Cani e tartufi

La “scoperta” che era possibile trovare tartufi sul territorio di Cerqueto avvenne negli anni 90. Il primo a parlarne ed in seguito a prendere la specifica licenza fu Federico Mastrodascio. In quegli stessi anni, del resto, sul ciglio della nostra strada sostavano spesso le macchine dei cercatori di tartufi, tanto che a volte prendevamo in considerazione la possibilità di delimitare il territorio tramite targhe con divieto di raccolta. Prima di allora comunque non avevamo mai preso in considerazione il fatto che si potessero trovare i tartufi sopra le nostre terre. Evidentemente nel corso degli anni, dopo l’abbandono della maggior parte delle terre coltivate, erano lentamente nate tante tartufaie, che ora cominciavano a produrre. Informandomi poi su alcune loro caratteristiche e sui segni che lasciano le tartufaie in superficie (per lo scorzone, in superficie e nell’intorno della pianta-simbiosi, c’è erba molto rada rispetto alle zone limitrofe), riuscii a trovarne alcuni aiutandomi solo con le mani. Mi resi subito conto comunque che se volevo raccogliere tartufi con una certa costanza, dovevo per forza dotarmi di un cane adatto allo scopo.
Negli anni ‘90 era  conveniente raccogliere tartufi, perché i prezzi di vendita – ai ristoranti o ai privati – erano redditizi e giustificavano anche la notevole spesa iniziale per l’acquisto di un cane bene addestrato.
In verità mi informai inizialmente su come addestrare un cane per la ricerca dei tartufi. I più adatti sono: il Lagotto, il Bracco Italiano, lo Spinone, il comune“bastardino” ed altri. L’addestramento non è molto complicato e si basa, ad esempio, sul lancio ripetuto di palline fatte di stracci al cui interno ci sono pezzi di tartufo. Le palline, di dimensioni tali da non poter essere ingoiate, dapprima sono visibili al cane, poi man mano più nascoste. Ogni fase deve essere ben appresa dall’animale. Alla fine si arriva a nascondere pezzi di tartufo in una zona del terreno che il cane dovrebbe saper individuare con il suo fiuto, ormai allenato all’odore del tubero, e scovarli con le zampe.

Anche se non particolarmente difficile, l’addestramento richiede però molto tempo. Tempo che io non avevo, in quanto lavoravo nei cantieri per il raddoppio della centrale idroelettrica di San Giacomo. Così scelsi di comperare un cane già addestrato. Bruno, un amico umbro che lavorava con me nel cantiere, mi indicò un signore che addestrava cani da tartufo a Montone, un paese in provincia di Perugia. Mi misi così in contatto con questo signore, che era un tipo molto cordiale.  Si disse disponibile a portare il cane a Cerqueto per farmelo vedere e lasciarmelo per un periodo di prova. Chiese la considerevole somma di un milione e mezzo di lire, assicurandomi che il cane era ben addestrato e mi avrebbe dato soddisfazioni.  Gli lasciai un piccolo acconto e ci salutammo.

Il giorno successivo andai verso “Vena di Corvo”, nei pressi della “Scarpetta” per provare Bobby, accompagnandolo con un lungo guinzaglio. Si mise immediatamente alla cerca e ne trovò subito uno di media grandezza e in rapida successione altri tre! Il giorno successivo la cosa si è ripetuta. La sera chiamai il padrone e, con l’intento di farmi abbassare un po’ il prezzo, fingendo gli dissi che il cane non andava poi tanto bene e che soprattutto era difficile da controllare. Lui ribadì invece che Bobby aveva buon fiuto e che: “se il tartufo c’è, il cane sicuramente lo trova!”. Qualche sera dopo mi richiamò lui chiedendomi del cane ed io gli confermai quello che gli avevo detto in precedenza. Il padrone, che forse aveva capito, si mise un po’ a ridere ed alla fine  mi chiese 900.000 lire come ultimissimo prezzo. Acconsentii subito e già la mattina dopo diedi i soldi a Bruno il quale glieli consegnò in settimana.
In quegli anni lo scorzone estivo, che è la specie di tartufo  più abbondante nel nostro territorio, veniva pagato circa 100-120 mila lire al kg.

Nello stesso periodo acquistai un libro che mi servì sia per conoscere i vari tipi di tartufo e le relative caratteristiche che per studiare la normativa da rispettare per la loro raccolta. Infine presi la licenza tramite un esame tenuto nella caserma del Corpo Forestale di Teramo e poi, in poco più di un mese, mi ripagai tutti i soldi spesi per il cane!

Appena ero libero dal lavoro, partivo con Bobby e difficilmente tornavo senza aver trovato qualche tartufo. Qualche volta dovevo sospendere la cerca, perché avevo già superato la quantità prevista dalle norme, un kg+1 tartufo, logicamente il più grande.
In questo modo girai tutto il territorio cerquetano e man mano trovavo sempre nuovi “pianelli” o “cave”, che nel gergo sono in pratica le tartufaie, che conoscevo solo io e dove ero sicuro di poterci tornare in seguito. Questo perché ero molto attento a rispettare la natura della tartufaia: appena il cane trova il punto ed inizia a scavare  bisogna fermarlo, per impedirgli di rovinare il tartufo con le zampe perché in tal modo si deprezza, e proseguire con lo specifico vanghetto, estrarre il tartufo e ricoprire accuratamente la buca.
Il rispetto di queste semplici regole è importante se si vuole mantenere integra la tartufaia.
Una mattina ad esempio andai col cane verso i Canili. Stranamente non trovai nulla e Bobby  sembrava svogliato. Salii allora in una territorio nuovo, verso la Selva, nella zona dei “Colli”, vicino la “casetta Piuccio”. Ad un tratto il cane se ne salì sopra la mulattiera che stavo percorrendo e si mise subito a scavare. Alla fine trovai circa 600-700 gr di tartufo in un “pianello” sicuramente ancora non conosciuto da nessuno. Tornato in paese lo raccontai soddisfatto a due paesani. Circa dieci giorni dopo ci ritornai speranzoso, ma appena arrivato mi accorsi che il posto era stato devastato completamente,  risultava tutto zappato e lasciato abbandonato così. La tartufaia ora è finita e non ci ho trovato più alcun tartufo. Quindi la tartufaie vanno rispettate, come tutte le cose della natura.
Normalmente i tartufi sono posti a pochi centimetri dal suolo e fino a qualche decina di centimetri. A volte però si possono trovare anche più in profondità.
Una volta ad esempio il cane iniziò a scavare. Come al solito lo fermai e cercai il tartufo, però non vidi nulla. Esortai di nuovo il cane, che subito si rimise a scavare. Di nuovo però non trovai il tartufo. Pensai che Bobby si fosse sbagliato e feci per andarmene. Il cane imperterrito tornò sulla buca e ricominciò a scavare. Allora tornai e  scavammo insieme per parecchio tempo, lui con le zampe ed io con il vanghetto. Arrivammo alla profondità di circa 60 cm! Alla fine trovammo uno scorzone di 300 gr profumatissimo! Il suo profumo evidentemente aveva impregnato tutto il terreno attorno. Premiai Bobby con un pezzetto di mortadella di cu era molto ghiotto. Quando trovava un tartufo normale lo premiavo con un biscotto (in genere salatini), quando invece ne trovava uno più grande, lo premiavo con la mortadella o con un salamino. A volte questi pezzi di cibo, che dovevano servire da premio, mi rimanevano nelle tasche  e quando riprendevo il gilet dopo alcuni giorni, me ne accorgevo dal cattivo odore.

Avevo trovato quindi una seconda attività che mi permetteva di essere in mezzo alla natura, di muovermi e, cosa non secondaria, di integrare abbastanza bene il mio stipendio.
Continuai a cercare i tartufi insieme a Bobby per circa otto anni, e il cane si era molto affezionato. Ogni volta che andavo a prenderlo per andare alla cerca, era molto contento e correva sempre davanti a me.
Una mattina di fine inverno però mio fratello Gabriele lo trovò morto dentro la sua cuccia. Inizialmente pensai si fosse trattato di un malore. Lo seppellii subito con grande dispiacere, ma, mentre lo seppellivo,  mi sembrò strano il particolare della schiuma alla bocca. Interpellai allora un amico veterinario, illustrandogli i particolari e lui mi disse che da tali indizi probabilmente il cane era stato avvelenato.
Superato il grande dispiacere per la morte di Bobby, in seguito comperai un altro cane, Tequila, una bastardina di piccola taglia, pagandola circa due milioni e mezzo da un signore addestratore di San Nicolò a Tordino. Tequila non era però all’altezza di Bobby, soprattutto era molto incostante e spesso non aveva alcuna voglia di impegnarsi. Tuttavia a volte aveva delle giornate super ed allora rimediava alle tante giornate sfavorevoli. Intanto anche un altro paesano, Antonio Leonardi, aveva preso la licenza e comperato un lagotto.
Questo periodo positivo per i tartufi durò però solo alcuni anni, perché in seguito il prezzo dello scorzone si abbassò di molto. Quando, verso la fine degli anni ’90, il prezzo scese a circa cinquantamila lire, ritenni non più conveniente venderli e cominciai sempre più frequentemente a regalarli agli amici.
Non ho mai capito bene perché il prezzo sia sceso così tanto ed in modo così fulmineo. Oltretutto, con l’arrivo dei cinghiali, che sono molto ghiotti di tartufo e rovinano le tartufaie, la quantità del tubero sarebbe dovuta diminuire e di conseguenza il prezzo aumentare. Ma forse nel contempo erano aumentati i cercatori e immagino anche si sia trovato il metodo di coltivare i tartufi, almeno lo scorzone, in modo più fruttuoso e vantaggioso.
Tequila morì nel 2006 e da allora ho praticamente smesso la ricerca dei tartufi, anche per i motivi di scarsa convenienza economica sopra ricordati e perché la quantità nel nostro paese è di molto diminuita a causa dei cinghiali.
In questo periodo sto allevando una bastardina, Vespa, e proverò ad addestrarla, perché, nonostante sia ormai poco conveniente, quella della ricerca dei tartufi è un’attività che mi appassiona e, ginocchia permettendo, mi consente di visitare i luoghi più belli o più dimenticati del nostro territorio.

Giovanni Leonardi

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