Focus Natura – I bruchi defogliatori

Da due anni, ad ogni inizio primavera, abbiamo assistito alla proliferazione incontrollata di alcune famiglie di bruchi che hanno infestato sia i boschi che le piante da frutto, prime fra tutte il ciliegio ed il noce: era facile notare che nel giro di una sola giornata le foglie di una pianta venivano completamente divorate fino a far tornare invernale la fisionomia dell’albero.
Dopo aver raccolto alcuni di questi bruchi li abbiamo fatti esaminare all’amico e collega Nicola Olivieri, insegnante di Biologia e Scienze della Terra, delle cui grandi conoscenze sia di botanica che di zoologia avevo avuto dimostrazione  in precedenti conversazioni .

Quello che segue è il suo dettagliato ed interessante resoconto. Per quanto riguarda il nostro giornale abbiamo nel frattempo anche  pensato di affidare a Nicola una rubrica che si occupi dei più disparati temi riguardanti il mondo vegetale ed animale, sicuri che questi interessano ed appassionano molti di noi.
Chiunque poi desideri notizie o delucidazioni su argomenti specifici in tali campi può esporle al giornale e noi provvederemo a girarle a Nicola.           Angelo Mastrodascio        

 Le infestazioni di bruchi defogliatori nei boschi della valle del Vomano

Nella primavera del 2010, come pure in quella del 2009, i boschi che ammantano la vallata del fiume Vomano, alle falde del Gran Sasso, in provincia di Teramo, per alcune settimane hanno assunto un aspetto del tutto inconsueto per la stagione a causa di una massiccia infestazione di bruchi che hanno privato quasi totalmente molti alberi del loro fogliame. Quando nello scorso mese di maggio il collega Angelo Mastrodascio mi portò alcuni di questi bruchi raccolti a Cerqueto perché li esaminassi, mi ricordai di aver già avuto modo di osservare e fotografare lo stesso fenomeno anche nella primavera dell’anno precedente. Alla luce di queste osservazioni ed esaminando i bruchi raccolti è stato possibile formulare alcune considerazioni volte a fornire dei chiarimenti su di un evento che rientra in ogni caso nei normali cicli della natura.  

L’infestazione durante la prima metà del mese di maggio ha conferito una fisionomia decisamente “fuori stagione” soprattutto alle formazioni boschive che si estendono sul versante destro della vallata (foto n. 1), dove molti alberi completamente privi di foglie emergevano dall’insieme di chiome ancora tenui, spesso appena sfumate del verde tenero del nuovo fogliame in via di emissione dopo le defogliazioni causate dai bruchi. A testimonianza di quanto accaduto rimaneva ai piedi degli alberi e sull’asfalto della Strada Statale 80 anche un caratteristico accumulo bruno-giallastro (foto n .2), costituito dall’insieme dei resti del fogliame divorato dai bruchi, rosura e frammenti di dimensioni irregolari, variamente distribuita dalle acque piovane sulla sede stradale.

Osservando con attenzione le fronde degli alberi ed anche la vegetazione arbustiva era possibile individuare i numerosi bruchi all’opera, intenti a divorare il fogliame o in alcuni casi immobili in posizione mimetica sui rametti. Le prime osservazioni ponevano in luce che l’aspetto di questi bruchi era differente, alcuni apparivano decisamente pelosi, mentre altri erano privi di setole ed assumevano invece colori mimetici.  La diversa morfologia dei bruchi presenti denotava che la pullulazione di defogliatori riguardava differenti specie di lepidotteri che simultaneamente avevano conosciuto un cospicuo incremento numerico, tale da esercitare un pesante impatto sia sulla vegetazione arborea spontanea sia sulle colture di fruttiferi. L’infestazione ha interessato, infatti, buona parte delle essenze che costituiscono i boschi della valle, come il carpino nero (Ostrya carpinifolia) che origina estesi ostrieti, la roverella (Quercus pubescens) (foto n. 3) e l’orniello (Fraxinus ornus), coinvolgendo tuttavia anche varie specie arboree da frutto come il noce (Juglans regia) ed il ciliegio (Prunus avium). Portandosi a quote più elevate si poteva osservare che anche le chiome dei faggi (Fagus sylvatica) mostravano danni ascrivibili all’azione di larve di Lepidotteri sviluppatesi in proporzione superiore rispetto al consueto (foto n. 4). Le specie di Lepidotteri responsabili delle pullulazioni di bruchi che negli ultimi anni hanno interessato i boschi della valle del Vomano sono state essenzialmente il bombice dispari (Lymantria dispar) ed in misura minore il bombice dal ventre bruno (Euproctis chrysorrhoea), appartenenti alla famiglia dei Limantridi, la falena brumale (Operophtera brumata), la falena brumale del faggio (Operophtera fagata) ed Agriopis aurantiaria, che sono Geometridi, il Noctuide Orthosia miniosa e qualche altra. Le larve di queste farfalle notturne sono polifaghe, cioè non sono legate ad una particolare specie vegetale per le loro esigenze alimentari, come si verifica per altri bruchi, ma riescono a svilupparsi su varie essenze arboree.   L’opportunità di sfruttare una risorsa alimentare così ingente, costituita spesso da intere formazioni boschive, consente a questi insetti di raggiungere periodicamente elevate densità di popolazione, in

 

 

Foto n. 1  Carpini neri (Ostrya carpinifolia) defogliati in maniera quasi completa sul lato destro della valle del Vomano nel maggio 2009.  (Ph. N.Olivieri )

 

concomitanza del verificarsi di condizioni ambientali particolarmente favorevoli. Gli effetti sui boschi di queste pullulazioni di bruchi si manifestano in maniera molto evidente con la distruzione del fogliame durante i primi mesi della stagione vegetativa, danno che giustifica la denominazione di lepidotteri defogliatori. La comparsa in numero abnorme dei bruchi defogliatori segue in genere un andamento ciclico, che può avere tempi di ritorno diverso per le diverse specie, tuttavia il fatto che la pullulazione negli ultimi due anni nella valle del Vomano riguardi simultaneamente più lepidotteri lascia supporre che la motivazione vada ricercata soprattutto nell’andamento climatico, in particolare del periodo autunnale ed invernale. Alcune di queste farfalle, in particolare i Geometridi Operophtera brumata, Operophtera fagata ed Agriopis aurantiaria, presentano un ciclo biologico peculiare, con adulti che sono attivi durante le ore notturne nella stagione fredda (foto n. 7), in genere tra novembre e gennaio, periodo nel quale avviene la deposizione delle uova. In queste notti gli individui sono attivi anche quando la temperatura si mantiene su livelli di pochi gradi superiori allo zero. Si può ipotizzare pertanto che l’andamento mite del tardo autunno e dell’inizio dell’inverno, registratosi negli ultimi due anni, caratterizzati da precipitazioni nevose scarse e tardive, abbia favorito la sopravvivenza di queste farfalle durante il loro periodo riproduttivo, determinando il conseguente incremento numerico dei bruchi che si sviluppano durante la primavera. In questi Geometridi, a differenza di quanto accade per la maggior parte delle specie i cui adulti compaiono durante la bella stagione, le femmine sono microttere, cioè fornite di ali solo rudimentali e pertanto, a differenza dei maschi, non sono in grado di volare e si arrampicano sui tronchi degli alberi, dove depongono le uova.  Nella stagione fredda mancano, infatti, le fonti alimentari degli adulti, rappresentate in genere da soluzioni zuccherine, come il nettare dei fiori, che si possono raggiungere volando, mentre è molto elevato il rischio che i forti venti possano disperdere gli individui in volo, trasportandoli in ambienti sfavorevoli.  In queste specie si osserva invece una caratteristica tendenza alla dispersione durante le prime fasi di vita, i bruchi più giovani, infatti, in primavera si lasciano penzolare attaccati a fili sericei da essi prodotti ed in tal modo possono essere trasportati dal vento da un albero all’altro, anche per grandi distanze, eventualità che non costituisce un problema per delle larve polifaghe. I bruchi dei Geometridi presentano un aspetto inconfondibile ed una caratteristica modalità di locomozione che è valsa a queste farfalle la denominazione di geometre (foto n. 5), le larve, infatti, a causa della presenza delle pseudozampe (false zampe) solo nel sesto e nel nono (più decimo) segmento addominale, quando si spostano inarcano il corpo presentando una caratteristica andatura “a compasso” che dà l’impressione che misurino le distanze sulla superficie su cui si trovano. Per tale comportamento questi bruchi in alcuni luoghi vengono indicati con l’appellativo di “misurini”. La tipica disposizione delle pseudozampe e la colorazione generalmente criptica consentono ad alcune larve di Geometridi di immobilizzarsi aderendo con l’ausilio delle sole pseudozampe ai fusti delle piante, alla stregua di rametti sporgenti, per passare così spesso inosservati nei confronti dei predatori che, come gli uccelli insettivori, ricercano il cibo basandosi essenzialmente sulla vista.

Altri bruchi protagonisti di queste massicce infestazioni non adottano strategie di elusione

della predazione basate su colorazioni criptiche (omocromia) o sull’adozione di una forma simile a quella del supporto su cui si trovano (omomorfia). Le larve del bombice dal ventre bruno (Euproctis  

 

 

Foto n. 2 resti del fogliame divorato dai bruchi accumulatosi sulla sede stradale della SS 80 nel maggio 2009 (Ph. N.Olivieri)

 

chrysorrhoea) e del bombice dispari (Lymantria dispar) sono in genere ben evidenti sul fogliame perchè munite di una folta peluria e di colori abbastanza vistosi (foto n. 6). La loro caratteristica livrea rappresenta una sorta di avvertimento nei confronti dei predatori, possiede cioè un valore aposematico, in quanto segnala che i bruchi sono difesi da peli piuttosto urticanti.  In particolare le larve di Euproctis chrysorrhoea sono munite di ciuffi di corti peli dall’apice tricuspidato, concentrati in aree particolari della superficie del corpo definite “specchi”, che a seguito del contatto con la cute o le mucose per azione fisico-chimica possono causare irritazioni epidermiche nei vertebrati predatori, ma anche nell’uomo e negli animali domestici. Questi peli possono distaccarsi ed essere trasportati con facilità dal vento, per questo, nel caso di infestazioni massicce sostenute da questa specie è preferibile tenersi lontani dai boschi interessati durante mesi di maggiore presenza dei bruchi, in genere aprile e maggio, soprattutto nelle giornate ventose. Gli effetti del contatto e dell’inalazione dei peli appartenenti alle larve del bombice dal ventre bruno sono in ogni caso generalmente di entità inferiore rispetto a quelli determinati dai peli dei bruchi delle processionarie (genere Thaumetopoea, famiglia Notodontidae), presenti nell’Italia Centrale con due specie: la processionaria del pino (Thaumetopoea pytiocampa) e la processionaria della quercia (Thaumetopoea processionea), responsabili di dermatiti note con il nome di erucismo (dal latino eruca ‘bruco’).

 Tra le vere processionarie, definite in questo modo a causa del caratteristico modo di procedere in fila o per ranghi dei bruchi, allo scopo di rafforzare il potere dissuasivo del loro corredo di peli urticanti, solo quella dei pini è presente con una certa frequenza in Abruzzo, soprattutto sul pino nero (Pinus nigra), mentre la processionaria delle querce, più pericolosa e responsabile di defogliazioni in aree boschive di pianura e di collina costituite da querce caducifoglie, negli ultimi tempi ha fatto registrare infestazioni prevalentemente in Toscana.

Euproctis chrysorrhoea e Lymantria dispar sono definite anche “false processionarie” perchè i loro bruchi pelosi possono ricordare quelli delle processionarie, ma hanno comportamenti differenti e costituiscono una minore fonte di rischio per la salute umana.

 

 

Foto n. 3 Roverella (Quercus pubescens) completamente defogliata, maggio 2009. (Ph. N.Olivieri )

 

Il bombice dispari (Lymantria dispar) ha ricevuto questa denominazione specifica a causa del marcato dimorfismo esistente tra i maschi e le femmine adulte. I maschi hanno, infatti, ali di colore grigio ed antenne bipettinate e volano attivamente nei mesi di giugno e di luglio,

 
Foto n. 4 Foglia di faggio (Fagus sylvatica) attaccata da bruco di Operophtera fagata visibile a destra nella foto. Pietracamela,  giugno 2010 (Ph. N.Olivieri)

sia durante le ore notturne sia in quelle diurne, mentre le femmine, che raggiungono dimensioni maggiori ed hanno ali di colore biancastro normalmente sviluppate ed antenne filiformi, in genere non volano e rimangono sui tronchi degli alberi.  Il nome del genere, Lymantria, deriva invece dal greco lymanter, che ha il significato di dannoso, distruttore, con evidente allusione ai gravi danni che i bruchi di questa farfalla possono arrecare ai boschi ed agli alberi fruttiferi. Le larve del bombice dispari possiedono peli meno urticanti per l’uomo rispetto a quelli del bombice dal ventre bruno, ma sono ugualmente forniti di una livrea di avvertimento dai colori piuttosto vivaci, caratterizzata dalla presenza di lunghe setole e di tubercoli allineati di colore rosso e bluastro. Le setole ed i filamenti sericei da essi prodotti permettono a questi bruchi di farsi trasportare dal vento anche per distanze abbastanza grandi durante i loro primi stadi di sviluppo. In questo modo essi possono raggiungere località abbastanza distanti dal loro luogo di nascita, facilitando la diffusione della specie, altrimenti resa difficile dalla incapacità delle femmine di volare.  Questa strategia di dispersione somiglia a quella attuata da alcuni lepidotteri geometridi defogliatori ricordati in precedenza.

 
Foto n. 5  Bruco del Geometride  Agriopis aurantiaria  su carpino nero  nel maggio 2009 (Ph. N.Olivieri)

 

La frequenza delle pullulazioni di Lymantria dispar in alcuni luoghi segue un andamento ciclico abbastanza regolare, che può avere la durata di 8-9 anni o superare i 10 anni, sebbene vi siano comunque in questi cicli fluttuazioni determinate dall’andamento climatico stagionale. In altre aree i periodi di massima proliferazione della specie seguono un andamento più irregolare.

Le periodiche fluttuazioni numeriche cui vanno incontro le popolazioni di alcuni insetti negli ecosistemi forestali sono definite solitamente “gradazioni”, esse sono intervallate da fasi cosiddette di latenza nelle quali le specie interessate sono presenti con popolazioni ridotte. Nell’ambito di una gradazione vengono solitamente distinte tre fasi: la progradazione nella quale a causa di condizioni favorevoli la specie inizia ad aumentare secondo il proprio potenziale riproduttivo, la fase di culmine, quando la specie raggiunge densità molto elevate, ma iniziano ad aumentare anche i suoi nemici naturali, gli organismi antagonisti, e la fase di retrogradazione, nella quale la densità della popolazione gradualmente diminuisce per effetto dei fattori di controllo rappresentati dagli antagonisti che sempre più ne limitano la consistenza numerica, fino a ricondurla alla densità tipica della fase di latenza. In queste dinamiche può comunque inserirsi l’azione perturbatrice dell’uomo, che può interferire limitando, ad esempio, in maniera più o meno consapevole l’intervento di alcuni degli organismi antagonisti, con conseguenze negative sulla possibilità di ripristino dell’originaria situazione di latenza.  

 
Foto n. 6  Bruco di Lymantria dispar su carpino nero. Valle del Vomano (TE)  maggio 2009 (Ph. N.Olivieri)

Le oscillazioni periodiche del numero di individui rappresentano un fenomeno normale nell’ambito della dinamica di popolazione delle specie animali, pertanto la possibilità che periodicamente in comunità biotiche abbastanza semplificate, come sono gli ostrieti, i querceti e le faggete appenninici, si abbiano esplosioni numeriche di insetti fitofagi rientra, di norma, tra gli eventi da considerare fisiologici.

Fattori indipendenti dalla densità degli individui come l’andamento della temperatura e delle precipitazioni possono influenzare la crescita delle popolazioni di bruchi defogliatori determinando abnormi incrementi demografici, ma in genere nelle comunità intervengono presto processi di regolazione delle popolazioni a carattere interspecifico che ripristinano le situazioni di equilibrio. Questi processi coinvolgono altre specie che possono ricoprire i ruoli di competitori, predatori, parassiti e parassitoidi. Nel caso delle proliferazioni di Lepidotteri in genere gli agenti che possono limitare nel tempo il numero di individui sono essenzialmente i parassitoidi, i parassiti ed i predatori.

 I primi sono organismi che attaccano il loro ospite per via indiretta deponendo sul suo corpo delle uova da cui nascono delle larve che lentamente si nutrono dei suoi tessuti, uccidendolo in genere prima che possa completare il proprio ciclo di sviluppo, i veri parassiti invece sfruttano il loro ospite sottraendogli risorse, ma raramente ne causano la morte.  Tra i parassitoidi (o endoparassitoidi) dei bruchi vi sono molte specie di Imenotteri Terebranti e di Ditteri, in particolare tra questi ultimi quelli appartenenti

 

 

Foto n. 7  Maschio di  falena brumale (Operophtera brumata),  gennaio 2010. (Ph. N.Olivieri)

 

alla famiglia dei Tachinidi (o Larvevoridi). I Ditteri Tachinidi, dopo gli Imenotteri Terebranti, rappresentano i più efficaci regolatori delle popolazioni di Lepidotteri, essi, che hanno l’aspetto di normali mosche, depongono le uova sulla superficie o all’interno del corpo dei bruchi. Da queste uova nascono larve endofaghe che si sviluppano all’interno dei bruchi nutrendosi prima dell’emolinfa e poi dei tessuti, grazie alla secrezione di enzimi che ne disgregano le cellule, trasformandone gli organi interni in una sorta di soluzione liquida. Al termine della loro crescita queste larve abbandonano il corpo ormai privo di vita del bruco per impuparsi e dare origine agli insetti adulti.   Spesso i Tachinidi si comportano da endoparassitoidi nei confronti dei bruchi di varie specie di Lepidotteri, le loro larve sono quindi in genere oligofaghe o polifaghe, più raramente monofaghe. Alcuni studi hanno evidenziato che ben 18 specie di Tachinidi si comportano da parassitoidi nei confronti dei bruchi di Euproctis chrysorrhoea, mentre addirittura 30 specie possono sfruttare i bruchi di Lymantria dispar. Alcuni Ditteri Tachinidi come Exorista larvarum e Blepharita prtensis in natura svolgono un’azione piuttosto efficace nel limitare le proliferazioni del bombice dispari, mentre le specie europea Compsilura concinnata è stata impiegata nella lotta biologica contro i bruchi defogliatori, in particolare contro bombice dispari. Per tale scopo questo insetto è stato introdotto negli Stati Uniti d’America. Il suo impiego presenta comunque delle controindicazioni perchè, essendo una specie polifaga, si comporta da parassitoide anche nei confronti delle numerose specie di farfalle non dannose presenti negli ambienti naturali.  Maggiore successo ha avuto l’introduzione in Nordamerica del Tachinide europeo Cyzenis albicans per la lotta biologica contro la falena brumale, della quale è un endoparassitoide più specifico.

Gli Imenotteri Terebranti appartenenti alla famiglia dei Braconidi rappresentano tra gli insetti i nemici naturali più efficienti nei confronti dei bruchi defogliatori e diverse specie di essi vengono impiegate come ausiliarie nella lotta biologica e nella lotta integrata ai fitofagi dannosi. Le femmine di questi insetti posseggono un lungo ovopositore (terebra, che in latino ha il significato di trivella) che viene utilizzato per paralizzare le vittime e deporre le uova all’interno o sulla superficie del loro corpo. Le larve che si sviluppano da queste uova si comportano in genere da endoparassitoidi e riescono a compromettere le difese immunitarie dell’ospite, grazie all’azione di virus endosimbionti.  Tra le specie di questo gruppo più studiate in vista dell’utilizzo come ausiliari nella lotta biologica contro i bruchi defogliatori figurano Apanteles lacteicolor, Apanteles porthetriae e Meteorus versicolor.

Tra gli insetti che si comportano da veri predatori specializzati di bruchi e crisalidi, i più importanti nel nostro paese sono i Coleotteri Carabidi appartenenti al genere Calosoma, con le specie Calosoma sycophanta e Calosoma inquisitor. Si tratta di Coleotteri di grandi dimensioni, dotati di una vistosa colorazione iridescente, che volano e si arrampicano abilmente sui rami per raggiungere i bruchi. Essi rivestono un ruolo abbastanza efficace nel limitarne la presenza, dal momento che un solo esemplare riesce a divorare fino a 3000 bruchi di medie dimensioni nel corso della stagione calda. Purtroppo questi due coleotteri in genere non sono comuni lungo il versante adriatico dell’Appennino abruzzese, quindi il ruolo che possono svolgere nel regolare la consistenza dei bruchi defogliatori nell’area della valle del Vomano è molto ridotto. In alcuni luoghi C. sycophanta è stata utilizzata nella lotta biologica contro Lymantria dispar e per tale motivo l’insetto è stato introdotto in Nordamerica.

Altri predatori specializzati di bruchi sono, tra gli uccelli, il cuculo (Cuculus canorus) ed il rigogolo (Oriolus oriolus). Il cuculo, in particolare, riesce a nutrirsi senza problemi anche dei bruchi protetti da peli urticanti delle processionarie, che vengono invece evitati dagli altri uccelli insettivori, ed è molto abile anche nel localizzare le crisalidi posizionate sui tronchi, di cui talvolta riesce ad eliminare percentuali vicine al 20 %. Negli ultimi anni tuttavia la consistenza numerica di questo uccello sembra essere molto diminuita nella nostra provincia, come in altre aree europee, ed udire il suo inconfondibile richiamo nei nostri boschi, dove era comune in passato, è divenuto più difficile.

Il cuculo, come il rigogolo, è un uccello migratore che sverna in Africa ed in Asia Meridionale, possiede inoltre una complessa biologia riproduttiva, essendo parassita di cova, questo rende più difficile individuare con precisione le cause della sua rarefazione.

In natura comunque i più efficienti antagonisti dei bruchi defogliatori sembrano non essere né gli uccelli insettivori né altri insetti, bensì alcuni protozoi microsporidi che si comportano da parassiti intracellulari obbligati nei confronti delle larve dei Lepidotteri. Le infestazioni sostenute dai microsporidi in alcuni casi comportano una mortalità che raggiunge il 90 % tra i bruchi che si trovano nelle ultime fasi del loro sviluppo.  Un rappresentante ben noto di questi protozoi microsporidi è Nosema bombycis, agente responsabile della pebrina, un’affezione dei bachi da seta studiata da L.Pasteur, che causò gravi danni economici alla bachicoltura europea intorno al 1850. In Europa la specie Nosema chrysorrhoeae infesta le larve di Euproctis chrysorrhoea mentre Nosema serbica e Nosema portugal si comportano da parassiti nei confronti delle larve di Lymantria dispar. Questi microrganismi, che potrebbero risultare molto efficaci per fronteggiare le invasioni di Lepidotteri defogliatori, hanno ancora poco successo nella lotta microbiologica, poiché presentano difficoltà di coltura e di conservazione.

Nella lotta microbiologica contro questi insetti i risultati migliori sono stati ottenuti utilizzando agenti virali e soprattutto batterici. Tra i virus vengono impiegati alcuni baculovirus (virus dotati di capside dalla forma di bastoncino), in particolare i cosiddetti baculovirus della poliedrosi, che danno origine nelle cellule a corpi di inclusione proteica di forma poliedrica che includono le particelle virali. I corpi di inclusione proteica poliedrici possono formarsi nel nucleo delle cellule, allora i virus sono definiti NPV (da nuclear polyhedrosis virus) o nel citoplasma (CPV da cytoplasmic polyhedrosis virus), questo accade nei cypovirus. I baculovirus NPV attaccano soprattutto le larve dei Lepidotteri, in maniera specie-specifica. Il contagio nei bruchi avviene per ingestione, i virus si attivano nell’apparato digerente dell’ospite e ne infettano le cellule, determinando un’infezione che comporta un tasso di mortalità vicino al 100 %.  I bruchi che muoiono assumono posizioni caratteristiche, ad esempio lasciandosi penzolare verticalmente dai rami, che facilitano la dispersione nell’ambiente delle particelle virali che fuoriescono dalle loro spoglie. Alcune infestazioni di Lymantria dispar sono state controllate con successo utilizzando preparazioni del baculovirus NPV specifico per questa specie.

Molto più diffuso è il ricorso ai batteri nella lotta ai defogliatori ed in generale agli insetti fitofagi, tanto che per i derivati batterici è in uso il termine di bioinsetticidi. Tra i batteri la specie più largamente utilizzata è Bacillus thuringiensis con le sue sottospecie. B. thuringiensis fu scoperto nel baco da seta in Giappone nel 1901 da S. Ishiwatari e denominato Bacillus sotto, in seguito fu nuovamente descritto nel 1911 da E. Berliner che, avendolo isolato da larve della tignola della farina provenienti dalla provincia tedesca della Turingia, gli attribuì il binomio scientifico attualmente in uso.  Nel 1915 Berliner scoprì l’esistenza di cristalli all’interno delle cellule di B. thuringiensis. In seguito si è scoperto che questi cristalli proteici, detti corpi parasporali, contengono una tossina che, se ingerita da un insetto sensibile, ne blocca l’attività intestinale causandone la morte. Nel 1920 questo batterio iniziò ad essere usato come insetticida e negli ultimi quattro decenni il suo impiego e la sua commercializzazione si sono largamente diffusi. Sono note varie sottospecie di Bacillus thuringiensis ognuna caratterizzata da un’attività selettiva nei confronti di singoli gruppi di fitofagi.  Le sottospecie kurstaki, entomocidus, galleriae ed aizawai sono attive nei confronti delle larve di alcuni gruppi di Lepidotteri ed in particolare la sottospecie kurstaki è largamente utilizzata nella lotta microbiologica contro i defogliatori.  I formulati a base di B. thuringiensis subsp. kurstaki sono attivi solamente nei confronti dei bruchi e non causano danni agli altri gruppi di insetti ed ai vertebrati, questa selettività negli effetti ne giustifica il largo impiego nella lotta biologica anche in campo forestale.

Tra le misure di controllo biologico dei Lepidotteri si può anche ricordare la cattura massiva o massale dei maschi tramite trappole a feromoni che sfruttano l’attrazione verso particolari sostanze odorose emesse dalle femmine, questa strategia fornisce risultati positivi solo in aree forestali circoscritte, mentre il suo impiego risulta molto utile nel monitoraggio della frequenza degli individui adulti nel corso dell’anno, allo scopo di predisporre in anticipo interventi di controllo dei fitofagi.   

Gli interventi di lotta biologica e microbiologica nei confronti dei lepidotteri defogliatori in ambito forestale non sono per altro sempre giustificati in quanto se la densità dei bruchi non è particolarmente elevata la riduzione della biomassa fogliare subita dalle piante ha effetti temporanei che non ne compromettono i processi fisiologici.  In caso di defogliazione completa gli effetti fisiologici possono essere più pesanti con riduzioni della produzione di semi, anche per periodi di più anni, tuttavia in genere, come si è osservato anche nella valle del Vomano, nel giro di poco tempo si ha l’emissione di nuove foglie e di getti tardivi (detti in alcuni luoghi getti di San Giovanni) e la biomassa fotosintetica viene ripristinata rapidamente. Nel caso di defogliazioni complete ripetute per più anni consecutivi gli effetti sugli alberi possono essere più gravi, con alterazioni del tipo di sviluppo e produzione anomala di germogli basali, tuttavia l’azione di fattori naturali di regolazione come l’incremento dei predatori, dei parassiti e dei parassitoidi impedisce in genere il perpetuarsi di situazioni di squilibrio nella dinamica degli ecosistemi forestali. Gli interventi di lotta biologica e l’uso eventuale di insetticidi chimici si possono giustificare nei casi di infestazioni massicce a carico di boschi costituiti da essenze pregiate o in presenza di bruchi dotati di peli fortemente urticanti, come quelli delle processionarie, che possono comportare rischi per la salute dell’uomo e degli animali domestici.

Interventi fitosanitari mirati si possono rendere necessari se l’infestazione di defogliatori coinvolge anche le coltivazioni o se prendendo le mosse dagli alberi dei boschi i bruchi raggiungono i frutteti vicini rischiando di comprometterne la produzione.

Le principali specie di Lepidotteri defogliatori responsabili delle infestazioni

 

Lymantria dispar (L.) Famiglia Lymantriidae

Nome comune: bombice dispari o limantria.

Caratteristiche dell’adulto: il maschio possiede ali anteriori bruno-grigiastre percorse da linee irregolari più scure, ali posteriori chiare munite di una fascia più scura verso il bordo esterno, antenne bipettinate.

Le femmine, di dimensioni maggiori rispetto ai maschi, raggiungono un’apertura alare di circa 6 cm. Hanno ali anteriori bianco-giallastre con alcune striature più scure irregolari, mentre le ali posteriori, che sono ugualmente chiare, presentano due linee di punti più scuri lungo il margine esterno. Le antenne sono semplici.

Stadi preimmaginali: le uova sono giallastre, deposte in insiemi di alcune centinaia, protette da una peluria feltrosa giallastra. Il bruco è peloso, di colore grigio-bruno, munito di fasci di setole sporgenti e di file di tubercoli rossi, che diventano bluastri nei segmenti situati presso la testa. Le dimensioni raggiungono i 70 – 80 mm nelle ultime fasi di sviluppo. La crisalide è marrone, coperta parzialmente da peli.

Biologia: i bruchi sono polifagi, potendosi nutrire delle foglie circa 400 specie diverse di alberi, arbusti ed anche piante erbacee.  Tra le specie arboree attaccate figurano aceri, carpini, faggio, olmo, ontani, tigli, querce, etc. Tuttavia la specie predilige soprattutto le specie appartenenti al genere Quercus, in particolare la roverella (Quercus pubescens). Provenendo dai margini dei boschi i bruchi possono raggiungere i frutteti, dove i danni maggiori riguardano le Rosacee ed in particolare il ciliegio. Su questo albero le larve recidono i piccioli dei frutti determinandone la caduta.   La specie è univoltina, possiede cioè una sola generazione annua. Le uova vengono deposte in estate sui tronchi degli alberi dalle femmine, che generalmente non volano. I gruppi di uova (ovature) sono protetti da peli, poiché le larve svernano all’interno dell’involucro dell’uovo. In primavera i bruchi si diffondono nell’ambiente raggiungendo anche alberi distanti alcuni chilometri, grazie ai lunghi peli ed ai fili sericei emessi, che consentono il trasporto passivo da parte del vento. Nei primi stadi di sviluppo i bruchi si nutrono durante le ore diurne, in seguito lo fanno nelle ore notturne. I bruchi si possono rinvenire fino a giugno – luglio. Le crisalidi generalmente sono localizzate sugli alberi sui quali si sono sviluppati i bruchi.  Gli adulti compaiono in giugno-luglio, più raramente in agosto e settembre.  Solo i maschi volano attivamente, sia durante le ore diurne, che in quelle notturne, mentre le femmine rimangono in genere sui tronchi degli alberi dove sono sfarfallate mantenendosi attive anche di giorno. Durante le fasi di progradazione delle infestazioni il numero di ovature visibili sui tronchi aumenta notevolmente, segnalando il rischio di una possibile pullulazione di bruchi durante la primavera successiva.

Diffusione: la specie ha un’area di distribuzione molto vasta che comprende Europa, Asia Centrosettentrionale ed Africa Settentrionale, spingendosi dalla penisola iberica al Giappone. E’ stata inoltre accidentalmente introdotta nell’America Settentrionale dove si è diffusa nelle regioni orientali. In Italia è presente in tutte le regioni, sia nelle zone di pianura sia in quelle collinari e montane.

Interventi di difesa: in genere non si giustificano per infestazioni in ambiente boschivo che possono essere contrastate da organismi antagonisti, nel caso di intense pullulazioni in boschi di particolare pregio o valore ambientale si può intervenire con prodotti a base di Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki (Btk), che, con le dovute autorizzazioni, possono essere irrorati anche per via aerea. Gli interventi hanno successo quando i bruchi sono ancora giovani e si nutrono attivamente, questo accade generalmente entro la prima metà di maggio. Tali interventi andrebbero programmati in base ai risultati di un monitoraggio continuo della frequenza della specie.  Per gli interventi riguardanti gli alberi fruttiferi nelle infestazioni allo stadio iniziale si possono utilizzare prodotti a base di Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki altrimenti si può ricorrere ai prodotti normalmente utilizzati contro le larve di Lepidotteri.

  
Foto n. 8   Maschio di Lymantria dispar, giugno 2010. (Ph. N.Olivieri)

 

Euproctis chrysorrhoea L. Famiglia Lymantriidae

Nome comune: bombice dal ventre bruno o bombice dal ventre d’oro.

Caratteristiche dell’adulto: le ali nei due sessi presentano una tipica colorazione bianca, leggermente più opaca nelle femmine, sulle ali anteriori dei maschi possono essere presenti alcuni punti neri. L’estremità dell’addome è ricoperta da peli giallo – rossastri, più fitti ed evidenti nelle femmine, che li adoperano per coprire le ovature.  Le antenne sono bipettinate nei maschi e filiformi nelle femmine. L’apertura alare oscilla tra i 30 ed i 40 mm.

Stadi preimmaginali: le uova sono sferiche, lievemente schiacciate alle estremità, la loro colorazione vira nel tempo dal giallastro al bruno dorato, vengono ricoperte dai peli bruno-rossatri che si staccano dall’addome delle femmine. Il bruco presenta colore bruno, marmorizzato di grigio scuro e di bianco, con prevalenza di chiazze bruno-rossastre nei segmenti toracici, mentre il resto del corpo e contraddistinto dorsalmente da una fascia scura ai bordi della quale si evidenziano aree bianche. Sul sesto e sul settimo segmento del corpo, in posizione dorsale, sono evidenti due tubercoli dalla intensa colorazione rossastra. Altri tubercoli di colore meno intenso situati sul dorso e lungo i lati ospitano peli urticanti dalla tonalità ocracea. La crisalide è bruno scura, protetta da un bozzolo più chiaro, poco consistente che è formato anche dai peli del bruco.    .

Biologia: i bruchi sono marcatamente polifagi, ma la specie mostra una certa predilezione per le Rosacee, anche arbustive, e le querce. In caso di infestazione le larve possono svilupparsi comunque su una vasta gamma di specie di latifoglie che comprendono anche carpini. olmi, frassini, faggio, nocciolo, salici, robinia ed arbusti come il biancospino. Frequentemente la specie attacca gli alberi da frutto, come ciliegio, pero e melo, e varie piante ornamentali. La specie è tipica dei boschi decidui situati in aree collinari e di media montagna, ma tende a diffondersi anche in località più aperte, come i margini stradali e le aree coltivate, soprattutto se prossime ai boschi. I bruchi possono causare marcate defogliazioni, che si ripercuotono sulla produttività e la salute degli alberi, aprendo la strada ad altri parassiti. Il ciclo biologico è univoltino, gli adulti compaiono tra giugno ed agosto ed hanno abitudini notturne. Le uova, protette dai peli rossastri, sono deposte durante l’estate sui rami sommitali degli alberi e degli arbusti. Dopo un periodo di circa 10 – 20 giorni nascono le larve, che inizialmente tendono a rimanere associate, nutrendosi della pagina superiore delle foglie. La loro presenza può essere riconoscibile grazie al caratteristico arrossamento che interessa il fogliame dei rami apicali. In questo periodo i bruchi costruiscono ripari formati da foglie legate mediante fili di seta nei quali si rifugiano durante le piogge e nelle ore più fredde. Con l’approssimarsi dell’autunno i bruchi costruiscono nidi comuni piriformi lunghi fino a 15 cm, costituiti da fili sericei. Tali rifugi di solito vengono posizionati sui rami periferici. All’interno di essi i bruchi trascorrono l’inverno per poi riemergere in marzo – aprile.  In questo periodo mostrano ancora costumi gregari, ma in seguito tendono ad isolarsi. In giugno, dopo aver subito otto mute, le larve s’incrisalidano al suolo, tra il fogliame secco, ai piedi degli alberi. Gli adulti sfarfallano dopo circa 15 giorni.

Diffusione: l’areale di distribuzione originario comprende l”Europa, l’Africa Settentrionale ed alcuni settori del vicino oriente come la Turchia e l’Iran, ma la specie è penetrata in seguito ad introduzione passiva anche in America Settentrionale nel 1895. In Italia si rinviene soprattutto nelle regioni centrali e settentrionali, ma sono note infestazioni anche nelle regioni meridionali e nelle isole, compresa Pantelleria. In genere sui rilievi non si spinge, oltre la quota di 1200 m.

Interventi di difesa: possono essere eseguiti dopo la nascita dei bruchi, utilizzando prodotti a base di Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki (Btk) o nei casi più gravi inibitori della crescita delle larve, come il diflubenzuron o composti fosforganici citotropici come azinphos-metile e phosalone. Per alberi di grandi dimensioni sono possibili anche trattamenti endoterapici che consistono nell’iniettare direttamente nei fusti soluzioni dosate dei principi attivi riducendo l’impatto del trattamento sugli altri organismi.

Operophtera brumata L.  Famiglia Geometridae.

Nome comune: cheimatobia (dal greco cheima ‘inverno’) o falena brumale.

Caratteristiche dell’adulto: il maschio presenta ali anteriori di colore grigio-bruno percorse da linee sinuose trasversali più scure, le ali posteriori sono grigio-biancastre. L’apertura alare misura 22-28 mm. La femmina è grigia, microttera, dotata ali rudimentali, sfrangiate e coperte da peli chiari, molto più brevi dell’addome.

Stadi preimmaginali: le uova subito dopo la deposizione hanno colore verde, in seguito assumono una tinta arancione. Il bruco inizialmente è contraddistinto da una livrea rossastra con capo di colore nero, successivamente assume una colorazione completamente verde, con la presenza di tre linee longitudinali sul dorso, di cui una centrale più scura e due laterali più chiare. Nelle ultime fasi di sviluppo raggiunge la lunghezza di 2 -3 cm. La crisalide ha un colore bruno-rossastro.

Biologia: i bruchi sono polifagi ed attaccano numerose latifoglie forestali come querce, carpini faggio, olmo, tigli, frassini, etc., si insediano inoltre su molte piante frutto come ciliegio, pero, melo, susino, etc. Come si evince dal nome della specie gli adulti emergono durante il tardo autunno o nei primi mesi dell’inverno, fino a febbraio, talora ancora in marzo. Gli adulti sono attivi durante le ore serali e notturne, anche con temperature di pochi gradi superiori allo zero. Mentre i maschi volano le femmine, che sono incapaci di volare, risalgono i tronchi degli alberi fino ai rami più alti. In questo ambiente avvengono gli accoppiamenti e la deposizione delle uova, in maniera isolata presso le fenditure della corteccia o le gemme. I bruchi nascono in primavera ed inizialmente erodono le gemme, causando danni anche ai fiori, in seguito si nutrono sulle foglie ed eventualmente sui frutti.  Sono di colore verde, mimetici, e producono fili di seta con l’ausilio delle ghiandole sericigene.  Grazie ad essi possono essere trasportati dal vento su alberi vicini. Nella tarda primavera utilizzando tali fili si lasciano cadere al suolo dove spingono fino a 15-25 cm di profondità per incrisalidarsi.

Diffusione: la specie è distribuita dall’Europa all’Asia Orientale fino al bacino del fiume Amur. Intorno al 1930 è stata introdotta accidentalmente in America Settentrionale.  In Italia si trova sia nelle zone di pianura sia in quelle collinari e montane.

Interventi di difesa: durante il tardo autunno si può effettuare un monitoraggio della presenza della specie tramite trappole a feromoni, in aree di una certa estensione le trappole possono essere utilizzate per la cattura massale dei maschi, ponendone 5-10 per ettaro, secondo la frequenza della specie. Nei frutteti di estensione limitata si può intervenire sulla deposizione delle uova disponendo delle fasce di plastica cosparse di vischio entomologico intorno ai tronchi degli alberi. Su queste fasce rimangono invischiate le femmine che risalgono dal suolo. Tali fasce possono rimanere sino alla fine dell’inverno, ma occorre in ogni caso eliminare le uova eventualmente deposte nei pressi delle fasce spazzolando i tronchi. Le infestazioni di bruchi sui fruttiferi possono essere controllate ricorrendo agli stessi prodotti utilizzati contro gli afidi ed ad altri lepidotteri nel periodo precedente la fioritura. In seguito si possono impiegare formulati a base di Bacillus thuringiensis subsp. kurstaki (Btk).   

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Orthosia (Monima) miniosa (Schiff.)   famiglia Noctuidae   sottofamiglia Hadeninae

Caratteristiche dell’adulto: le ali anteriori sono giallastre, chiare, soffuse di marrone e leggermente sfumate di nero. Le ali posteriori sono bianche con le vene leggermente rossastre e munite di una linea terminale rosa. L’apertura alare misura 36 mm.

Stadi preimmaginali: le uova sono emisferiche, giallo-grigiastre, munite di righe, dotate di una macchia nella regione centrale e di una fascia rossastra. Il bruco ha una colorazione che va dal grigio al bruno pallido, reticolato di nero, presenta una linea dorsale gialla dall’andamento non regolare, affiancata da punti neri ed accompagnata da linee subdorsali gialle, talvolta non facilmente distinguibili. Possiede inoltre delle linee spiracolari gialle punteggiate di nero. Il capo è maculato di nero.La crisalide ha una tinta marrone o rosso bruno.

Biologia: il bruco, polifago vive su quercia, rosa, biancospino e talora altre Rosacee. I bruchi sono attivi da maggio a giugno. Durante le prime fasi di sviluppo i bruchi sono gregari e tendono a raccogliersi sotto una comune protezione di tessuto sericeo da essi prodotto. In seguito divengono solitari ed il gruppo si disperde, attaccando diverse specie di alberi, ma preferendo in genere le querce. I bruchi si nutrono con grande rapidità, sia di notte sia di giorno, anche se esposti al sole. Spesso completano il loro sviluppo entro un mese dalla nascita.

La crisalide è sotterranea ed è protetta da un bozzolo di terriccio poco consistente.

Gli adulti hanno un periodo di volo che va da marzo a maggio e talora sono attivi già in febbraio. Le farfalle durante il giorno rimangono celate al suolo, tra le foglie morte, entrano in attività al tramonto, hanno apparato boccale normalmente sviluppato e per le loro esigenze alimentari frequentano soprattutto i fiori di salice.

Diffusione: la specie è distribuita nell’Europa Settentrionale e Centrale nonché in Asia Minore. E’ presente in tutto il territorio italiano.

Interventi di difesa: l’adozione di provvedimenti fitosanitari si giustifica solo in presenza di elevate densità larvali.  In questi casi si può ricorrere all’impiego di composti fosforganici come acephate, chlorpyriphos o di inibitori della crescita delle larve come diflubenzuron, teflubenzuron, triflumuron, etc.

 
 Foto n. 9. Lithosia quadra, farfalla notturna in alcuni anni molto comune nel periodo estivo nei boschi, della valle del Vomano, non è respnsabile di defogliazioni, in quanto le larve si nutrono di licheni. (Ph. N.Olivieri)

 

Nicola Olivieri

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