fatto principalmente il pecoraio, come Carino Misantoni. Entrambi con una cultura e intelligenza non comune. Ogni volta che li incontravo rimanevo affascinato ad ascoltarli tanto che perdevo la cognizione del tempo. Entrambi recitavano a memoria alcuni canti della Divina Commedia e di altri capolavori della nostra letteratura. Grandi uomini !
Dopo aver completato il Piano e successivamente il Castello si tornò al Colle, nello spazio antistante la casa del Parroco, allora Don Nicola Jobbi, dove la festa ebbe termine a tarda notte sempre con i balli e l’infinita energia delle donne con il loro saltarello, rifocillati e rinvigoriti da quanto ricevuto dalle serenate.
Chissà se in quella occasione anche Sant’Egidio si sia divertito e abbia benedetto, con il perdono, tutta quella gente così numerosa come fosse la festa del 1 settembre.
Vittorio Guida